sabato 29 dicembre 2012

Bersani alla corte dei tecnocrati




James Fontanella-Khan

Bersani wants growth-oriented Europe

Financial Times, 26 dicembre 2012.
Pubblicazione disponibile qui .


Bersani alla corte dei tecnocrati

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]


The leader of Italy’s centre-left, and the frontrunner to be the country’s next prime minister, says he would be ready to cede more sovereign powers to Brussels over government spending – in exchange for greater freedom to boost key economic sectors.

Il leader del centro-sinistra italiano, e il candidato più favorito a diventare il prossimo primo ministro del paese, dice che sarebbe pronto a far sì che l’Italia conceda più ampi poteri sovrani a Brussels sulla sua spesa pubblica - in cambio di una più ampia libertà di sostenere settori economici chiave.

Pier Luigi Bersani, whose Democratic party has a strong lead in opinion polls ahead of elections next February, says he is open to supporting an ambitious German plan for EU control over national budgets, while stressing that it is essential for Europe to take more aggressive steps to revive economic growth.

Pier Luigi Bersani, il cui Partito Democratico ha un forte vantaggio nei sondaggi elettorali riguardanti le elezioni politiche che si terranno nel prossimo febbraio, dice che è disponibile a sostenere un ambizioso piano tedesco diretto ad assicurare all’Unione Europea il controllo sui bilanci nazionali, e nello stesso tempo sottolinea il fatto che è essenziale per l’Europa compiere passi più decisi per riavviare la crescita economica.

“The first thing that we should and can do is tighten budget constraints, but allow more gradual investments,” Mr Bersani, 61, told the Financial Times during a day of meetings with top EU officials in Brussels last week.

“La prima cosa che dobbiamo e possiamo fare è rendere più stringenti i vincoli sul bilancio dello Stato, ma consentire gradualmente più investimenti” ha detto Bersani, 61 anni, al Financial Times in occasione di una giornata trascorsa a Brussels la scorsa settimana e fitta di impegni con i più alti funzionari dell’Unione Europea.

“I am ready to discuss – if it will be my turn to run the country – how to strengthen the mechanism of fiscal discipline to monitor national budgets in exchange for new policies aimed at stimulating the economy,” he added.

“Io sono pronto a discutere - se sarà il mio turno di governare il paese - di come rafforzare il meccanismo della disciplina fiscale per controllare i bilanci nazionali, in cambio di nuove politiche dirette a stimolare l’economia” ha aggiunto.

Mr Bersani said a “currency commissioner” wielding power over member states’ budgets – as proposed by Wolfgang Schäuble, German finance minister – would not be his favourite option. But he agreed with the principle illustrated by Mr Schäuble and was ready to work with Germany to create a new body with powers to intervene if a country broke fiscal rules.

Bersani ha detto che un “commissario per la moneta” dotato di poteri sui bilanci degli stati membri - come proposto dal ministro delle finanze tedesco Wolfang Schäuble - non sarebbe la sua scelta preferita ma ha concordato con il principio illustrato da Schäuble e si è detto pronto a lavorare con la Germania per creare un nuovo ente con il potere di intervenire se un paese viola le regole fiscali.

“I am ready to reason over such a plan. It doesn’t scare me as long as the intention is to build confidence and allow us, in a controlled and selective manner, more expansionary policies,” he said.

“Io sono pronto a ragionare su di un piano di questo tipo. Non mi spaventa finché l’intenzione è quella di creare un clima di fiducia e di consentirci, in un modo controllato e selettivo, di adottare politiche più espansive” ha detto.

The former communist, who was one of the most pragmatic and cautiously reformist ministers in Italy’s last centre-left government from 2006 to 2008, said he was not worried about loss of sovereignty, tacitly acknowledging that Brussels played a more important role than national governments over economic policy.

L’ex comunista, che è stato uno dei più pragmatici e cautamente riformisti ministri nell’ultimo governo italiano di centro-sinistra, dal 2006 al 2008,  ha detto che non è preoccupato della perdita di sovranità, riconoscendo tacitamente che Brussels ha giocato un ruolo più importante dei governi nazionali nel decidere la politica economica.

However, Mr Bersani – whose party supported Mario Monti’s technocrat government for 13 months until the prime minister’s resignation last Friday – made it clear that he wanted to play a leading role at the EU level, and asserted his intention to respect and give continuity to decisions taken by Mr Monti to tackle the eurozone crisis.

Tuttavia Bersani - il cui partito ha sostenuto il governo tecnocratico di Mario Monti per 13 mesi finché il primo ministro non si è dimesso lo scorso Venerdì - ha chiarito che vuole giocare un ruolo di primo piano al livello dell’Unione Europea e ha affermato la sua intenzione di rispettare e dare continuità alle decisioni prese da Monti per affrontare la crisi della zona euro.

