Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

sabato 24 maggio 2014

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Votate PD!






























... dei tedeschi ci si può fidare.




venerdì 23 maggio 2014

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Ci si può fidare dei tedeschi!





 



























lunedì 19 maggio 2014

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Economisti indegni II




Hombert Bianchi

Di chi è la piazza

1969.



Economisti indegni II




Nel corso del 1931, un numero sempre più grande di fabbriche chiuse i battenti.
Le code dei disoccupati aumentavano ogni mese.




   

 

[FINE]
   


Nel 1944 però William Beveridge pubblicò in Inghilterra la relazione su La piena occupazione in una società libera.
 

domenica 18 maggio 2014

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Economisti indegni




Knut Wicksell

Lectures on Political Economy                                                   Volume I General Theory

1911.
Augustus M. Kelley Publishers, Fairfield - New Jersey 1977, pp.3-4.
Pubblicazione disponibile qui.



Economisti indegni

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]



Quando diciamo che qualcosa è benefico o dannoso dal punto di vista economico, ci basiamo su di un postulato etico o filosofico, cioè su di una determinata concezione del diritto degli uomini a vivere e a godere dei beni della vita.
O assumiamo che tutti gli uomini abbiano gli stessi diritti e riconosciamo ogni individuo membro della società come uguale, o altrimenti, per una ragione o per l’altra, assumiamo l’esistenza di una differenza tra i singoli individui e in questo caso le ragioni di questa assunzione devono essere chiaramente espresse, se vogliamo che il nostro punto di vista sia fondato scientificamente.

Come sappiamo, le opinioni intorno a questa questione sono cambiate grandemente nel corso della storia.
Nei tempi più antichi solo le persone libere e successivamente solo le classi possidenti sono state considerate come effettivi membri della società; gli schiavi e le persone prive di proprietà venivano considerate come oggi sono considerati gli animali domestici - come semplici mezzi e non come fini. [...]
Negli scritti degli economisti svedesi del diciottesimo secolo [...] troviamo spesso affermazioni che mostrano come la concezione, così repellente per la nostra mentalità, del lavoratore come semplice bestia da soma fosse, non più di due secoli fa, profondamente diffusa e radicata.
Davvero si può considerare in qualche misura come un merito della scienza economica l’aver prodotto da questo punto di vista una rivoluzione nell’opinione pubblica.

Non appena cominciamo a considerare seriamente i fenomeni economici nel loro complesso e a ricercare le condizioni per il benessere della collettività, la considerazione degli interessi del proletariato deve emergere; e da questa alla proclamazione di diritti uguali per tutti il passo è breve.

Il concetto stesso di economia politica, perciò, o l’esistenza di una scienza che porti questo nome, implica a rigore un programma rivoluzionario.
Non deve far meraviglia che il concetto sia vago, perché questo accade spesso per un programma rivoluzionario.
Naturalmente, molti problemi pratici e teorici rimangono insoluti prima che l’obiettivo dello sviluppo economico e sociale si possa dire chiaramente compreso.

Qualcosa si può dire ancora in favore del vecchio punto di vista; ma, in ogni caso, va detto con chiarezza e senza tergiversazione.
Se per esempio, noi consideriamo le classi lavoratrici come esseri inferiori, o se, senza andare così lontano le consideriamo non ancora mature per avere integralmente una quota del prodotto della società, allora noi dovremmo esprimerci chiaramente e basare il nostro ulteriore ragionamento su questa opinione.

Vi è soltanto una cosa che è indegna della scienza: nascondere o fuorviare la verità.

Vale a dire, in questo caso:
-         presentare la situazione come se le classi lavoratrici avessero già ricevuto tutto ciò che ragionevolmente potrebbero desiderare o attendere, oppure
-         far assegnamento su infondate, ottimistiche convinzioni che gli sviluppi economici in se stessi tendano alla maggior soddisfazione di tutti.




[FINE]




Commento

Non è difficile riconoscere una radicata ideologia reazionaria o una psicopatologia antisociale (o entrambe) nelle parole di un economista che considera le classi lavoratrici come inferiori e predica, per loro, la durezza del vivere.