“I do not want to renegotiate the fiscal compact or any of the agreements reached over the last year. However, we need to look forward,” said Mr Bersani. “On the back of greater fiscal discipline among all members I’m in favour of gradually loosening austerity measures in a selective manner.”

“Io non voglio rinegoziare il fiscal compact o qualcun altro degli accordi raggiunti nel corso dell’ultimo anno. Tuttavia, dobbiamo guardare avanti” ha detto Bersani. ”Sulla base di una maggiore disciplina fiscale condivisa da tutti i paesi membri io sono favorevole ad allentare gradualmente le misure di austerità in un modo selettivo.”

“Now I’d like Europe to focus on growth and fighting the recession with the same tenacity that it defended the monetary union. Otherwise austerity, which is needed, on its own could become risky in the long run.”

"Ora mi piacerebbe che l’Europa si concentrasse sulla crescita e sulla lotta contro la recessione con la stessa tenacia con la quale ha difeso l’unione monetaria. Altrimenti l’austerità, che è necessaria, da sola potrebbe diventare rischiosa nel lungo periodo."

Mr Bersani was in Brussels in an attempt to boost his international standing, and his meetings with senior officials appeared to allay concerns over Italy’s elections and the attempted comeback by Silvio Berlusconi, former prime minister and leader of the centre-right People of Liberty.

Bersani è venuto a Brussels nel tentativo di incrementare la sua statura internazionale, e i suoi incontri con i funzionari più importanti sembrano aver mitigato le preoccupazioni riguardanti le elezioni politiche in Italia e il tentativo di ritornare al governo di Silvio Berlusconi, l’ex primo ministro e leader del partito di centro-destra Il popolo della Libertà.

Jean-Claude Juncker, chairman of the Eurogroup of finance ministers, was quoted by Italian media as saying that Mr Bersani “appears to have the best intentions for Italy”.

Secondo una fonte giornalistica italiana, Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo dei ministri delle finanze, avrebbe detto che Bersani “sembra avere le migliori intenzioni per l’Italia”.

Nonetheless, in Italy questions remain over Mr Bersani’s freedom of manoeuvre in a party comprising diverse factions and influenced by the main leftwing trade union federation – which blocked Mr Monti’s labour reforms – as well as its electoral alliance with the smaller Left Ecology Freedom party.

Tuttavia, in Italia rimangono dei dubbi sulla libertà di manovra di cui può godere Bersani in un partito che comprende diverse fazioni e che è influenzato dalla principale federazione sindacale di sinistra - la stessa che ha bloccato le riforme del mercato del lavoro proposte da Monti - oltre che sulla sua alleanza elettorale con il più piccolo partito Sinistra Ecologia Libertà.

Mr Bersani counters by stressing his European credentials over the years.

Bersani ribatte sottolineando le credenziali verso l’Europa accumulate negli anni.

“I have helped Italy join the euro, I am the secretary-general of the most pro-European party of Italy, and I have supported all the policies and reforms that Europe has asked us to do over the years,” he says, smoking his trademark Toscano cigar.

“Io ho contribuito a far sì che l’Italia adottasse l’euro, io sono il segretario generale del partito italiano più favorevole all’Europa, e io ho sostenuto tutte le politiche e le riforme che l’Europa ci ha chiesto di adottare nel corso degli anni” dice, fumando il suo sigaro toscano.

 “We want to accelerate the integration process as a remedy to fight the recession that is hurting the whole of Europe. So far we have taken some important steps forwards but more has to be done.”

"Vogliamo accelerare il processo di integrazione come rimedio per combattere la recessione che sta colpendo l’intera Europa. Sinora abbiamo fatto alcuni passi in avanti importanti ma dobbiamo fare di più.”

Mr Bersani rejects the populist, anti-German stance adopted by Mr Berlusconi.

Bersani respinge la posizione populista e anti-tedesca assunta da Berlusconi.

“I am not going to quarrel with Germany. I want Italy to have a serious, frank and friendly relationship with Germany based on rational and realistic arguments,” Mr Bersani said. “In fact I agree with many of the criticisms Germany makes to countries like Italy because I made the same criticism to Mr Berlusconi.”

“Non litigherò con la Germania. Io voglio che l’Italia abbia una seria, franca e amichevole relazione con la Germania basata su argomentazioni razionali e realistiche” ha detto Bersani. “Infatti io concordo con molte delle critiche che la Germania rivolge a paesi come l’Italia perché sono le stesse critiche che io ho rivolto a Berlusconi."

Mr Bersani says tough fiscal discipline is non-negotiable, but he wants to reach agreement with Germany to find a way to increase spending for infrastructure and innovation-centred projects.

Bersani dice che una severa disciplina fiscale è non-negoziabile, ma egli vuole raggiungere un accordo con la Germania per trovare un modo per incrementare la spesa per le infrastrutture e per progetti centrati sull’innovazione.

He wants more equity and attention to social cohesion, and intends to continue Mr Monti’s drive for a deeper mutualisation of European debt through the issuance of Eurobonds, a development opposed by Angela Merkel, the Germany chancellor.

Egli vuole una maggiore equità e più attenzione per la coesione sociale, e intende continuare la campagna di Monti per una più ampia mutualizzazione del debito europeo attraverso l’emissione di eurobond, un’evoluzione osteggiata da Angela Merkel, il cancelliere tedesco.

But unless more was done to harmonise the economic discrepancies that emerged during the debt crisis, then there was a risk that anti-European movements would gain traction and threaten the EU project altogether, Mr Bersani warned.

Ma se non si fa di più per armonizzare le discrepanze economiche emerse durante la crisi del debito, si corre il rischio che i movimenti anti-europei acquistino forza e minaccino l’intero progetto dell’Unione Europea, ha avvertito Bersani.


[FINE]



martedì 25 dicembre 2012

Il lungo e sorprendente miracolo italiano




Giuseppe Guarino

Il lungo e sorprendente miracolo italiano

Intervento alla conferenza "Quale futuro in Europa?" tenutasi ad Ascoli Piceno il 18 novembre 2011 e organizzata da Piceno Tecnologie .


Il lungo e sorprendente miracolo italiano



I parte


II parte


III parte


IV parte


V parte


martedì 9 ottobre 2012

I PIIGS condotti al macello





Rob Parentau

Leading PIIGS to slaughter

2 marzo 2010
Pubblicazione disponibile qui: I parte e II parte.


I PIIGS condotti al macello

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]


La questione della sostenibilità dei conti pubblici [fiscal sustainability] appare oggi di grande importanza - non solo nelle nazioni periferiche della zona euro [Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. PIIGS] ma anche nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Giappone.
Si propongono politiche fiscali più restrittive al fine di evitare un rapido aumento dei rapporti tra il debito pubblico e il Prodotto Interno Lordo (PIL) e le difficoltà finanziarie che questi possono comportare, inclusa la possibilità di una inadempienza [default] per le nazioni prive di monete sovrane [sovereign currencies].

Tuttavia, la massima parte dell’analisi e della contrattazione sulle politiche fiscali che è appropriato adottare a questo punto si svolge in una specie di vuoto.
L’approccio dei saldi finanziari settoriali rivela che questo modo di procedere può introdurre nuove instabilità. I cambiamenti desiderati per il saldo finanziario di un settore possono essere ottenuti solo se anche gli altri settori si possono aggiustare nel modo corrispondente. E’ probabile che la ricerca della sostenibilità dei conti pubblici lungo le linee che vengono attualmente proposte incrementi la possibilità di una destabilizzazione dei settori privati interni sia nella zona euro che altrove - a meno che nello stesso tempo non si riesca ad ottenere un incremento dei saldi delle partite correnti che la compensi.

Per rendere più chiara la interconnessione dei saldi finanziari di ciascun settore, le politiche fiscali proposte devono essere considerate nel contesto di quella che chiamiamo la mappa dei saldi finanziari [financial balances map].
Solo così possono essere rese evidenti le scelte che devono essere compiute tra gli sforzi diretti ad assicurare la sostenibilità dei conti pubblici e il problema di assicurare la sostenibilità finanziaria dell’economia nel suo complesso.
In assenza di questa considerazione delle interrelazioni esistenti tra i saldi finanziari dei diversi settori, possono essere presto compiute delle scelte inutilmente dannose a detrimento dei cittadini e delle imprese di molte nazioni.


La navigazione nella mappa dei saldi finanziari

Per l’economia nel suo complesso, in ogni periodo contabile, il reddito totale derivante dalla produzione di beni finiti e servizi deve essere pari alla spesa totale per i prodotti finiti e i servizi. Ci sono, dopotutto, due parti in ogni transazione: la persona che spende il denaro e quella che lo riceve come suo reddito. In modo simile, il risparmio totale sul reddito percepito deve essere pari agli investimenti totali in capitale fisico in ogni periodo contabile.

Non è necessario che queste eguaglianze siano soddisfatte per i singoli settori dell’economia. Il saldo finanziario di ciascun settore può essere positivo [surplus o avanzo], negativo [deficit o disavanzo], o nullo [pareggio]. L’unico requisito è che, indipendentemente dal numero dei settori nei quali si scompone l’intera economia, la somma dei saldi finanziari di tutti i settori deve essere pari a zero.