E’ invece difficile riconoscere la menzogna, l’inganno, la verità nascosta, la pura falsità nel discorso economico.


Gli economisti indegni si guardano bene dal manifestare la loro ideologia reazionaria, dall’esplicitare le loro preferenze di classe, dall’affermare che per loro i lavoratori sono bestie da soma, o anche solo bestie, untermenschen o esseri inferiori.

Wicksell indirettamente ci offre un criterio per riconoscere gli economisti indegni: a fructibus eorum cognoscetis eosdai loro frutti li riconoscerete.

Sono indegni gli economisti che invitano a “far assegnamento su infondate, ottimistiche convinzioni che gli sviluppi economici in se stessi tendano alla maggior soddisfazione di tutti”.
Non sono forse questi gli economisti che parlano di “luci in fondo al tunnel”,  che lodano i conti in ordine, che condannano “i debiti lasciati ai nascituri” o “alle future generazioni”, quelli che predicano l’austerità espansiva, che auspicano tagli sempre più estesi ai salari, alle pensioni e alla spesa sociale e la riduzione complessiva della spesa pubblica, quelli che premono perché si approvino le riforme del diritto del lavoro, i jobs act, con l’azzeramento dei diritti dei lavoratori, la precarietà eretta a sistema, l’insicurezza per tutti? 
Non sono forse questi gli economisti che auspicano queste riforme strutturali dicendo che solo dal mercato può venire lo sviluppo economico e che questo sviluppo economico beneficerà egualmente tutti?

Sono indegni gli economisti che presentano la situazione come se le classi lavoratrici avessero “già ricevuto tutto ciò che ragionevolmente potrebbero desiderare o attendere”.
Oggi molti economisti sono discesi a un livello di indegnità ancora più profondo rispetto a quello stigmatizzato da Wicksell e presentano la situazione come se le classi lavoratrici avessero già ricevuto più di quanto ragionevolmente avrebbero dovuto attendersi o desiderare.
La retorica dell’”abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi” è a un livello di indegnità che Wicksell probabilmente non avrebbe potuto nemmeno immaginare ma è coerente con un’ideologia reazionaria (e/o una psicopatologia antisociale) che vuole rimettere indietro le lancette della storia e distruggere tutte le conquiste che le classi lavoratrici hanno realizzato, in Italia e in Europa, nel dopoguerra.


P.S.
Ho trovato la citazione di una parte del testo di Wicksell nel bel libro di Joan Robinson Economic Philosophy (tradotto in italiano con il titolo Ideologie e scienza economica).
Come esercizio per l’applicazione del criterio di Wicksell propongo il confronto tra due articoli sul tema della monetizzazione del debito pubblico: uno di Adair Turner del 18 marzo, tradotto nel blog, Il tabù della monetizzazione del debito pubblico, e uno de lavoce.info del 16 maggio, Le conseguenze di un ripudio. Del debito.



martedì 13 maggio 2014

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Dei delitti contro la personalità dello Stato



Dopo la notizia di reato data da Geithner,


«In quell'autunno [2011] il presidente [degli Stati Uniti Barack Obama] parlava regolarmente con i leader europei ed io e Leal [sottosegretario al Tesoro per gli Affari esteri] eravamo in costante contatto con le nostre controparti europee.
Alcune di loro sembravano essere infastidite dalle nostre intrusioni e allo stesso tempo le stavano incoraggiando.
Ci hanno spesso chiesto di intervenire per fare pressioni sul cancelliere Merkel affinché fosse meno avara, o sugli italiani e gli spagnoli affinché fossero più responsabili.
A un certo punto in quell'autunno, alcuni funzionari europei ci hanno approcciato con un complotto per provare a fare cadere il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Volevano che rifiutassimo di appoggiare i prestiti del Fondo monetario internazionale all'Italia fino a quando non se ne fosse andato.
Abbiamo riferito al presidente di questo sorprendente invito ma, per quanto sarebbe stato utile avere una migliore leadership in Europa, non potevamo essere coinvolti in un piano come quello.
«Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani», ho detto.


una domanda: ci sono dei magistrati in Italia?




LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE

TITOLO I
Dei delitti contro la personalità dello Stato

Capo I
Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato

Art. 241.
Attentati contro l'integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche.

Art. 243.
Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano.

Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. [...]

Art. 246.
Corruzione del cittadino da parte dello straniero.

Il cittadino che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La pena è aumentata:
1) se il fatto è commesso in tempo di guerra ;
2) se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.

Art. 255.
Soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato.

Chiunque, in tutto o in parte, sopprime, distrugge o falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche temporaneamente, atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato od altro interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a otto anni. [...]

Art. 256.
Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato.

Chiunque si procura notizie che, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale.
Se si tratta di notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, la pena è della reclusione da due a otto anni. [...]

Art. 257.
Spionaggio politico o militare.

Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato, o comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni. [...]

Art. 258.
Spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione.

Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie di cui l'autorità competente ha vietato la divulgazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. [...]

Art. 259.
Agevolazione colposa.

Quando l'esecuzione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 255, 256, 257 e 258 è stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso dell'atto o documento o a cognizione della notizia, questi è punito con la reclusione da uno a cinque anni. [...]

Art. 260.
Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni Chiunque: [...]
3) è colto in possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra cosa atta a fornire le notizie indicate nell'articolo 256. [...]

Art. 261.
Rivelazione di segreti di Stato.

Chiunque rivela taluna delle notizie di carattere segreto indicate nell'art. 256 è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni. [...]
Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la pena dell'ergastolo; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena di morte (1).
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dal D.Lgs.Lgt. n. 224/1944.

Art. 264.
Infedeltà in affari di Stato.

Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento all'interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 270.
Associazioni sovversive.

Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l'ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento.

Art. 270-bis.
Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico.

Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.

Art. 270-ter.
Assistenza agli associati.

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano alle associazioni indicate negli articoli 270 e 270-bis è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuativamente.
Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.

Art. 270-sexies.
Condotte con finalità di terrorismo.

Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.

Capo II
Dei delitti contro la personalità interna dello Stato

Art. 276.
Attentato contro il presidente della Repubblica.

Chiunque attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Presidente della Repubblica, è punito con l'ergastolo.

Art. 283.
Attentato contro la Costituzione dello Stato.

Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 286.
Guerra civile.

Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato è punito con l'ergastolo.
Se la guerra civile avviene, il colpevole è punito con la morte (1).
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dal D.Lgs.Lgt. n. 224/1944.

Art. 289.
Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1)       al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;
2)       alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni.

Art. 291.
Vilipendio alla nazione italiana.

Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Art. 294.
Attentati contro i diritti politici del cittadino.

Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.


Capo V
Disposizioni generali e comuni ai capi precedenti

Art. 302.
Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo.

Chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo o la reclusione, è punito, se l'istigazione non è accolta, ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a otto anni.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'istigazione.
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dal D.Lgs.Lgt. n. 224/1944.


Art. 304.
Cospirazione politica mediante accordo.

Quando più persone si accordano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a sei anni.
Per i promotori la pena è aumentata.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'accordo.

Art. 305.
Cospirazione politica mediante associazione.

Quando tre o più persone si associano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che promuovono, costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da cinque a dodici anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da due a otto anni.
I capi dell'associazione soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Le pene sono aumentate se l'associazione tende a commettere due o più delitti sopra indicati.


[FINE]


domenica 11 maggio 2014

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L'Unione Europea non è riformabile




João Ferreira

A União Europeia não é reformável

Intervista a Avante!, 20 marzo 2014.
Pubblicazione disponibile qui.
Traduzione di marx21.it (qui parzialmente rivista).
João Ferreira è il capolista della Coalizione democratica unitaria (la coalizione promossa dal Partito comunista portoghese) nelle elezioni del Parlamento Europeo del 25 maggio.




L'Unione Europea non è riformabile




Quale importanza assumono le prossime elezioni per il Parlamento Europeo nel quadro dell'attuale situazione politica?