Per esempio se dividiamo l’economia in tre settori - il settore privato interno (famiglie e imprese), il settore pubblico e il settore estero, allora la seguente identità deve essere soddisfatta:

Saldo finanziario del settore privato interno + Saldo finanziario del settore pubblico + Saldo finanziario del settore estero = 0

Si noti che è impossibile che tutti e tre i settori conseguano un risparmio netto - cioè che siano tutti e tre in surplus - nello stesso tempo. Tutti e tre i settori possono essere in pareggio, con un saldo finanziario nullo, ma non possono tutti ottenere un saldo finanziario positivo e accumulare attività finanziarie nello stesso tempo - qualche settore deve emettere delle passività finanziarie.

Dal momento che il settore estero consegue un surplus quando le esportazioni che vende al paese considerato sono maggiori delle importazioni che acquista da esso, l’ultimo termine può essere sostituito dal saldo delle partite correnti [current account balance] del paese considerato cambiato di segno.
Questo rivela il fondamento della strategia neo-mercantilista dei paesi asiatici. Se un avanzo delle partite correnti può essere mantenuto nel tempo allora sia il settore privato che quello pubblico possono conservare un saldo finanziario positivo. Il carico dei debiti interni, siano essi pubblici o privati, non deve aumentare nel tempo e gravare sui bilanci delle famiglie, delle imprese o del governo.

Saldo finanziario del settore privato interno + Saldo finanziario del settore pubblico - Saldo delle partite correnti = 0

Di nuovo, si tenga in mente che questa è una identità contabile, non una teoria. Se è errata allora anche cinque secoli di contabilità tenuta con il metodo della partita doppia devono essere stati in errore.
Per rendere ancora più chiare queste relazioni tra i diversi settori, possiamo rappresentare graficamente questa identità contabile nella mappa dei saldi finanziari dei tre settori come segue.


Sull’asse verticale indichiamo il saldo finanziario del settore pubblico [fiscal balance] e sull’asse orizzontale indichiamo il saldo delle partite correnti [current account balance]. Se rigiriamo l’identità che lega i saldi finanziari dei tre settori nel modo seguente:

Saldo finanziario del settore privato interno = Saldo delle partite correnti - Saldo finanziario del settore pubblico

possiamo introdurre nella mappa anche il saldo finanziario del settore privato.
Questo significa che in ogni punto sulla mappa in cui il saldo delle partite correnti è pari al saldo finanziario del settore pubblico, noi sappiamo che il saldo finanziario del settore privato interno deve essere nullo. In altre parole, il reddito delle famiglie e delle imprese è esattamente pari alle loro spese (o alternativamente, se si preferisce, il risparmio del settore privato sul suo reddito è pari alla sua spesa per investimenti).
La linea tratteggiata che passa per l’origine ed è inclinata a 45° individua le possibili combinazioni [del saldo finanziario del settore pubblico e del saldo delle partite correnti] per le quali il settore privato interno non emette passività finanziarie nette [debiti netti] verso gli altri settori né accumula attività finanziarie nette [crediti netti] dagli altri settori.

Una volta individuate queste combinazioni per le quali il settore privato interno è in pareggio, abbiamo anche determinato due distinte zone della mappa dei saldi finanziari dei tre settori.
A sinistra della linea tratteggiata il saldo delle partite correnti è minore del saldo del settore pubblico: il settore privato interno sta spendendo in deficit [cioè la sua spesa è maggiore del suo reddito]. A destra della linea tratteggiata il saldo delle partite correnti è maggiore del saldo finanziario del settore pubblico e il settore privato interno sta conseguendo un avanzo finanziario ovvero sta accumulando risparmi netti.

Questa è una conseguenza del riconoscimento del fatto che un avanzo delle partite correnti comporta un flusso finanziario netto verso il settore privato interno (dato che il reddito derivante dalle esportazioni è maggiore della spesa per importazioni del settore privato interno) mentre un avanzo del settore pubblico comporta un deflusso finanziario netto per il settore privato interno (dato che le imposte pagate dal settore privato interno sono maggiori della spesa pubblica che il settore privato interno riceve [come reddito]).

Di conseguenza più ci muoviamo verso l’alto e verso sinistra rispetto all’origine (verso l’angolo di nord-ovest della mappa) e maggiore è la spesa in deficit delle famiglie e delle imprese in rapporto al PIL, e più velocemente il settore privato interno sta riducendo l’ammontare [stock] delle attività finanziarie nette che detiene.
Questo generalmente comporta per il settore privato interno un incremento del rapporto tra il suo debito privato e il suo reddito, o una diminuzione del rapporto tra la sua ricchezza netta e il suo reddito (in assenza di una bolla delle attività [asset bubble] che aumenterebbe la valutazione delle attività detenute dal settore privato).
Muovendosi dall’origine verso l’angolo di sud-est si hanno avanzi finanziari sempre più ampi per il settore privato interno: famiglie e imprese possono incrementare le attività finanziarie nette che detengono.

La mappa dei saldi finanziari settoriali ci costringe a riconoscere il fatto che cambiamenti nel saldo finanziario di un settore non possono essere considerati isolatamente, come avviene oggi. Se una nazione desidera ottenere un avanzo finanziario persistente per il settore pubblico e così ridurre il debito pubblico ripagandolo, allora è necessario che essa ottenga un avanzo ancora maggiore delle partite correnti o altrimenti il settore privato interno rimarrà intrappolato in una condizione persistente di spesa in deficit.

Quando mantenuta nel tempo, questa condizione di flussi di cassa netti negativi per il settore privato interno alla fine incrementerà la fragilità finanziaria dell’economia, se non assicurerà la proliferazione dei fallimenti delle famiglie e delle imprese.
Imitando la logica dello stratega militare per il quale “dobbiamo bombardare il villaggio per salvare il villaggio”, la ricerca cieca della sostenibilità dei conti pubblici può semplicemente causare una maggiore instabilità finanziaria nel settore privato. La sostenibilità dei conti pubblici potrebbe alla fine dimostrarsi destabilizzante per l’economia..


I PIIGS condotti (per ora) inconsapevolmente verso il macello

Le regole della zona euro sono state definite in modo tale da ridurre lo spazio di manovra politico di ciascun paese membro e quindi per imporre che i mercati privati agiscano come meccanismo di aggiustamento primario.
Ogni nazione è soggetta a un’unica politica monetaria definita dalla Banca Centrale Europea. Un unico tasso di interesse deve soddisfare le necessità di tutti i paesi membri della zona euro. Ciascuna nazione ha abbandonato la sua moneta a favore dell’euro. Un unico tasso di cambio deve soddisfare le necessità di tutti i paesi membri della zona euro. Anche il deficit pubblico degli stati membri, sotto le previsioni del Patto di stabilità e crescita, deve essere al massimo pari al 3% del PIL.
Il principio è quello di stabilizzare o ridurre il rapporto tra il debito pubblico e il PIL. Assumendo che le economie nella zona euro abbiamo il potenziale per una crescita annuale pari al 3% del PIL in termini reali e che l’inflazione sia mantenuta al 2%, è probabile che un tasso di crescita nominale del 5% all’anno sia ottenuto nel medio termine.
Partendo da un rapporto tra il debito pubblico e il PIL in termini nominali pari al 60%, che è anche il limite proposto per il debito pubblico, un deficit pubblico pari al 3% del PIL nominale, combinato con una tendenza a una crescita del 5% del PIL nominale, stabilizzerà il rapporto tra il debito pubblico e il PIL nominale a questo limite del 60% (3% / 5% = 60%, e il rapporto medio tra il debito pubblico e il PIL nominale tenderà nel tempo ad avvicinarsi a questa soglia).

In altre parole, per aderire all’Unione Monetaria Europea le nazioni hanno sostanzialmente ridotto la loro autonomia politica. I meccanismi di mercato devono compiere la maggior parte dei necessari aggiustamenti - le misure politiche sono state circoscritte.
Le possibili risposte politiche sono state vincolate deliberatamente, mentre l’esperienza suggerisce che l’aggiustamento dei prezzi relativi nel mercato nel migliore dei casi difficilmente può automaticamente produrre quel livello degli investimenti privati coerente con il livello del risparmio desiderato dal settore privato che può consentire di avvicinarsi al livello del reddito corrispondente al pieno impiego.
Questa è una ricetta per ottenere una crescita minore del normale, se non la stagnazione, e rappresenta un grande ostacolo se la crescita è abbattuta da una crisi finanziaria mondiale, ad esempio.

Aggiungiamo ora su questa struttura tre recenti sviluppi che costituiscono altrettante complicazioni.
In primo luogo i saldi delle partite correnti sono crollati per diverse nazioni periferiche, in parte a causa della precedente forza dell’euro.
In secondo luogo, trucchi nei conti pubblici e una recessione mondiale molto grave hanno condotto a deficit pubblici molto ampi in diverse nazioni periferiche.
In terzo luogo, a seguito della ristrutturazione dei debiti decisa al Dubai World, gli investitori mondiali sono diventati sempre più preoccupati della sostenibilità dei conti pubblici e c’è una pressione crescente sui governi affinché si impegnino ad attuare piani consistenti di riduzione dei deficit pubblici nel corso dei prossimi tre anni, con l’Irlanda e la Grecia che si trovano ad affrontare la prima ondata di richieste di una riduzione della spesa pubblica.