Assumono una indiscutibile importanza.
Il Portogallo vive uno dei momenti più bui della sua storia.
Mai come oggi è stata tanto evidente la relazione tra i principali problemi del Paese e i vincoli imposti dall'integrazione capitalista europea – il sostegno principale alle politiche di destra, nel corso degli ultimi 28 anni.
I partiti che si sono alternati al governo lungo questo periodo sono gli stessi che nelle istituzioni dell'Unione Europea, compreso il Parlamento Europeo, hanno sottomesso il Portogallo, ripetutamente e in modo crescente, a decisioni contrarie ai suoi interessi.
Queste elezioni sono un'opportunità non solo per eleggere più deputati del Partito comunista portoghese e dei suoi alleati nella Coalizione democratica unitaria (CDU) – deputati impegnati nella difesa degli interessi nazionali e nella ferma difesa degli interessi dei lavoratori e del popolo – il che, già di per sé non sarebbe poca cosa, ma anche per dare più forza all'esigenza delle dimissioni di questo governo e della sconfitta della politica di destra.
[...]

C'è chi, pur concordando con le giuste critiche che indirizziamo all'integrazione capitalista europea e alle sue conseguenze, si domanda per quale ragione allora votare e appoggiare chi è contro l'Unione Europea?

Il popolo portoghese e il Portogallo hanno bisogno nel Parlamento Europeo di deputati che difendano convintamente e coraggiosamente gli interessi nazionali e non di deputati ossequienti e sottomessi ai disegni e alle proposte dell'Unione Europea.
Io direi che chi concorda con le critiche che indirizziamo all'integrazione capitalista europea non potrà assumere altro atteggiamento che quello di appoggiare e votare chi, come il Partito comunista portoghese e la Coalizione democratica unitaria, da sempre, con coerenza e in modo solidamente argomentato, ha previsto e contrastato gli effetti di tale integrazione e l'ha sempre combattuta, senza illusioni né ambiguità.
Questo appoggio e questo voto sono una garanzia che si darà più forza a chi, nel Parlamento Europeo, assume come obiettivo essenziale la difesa ferma degli interessi del Portogallo e dei portoghesi e allo stesso tempo darà più forza alla lotta per l'alternativa patriottica e di sinistra che assicuri, come nessun altro voto, la difesa e il recupero dei diritti e dei redditi rubati e apra la prospettiva della costruzione di una vita migliore per i lavoratori e il popolo portoghese.

Questo mandato (2009-2014) è stato attraversato da una crisi del capitalismo senza precedenti nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, una crisi che ancora perdura. Si può dire che le contraddizioni e il carattere imperialista dell'Unione Europea si sono aggravati?

Senza dubbio.
Essendo questo un processo di integrazione capitalista, la crisi del capitalismo è, nell'Unione Europea, una crisi della stessa Unione Europea, dei suoi fondamenti.
Non a caso, la risposta dell'Unione Europea alla crisi ha seguito le linee fondamentali della risposta del sistema capitalista alla sua crisi: distruzione delle forze produttive e aggravamento dello sfruttamento, insieme alla concentrazione del potere politico ed economico.
D'altro lato, si è accentuato il carattere militarista dell'Unione Europea, la sua affermazione come blocco militare e politico al servizio delle ambizioni imperialiste delle grandi potenze. Crescono le spese militari e in collaborazione con la NATO aumenta la partecipazione ad operazioni di ingerenza e aggressione a paesi sovrani.
L'adesione all'allora Comunità Economica Europea fu uno strumento della controrivoluzione.
La firma dei successivi trattati europei ha consolidato questo percorso traducendosi, in pratica, in una maggiore dipendenza, in una minore sovranità e in un regresso economico e sociale del Portogallo.

A 40 anni dalla rivoluzione, come si coniugano i valori di Aprile che pretendiamo affermare nel futuro del nostro Paese nel quadro dell'attuale Unione Europea?