Possiamo applicare l’approccio dei saldi finanziari per spiegare l’attuale condizione di difficoltà.
Se, per esempio, ci si aspetta che la Spagna riduca il suo deficit pubblico da circa il 10% del PIL al 3% nell’arco di tre anni allora i settori estero e privato interno devono insieme volere ed essere in grado di ridurre i propri saldi finanziari del 7% del PIL. Si stima che la Spagna stia conseguendo un deficit delle partite correnti pari al 4,5% del PIL quest’anno [2010]. Se la Spagna non è in grado di migliorare il saldo delle sue partite correnti (in parte perché ha rinunciato al suo controllo sul suo tasso di cambio nominale il giorno in cui ha aderito all’euro) allora l’aritmetica dei saldi finanziari settoriali è chiara. Le famiglie e le imprese spagnole devono, di conseguenza, ridurre i loro risparmi netti del 7% del PIL nel corso dei prossimi tre anni. Dato che si stima che le famiglie e le imprese spagnole conseguano oggi dei risparmi netti pari al 5,5% del PIL, il settore privato interno della Spagna deve muoversi verso un deficit pari all’1,5% del PIL, e quindi iniziare un percorso che lo porti a un maggiore indebitamento.

La Spagna già oggi ha uno dei più elevati debiti privati in rapporto al PIL della zona euro. In più in Spagna è scoppiata drammaticamente una delle maggiori bolle immobiliari della zona euro, dalla quale le banche spagnole stanno ancora cercando di uscire (per la massima parte concedendo nuovi prestiti per continuare a mantenere in vita i precedenti prestiti in sofferenza, in quello che appare una specie di schema Ponzi).
E’ estremamente improbabile che le imprese e le famiglie spagnole desidereranno incrementare il loro indebitamento in una condizione caratterizzata da un tasso di disoccupazione superiore al 20%, con la prospettiva di un incremento dell’imposizione fiscale e di una riduzione della spesa pubblica dovuta al tentativo di un risanamento dei conti pubblici [fiscal retrechment].
Più probabilmente le imprese e le famiglie spagnole cercheranno di preservare la loro condizione recente di risparmi netti positivi o di surplus finanziario.

In alternativa, se assumiamo che il settore privato spagnolo cercherà di preservare il suo saldo finanziario positivo stimato pari al 5,5% del PIL, o che forse addirittura tenterà di ottenere un risparmio netto o un saldo finanziario positivo ancora più ampio in modo tale da poter ridurre il suo indebitamento più velocemente allora il saldo delle partite correnti spagnolo dovrà necessariamente aumentare di più del 7% del PIL nei prossimi tre anni [perché le politiche di consolidamento dei conti pubblici possano avere successo].
A meno che non si verifichi una maggiore domanda dei prodotti spagnoli commerciati internazionalmente da parte del resto del mondo (in particolare da parte delle nazioni della zona euro che hanno da lungo tempo delle partite correnti in avanzo come la Germania) o una ondata improvvisa di rapida innovazione dei prodotti da parte degli imprenditori spagnoli, c’è un’altra via attraverso la quale la Spagna può ottenere un così significativo rovesciamento del saldo delle sue partite correnti.

I prezzi e i salari nel settore spagnolo che produce beni che possono essere commerciati internazionalmente dovranno crollare precipitosamente e la produttività del lavoro dovrà aumentare drammaticamente, in modo tale da creare una svalutazione reale per la Spagna abbastanza grande da far sì che i suoi prodotti commerciati internazionalmente conquistino quote di mercato (a spese, dobbiamo notarlo, del resto dei paesi membri della zona euro).
Come si può dimostrare, il riposo [da disoccupazione] che risulta dal consolidamento dei conti pubblici è proprio quello che il dottore ordinerebbe per incrementare la probabilità di portare a termine una così grande deflazione dei salari e dei prezzi in Spagna.
Ma, dobbiamo domandarci, il debito privato spagnolo come potrà continuare ad essere onorato durante questa transizione nella quale i salari percepiti dalle famiglie e i ricavi delle imprese cadranno sotto imposte sempre più elevate o una spesa pubblica sempre minore?


La Spagna presa nella trappola dell’euro

Come è evidente dalla mappa dei saldi finanziari, c’è tutto un insieme di possibili combinazioni del saldo delle partite correnti e del saldo finanziario del settore privato interno che potrebbero essere coerenti con una riduzione del deficit pubblico pari al 7% del PIL.
Ma la semplice eppure ancora ampiamente ignorata realtà è la seguente: il settore pubblico e il settore privato interno non possono ridurre contemporaneamente i propri debiti a meno che la Spagna non riesca a conseguire un surplus  quasi inconcepibile dal commercio internazionale - inconcepibile specialmente perché la Spagna non sarà l’unica nazione in Europa a cercare di portare a compimento questa transizione.

Come esercizio certamente approssimativo possiamo assumere che ciascuna delle nazioni periferiche della zona euro sarà costretta a raggiungere un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL nel corso di tre anni. In più assumeremo che ciascuna nazione trovi il modo di incrementare il proprio saldo delle partite correnti del 2% del PIL nello stesso intervallo di tempo.
Qual è allora il limite superiore del saldo finanziario del settore privato interno in rapporto al PIL che questo implica per ciascuna nazione?


La Grecia e il Portogallo appaiono massimamente a rischio di affrontare un più profondo indebitamento del settore privato in questo scenario, mentre la Spagna è molto vicina a raggiungerli.
Questo però oscura un altro punto che è opportuno evidenziare. Con l’eccezione dell’Italia, questo scenario implica un declino del saldo finanziario del settore privato interno in rapporto al PIL che va dal 3% in Portogallo a circa il 10% in Irlanda.

Gli attori del settore privato tendono ad accettare volontariamente saldi finanziari minori solo nel mezzo di una bolla delle attività, quando ad esempio i prezzi delle case esplodono e i tassi di risparmio individuale diminuiscono. O alternativamente, quando sono i profitti ad esplodere, le imprese si indebitano e investono molto di più dei profitti non distribuiti per avvantaggiarsi di uno scarto non usuale tra il costo del capitale preso a prestito e il ritorno atteso sul capitale investito.
Noi non abbiamo oggi alcuna ragione per credere che una di queste due condizioni sia immediatamente all’orizzonte.
Se i settori privati interni degli stati periferici della zona euro cercheranno di mantenersi abbastanza vicini ai loro attuali surplus finanziari allora o i saldi delle partite correnti dovranno migliorare ancora più drammaticamente o la crescita dei redditi nominali rallenterà, se non cadrà nella deflazione.

La conclusione esposta sopra a proposito della necessità di un sostanziale incremento del saldo delle partite correnti per le nazioni che ricercano un consolidamento fiscale segue direttamente dall’approccio dei saldi finanziari settoriali, e tuttavia è chiaramente ampiamente ignorata, perché la questione del consolidamento fiscale viene discussa come se non avesse alcuna influenza sui saldi finanziari degli altri settori.
Questo è semplicemente privo di senso. E’ ancora più retrogrado dei racconti primitivi sui “deficit gemelli” (è quasi garantito che un deficit pubblico produca un deficit delle partite correnti che lo compensi) o la storia della “equivalenza ricardiana” (è quasi garantito che un deficit pubblico produca un surplus del settore privato interno che lo compensi) che gli economisti più accreditati [mainstream] ci hanno costretto a subire negli ultimi trent’anni. Entrambe queste storie rivelano una comprensione incompleta della struttura dei saldi finanziari settoriali - o al meglio una che richiede assunzioni estremamente restrittive (e perciò estremamente irrealistiche).


Il triangolo dell’euro

Questa osservazione è rilevante soprattutto nella zona euro, dal momento che la combinazione dei vincoli alla politica economica incorporati nell’Unione Monetaria Europea e della debole posizione commerciale raggiunta da molte nazioni periferiche ha letteralmente costretto questi paesi in un angolo.
Per illustrare la natura del loro problema si consideri la seguente applicazione della mappa dei saldi finanziari settoriali.

In primo luogo, un vincolo sul deficit pubblico pari al 3% del PIL può essere rappresentato come una linea parallela all’asse orizzontale e sottostante ad esso. Sotto le regole del Patto di stabilità e crescita, dobbiamo definire tutte le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori nella zona sottostante questa linea come non ammissibili [perché comportano un deficit pubblico maggiore del 3%].
In secondo luogo, dal momento che i deficit delle partite correnti in rapporto al PIL nelle nazioni periferiche della zona euro sono attualmente compresi tra il 2% dell’Irlanda e il 10% del Portogallo, e cambiamenti [svalutazioni] nel tasso di cambio nominale sono esclusi a causa della unione monetaria, possiamo assumere che per il momento [contare su di] un ritorno ad avanzi delle partite correnti sia per questi paesi nel migliore dei casi un po’ eccessivo. Questo elimina le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori comprese nella metà di destra della mappa.