L'inserimento del Portogallo nella Comunità Economica Europea - Unione Europea, dal momento dell'adesione e fino al giorno d'oggi, ha rappresentato, in termini generali, un conflitto con il regime democratico che era emerso dalla Rivoluzione di Aprile e, evidentemente, con la Costituzione della Repubblica che ha consacrato le sue grandi conquiste e la visione di un paese indipendente e sovrano, orientato verso il progresso e la giustizia sociale.
Le classi dominanti, che non hanno mai accettato di aver perso potere con il 25 Aprile, hanno visto qui una grande opportunità per soddisfare le loro ambizioni, legando il Paese all'integrazione capitalista europea.
L'approfondimento dell'integrazione si è tradotto in una escalation di questo conflitto.
Maastricht e la mancata costituzione europea, poi recuperata nel Trattato di Lisbona, sono i passaggi cruciali che dobbiamo sottolineare.
Allo stesso modo, gli sviluppi più recenti (Fiscal Compact, Governance Economica, Semestre Europeo, il Patto Euro plus) comportano evidentemente pericoli ancora maggiori per la sovranità e il regime democratico, che potrebbero risultarne ancora più indeboliti.
Lo sviluppo di una politica patriottica e di sinistra in Portogallo e, in termini più generali, la ripresa del progetto di democrazia avanzata, che abbiamo iniziato con Aprile e che il Partito comunista portoghese sviluppa nel suo programma, si scontrano, inevitabilmente, con gli elementi portanti del processo di integrazione europeo.
Per questo proclamiamo con chiarezza, senza ambiguità, la necessità della rottura con questi elementi portanti del processo di integrazione.
Certi che nulla può obbligare il Portogallo a rinunciare al diritto di scegliere le proprie strutture socio-economiche e il proprio regime politico.

C'è chi sostiene che la crisi che ha colpito l'Unione Europea sia frutto di errori della leadership, che ciò che si deve fare è oliare i meccanismi di intervento dell'Unione, approfondire il federalismo per rispondere globalmente ed efficacemente a questa e a future crisi. Esiste forse qualche possibilità di riformare questa Unione Europea?

Al contrario di quanto esprime questo orientamento (o disorientamento) di circostanza, che allude a “leader senza dimensione europea” o ad altre ragioni del genere, frequentemente invocate, il modo con cui l'Unione Europea si è mossa dipende dalle sue caratteristiche e dalla sua natura di classe.
La situazione attuale evidenzia i limiti dell'integrazione capitalista.
Ma non attenua la volontà di proseguirla e approfondirla, da parte di coloro che già ne hanno beneficiato.
Al contrario.
In questa fase, l'approfondimento del processo di integrazione richiede una ancora maggiore concentrazione del potere politico ed economico in seno all'Unione Europea.
Una concentrazione di potere che tende persino ad instaurare relazioni di dominio di tipo coloniale.
Viene evidenziato con maggiore chiarezza il carattere antidemocratico del processo di integrazione e, ancora una volta, vengono svelati i suoi limiti oggettivi, dimostrando che l'Unione Europea non è riformabile e che i suoi assi federalista, neo-liberale e militarista sono inseparabili.

I sostenitori delle soluzioni federaliste, anche coloro che invocano questo inventato federalismo di sinistra, davanti alla critica del Partito comunista portoghese a questo percorso non poche volte ci accusano di isolazionismo e nazionalismo. Come rispondi a queste argomentazioni?

I tentativi di sottomissione delle nazioni in corso nell'Unione Europea rappresentano una forma di oppressione di classe che viene esercitata sui lavoratori e i popoli, oltre che un inquietante e pericoloso attacco alla democrazia.
Chi, pur dicendosi di sinistra, non se ne rende conto, o non vuole rendersene conto, non comprende un elemento decisivo per intervenire sulla realtà del nostro tempo, trasformandola nel senso del progresso sociale.
Se l'evoluzione del capitalismo ha portato le classi dominanti a sacrificare gli interessi nazionali ai propri interessi di classe, allora, al contrario, ciò conduce all'identificazione crescente degli interessi dei lavoratori e del popolo con gli interessi nazionali.
Detto questo, noi non difendiamo alcun isolazionismo e neppure alcuna soluzione autarchica, che oltre che non essere possibile, non sarebbe neppure auspicabile.
Al contrario.
L'internazionalizzazione dell'economia, la profonda divisione internazionale del lavoro, l'interdipendenza e la cooperazione tra stati e i processi di integrazione corrispondono a realtà e tendenze di evoluzione non esclusive del capitalismo.
In funzione del loro orientamento, delle loro caratteristiche e obiettivi, tali processi possono servire i monopoli, o possono servire i popoli.
E' diritto inalienabile di ogni popolo e di ogni paese lottare in difesa dei suoi interessi e diritti.
L'Unione Europea non è stato il primo processo di integrazione tra stati in Europa.
Certamente non sarà l'ultimo.

Sulla base dell'esperienza di precedenti elezioni, occorre ammettere che il Partito socialista (PS) e il Partito socialdemocratico (PSD) basano la loro campagna su questioni che nulla hanno a che vedere con i problemi reali del popolo e del Paese, deviando l'attenzione su questioni come la Presidenza della Commissione, per esempio. Come commenti tale strategia?

Il Partito socialista e il Partito socialdemocratico - e ora anche il Centro democratico sociale (CDS) - hanno un compito difficile in vista delle elezioni.
Questo compito è quello di tentare, con tutti i mezzi, di dimostrare di essere diversi tra di loro mentre in realtà erano e sono uguali.
Perché questi tre partiti, nello stesso modo, si sono trovati uniti nella firma del patto di aggressione, e sono stati uniti in tutto ciò che di più rilevante è stato votato al Parlamento Europeo, in particolare negli ultimi cinque anni.
Per questa ragione, non mancheranno manovre diversive.
Manovre che passano attraverso il tentativo di illudere su ciò che è veramente in causa in queste elezioni.
Illudere sulla natura stessa di queste elezioni, cercando di trasformarle in una presunta elezione del presidente della Commissione Europea – il che non è, non è stato e non potrebbe essere.
Vogliono nascondere che ciò che è in causa è l'elezione dei deputati portoghesi al Parlamento Europeo.
Non è un caso.
Vogliono che si dimentichi che è stato con l'appoggio di questi tre partiti che sono state approvate misure profondamente contrarie agli interessi nazionali.
Vogliono che si dimentichi che invece dell'indispensabile rinegoziazione del debito, che il Partito comunista portoghese da tre anni propone, hanno scelto di vincolare il Paese a un patto di aggressione, sfruttamento e impoverimento.
Vogliono soprattutto che si ignori la dura realtà che rende infernale la vita di milioni di portoghesi, nascondendo le responsabilità che portano nella situazione del Paese, derivante da anni di politiche di destra promosse dai governi che si sono susseguiti di questi partiti.

L'esperienza ha dato completa ragione alla denuncia del Partito comunista portoghese su ciò che avrebbe significato l'adesione all'euro. Ci sono voci e settori che vedono nell'uscita dall'euro l'apocalisse, altri che difendono l'uscita immediata dalla moneta unica. Puoi dirci la tua opinione?

L'ingresso del Portogallo nella moneta unica ha condizionato e reso più fragile economicamente il Paese.
Il Paese ha perduto molto con l'ingresso nell'euro.
Ma potrà perdere ancora di più, sia rimanendo nell’euro, sia in uno scenario di riconfigurazione della zona euro, nella quale venisse spinto ai margini, di fronte agli sviluppi della crisi che, in nessun modo, possono essere ignorati.
Uscire dall'euro non significa tornare al punto in cui eravamo quando siamo entrati. E ancora meno al punto in cui ci troveremmo se non fossimo entrati.
Se è certo che il proseguimento dell'attuale corso è assolutamente insostenibile, è anche chiaro che l'uscita dell'euro può avvenire nell'interesse del popolo portoghese o può, al contrario, avvenire nell'interesse di chi ha guadagnato con l'euro nel corsi di tutti questi anni e che continua a guadagnare: interessi irrimediabilmente antagonisti.
Pronunciandoci chiaramente per lo scioglimento dell'Unione Economica e Monetaria, sosteniamo nello stesso tempo la definizione, in collaborazione con l'insieme dei paesi colpiti nella loro sovranità e sulla base del diritto allo sviluppo anche all’interno dell'euro, di un programma che prepari l'uscita dalla moneta unica in accordo con gli interessi di questi paesi e dei rispettivi popoli.
In un quadro in cui è assolutamente chiaro che una cosa sarà l'uscita dall'euro guidata da un governo patriottico e di sinistra, che affermi il primato degli interessi nazionali nelle relazioni con l'Unione Europea, che protegga i lavoratori e il popolo dagli inevitabili costi della decisione e approfitti in pieno delle opportunità di sviluppo che si aprono, e un'altra, ben diversa, sarebbe l'uscita guidata dalle stesse forze che ci stanno imponendo innumerevoli, ingiusti e sterili sacrifici in nome del “mantenimento dell'euro”.
Con piena coscienza del fatto che ciò che è decisivo per assicurare lo sviluppo sovrano e indipendente del Paese è la realizzazione vittoriosa della lotta per la rottura con la politica di destra e la costruzione di una politica patriottica e di sinistra e la chiara assunzione del diritto inalienabile del popolo portoghese a far prevalere questo obiettivo su qualsiasi altro interesse e condizionamento.

Quali sono le linee guida della campagna del Partito comunista portoghese per le elezioni europee del 25 maggio? La lotta all'astensione è una preoccupazione?

In queste elezioni, tutti noi comunisti, e gli altri attivisti della Coalizione democratica unitaria, saremo chiamati a costruire una campagna che deve essere allo stesso tempo di mobilitazione per il voto e di spiegazione della necessità di rafforzare la Coalizione democratica unitaria.
Una campagna che stiamo costruendo sulla base del patrimonio delle attività svolte del partito, del percorso compiuto di intransigente difesa degli interessi del popolo e del Paese, con la definizione delle ragioni e dell'importanza del voto alla Coalizione democratica unitaria e del suo contributo alla lotta più generale in difesa dei diritti dei lavoratori e del popolo, sulla base dell'esigenza di un'altra politica.
E costruiremo questa campagna con le ragioni e l'autorità proprie di chi può presentarsi agli occhi del popolo portoghese con la coerenza delle sue posizioni, alle quali i fatti hanno dato e danno ragione.
Ci appelliamo per questo a tutti coloro che, colpiti dalla politica di destra, lottano per un paese più giusto e democratico, affinché non si astengano.
Perché facciano del 25 maggio, con il loro voto alla Coalizione democratica unitaria, un giorno di lotta.
Che dicano, con il loro voto e non con l'astensione, no ai partiti della troika nazionale.
Che condannino, con il loro voto e non con l'astensione, gli usurai e l'oligarchia che vessano il popolo portoghese.
Che dicano sì, con il loro appoggio e il loro voto alla Coalizione democratica unitaria, allo sviluppo del Portogallo.
Dicano sì al diritto dei portoghesi a decidere del proprio destino.

Se dovessi presentare una sintesi delle ragioni dell'appoggio e del voto alla Coalizione democratica unitaria come le riassumeresti?

E' nelle mani dei lavoratori e del popolo portoghese la costruzione del loro futuro.
Nelle elezioni per il Parlamento Europeo, il rafforzamento della Coalizione democratica unitaria, in termini di voti, influenza e numero di deputati, è un obiettivo possibile e necessario.
Il voto alla Coalizione democratica unitaria è l'unico che può assicurare la presenza di deputati nel Parlamento Europeo che si impegnino per gli interessi nazionali e la difesa dei lavoratori e del popolo.
Il voto alla Coalizione democratica unitaria è l'unico voto coerente e decisivo per condannare la politica di destra del Governo e dare forza alla lotta di chi non si rassegna e si batte per un Portogallo più giusto, più fraterno, più democratico e sviluppato.
Un grande voto alla Coalizione democratica unitaria, il 25 maggio, potrà rappresentare un fattore essenziale per il cambiamento del corso della vita nazionale, per le dimissioni dell'attuale governo e la sconfitta della sua politica, e per dare forza all'alternativa politica, patriottica e di sinistra.


[FINE]