Se le nazioni della periferia della zona euro desiderano evitare un ritorno alla spesa in deficit [indebitamento netto] del settore privato - e realisticamente, per la massima parte degli stati periferici, la questione è se il settore privato può essere indotto ad assumersi più debiti abbastanza in fretta, e se le banche e gli altri creditori vorranno prestare ancora di più al settore privato dopo una serie di bolle immobiliari scoppiate, e nel pieno di una recessione severa che non è ancora terminata - [e quindi anche le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori a sinistra della linea tratteggiata devono essere escluse] allora c’è un triangolo molto piccolo, [il triangolo dell’euro], che individua sulla mappa dei saldi finanziari dei tre settori l’insieme delle soluzioni ammissibili per queste nazioni.

E’ il massimo della follia aspettarsi che le nazioni della periferia della zona euro troveranno la loro via nel triangolo dell’euro, anche sotto i più potenti degli sforzi politici o dei segnali dei prezzi.
Più probabilmente, dato che ridurre i deficit commerciali si dimostrerà probabilmente molto difficile (l’Asia conta ancora su di una crescita guidata dalle esportazioni mentre negli Stati Uniti la crescita della spesa dei consumatori è ancora incerta e, come ricordato prima, la massima parte del commercio della zona euro avviene all’interno della stessa zona euro) le nazioni periferiche della zona euro si troveranno a navigare da qualche parte a nord ovest del triangolo dell’euro.
Più intenso sarà il consolidamento fiscale in questi paesi e più velocemente i loro settori privati interni tenderanno ad incrementare i loro rapporti tra debiti e redditi.

In alternativa, se le famiglie e le imprese nelle nazioni periferiche difenderanno ostinatamente le loro attuali posizioni di risparmio netto, il tentativo di consolidamento fiscale sarà frustrato da un calo deflazionistico del PIL nominale.
Allora sorgeranno richieste di intensificare gli incrementi dell’imposizione fiscale e i tagli alla spesa pubblica per raggiungere l’obiettivo di un deficit pubblico pari al massimo al 3% del PIL. Le sofferenze dei debiti del settore privato a loro volta aumenteranno mentre gli incrementi delle imposte e i tagli alla spesa pubblica ridurranno il flusso netto di redditi verso il settore privato. Lo si può chiamare il paradosso dei conti pubblici in ordine.

Come risulta evidente, la ricerca della sostenibilità dei conti pubblici come è attualmente definita con tutta probabilità produrrà l’unico risultato di condurre molte nazioni  verso una ulteriore destabilizzazione del debito del settore privato.
La crescita economica europea si dimostrerà estremamente difficile da ottenere se gli attuali piani per la “sostenibilità” dei conti pubblici verranno applicati nei prossimi tre anni.
Realisticamente, i politici stano cercando di raggiungere una condizione nella regione che produrrà una più elevata incapacità di rimborsare i debiti da parte dei settori privati nel tentativo, attraverso il consolidamento dei conti pubblici, di ridurre il rischio di una incapacità di rimborsare i debiti da parte dei settori pubblici.
Le banche europee, che rimangono tra le banche con la più elevata leva finanziaria, sperimenteranno perdite sempre più elevate sui debiti concessi, e il peggioramento della valutazione della affidabilità [rating downgrade] delle banche sostituirà (o più probabilmente accompagnerà) il peggioramento della valutazione dell’affidabilità dei debiti pubblici.
Una versione onestamente miope della sostenibilità dei conti pubblici verrà acquistata al prezzo di una più ampia instabilità finanziaria che coinvolgerà anche i debiti privati.


Sommario e conclusioni

La natura di queste scelte è oggi nascosta perché il saldo finanziario del settore pubblico è trattato come se fosse isolato.
Le scelte implicite devono essere forzatamente esposte apertamente e attentamente considerate sia dai politici che dagli investitori.
Non è affatto fuori questione che la virtù finanziaria del settore pubblico in questa condizione possa avviare i settori privati di un insieme di nazioni verso un percorso di deflazione da debiti - proprio il risultato che i politici hanno freneticamente cercato di prevenire solo un anno fa.

[...] soluzioni più innovative ed efficaci dell’approccio della svalutazione fiscale devono essere considerate. Deve essere considerata anche la stabilità finanziaria, non solo la sostenibilità dei conti pubblici. Ma soluzioni di questo tipo non verranno neppure portate alla luce a meno che i politici e gli investitori non incomincino a riflettere in modo coerente su come i saldi finanziari dei diversi settori interagiscono.

Se, per metterla più schiettamente, le nazioni della zona euro cercheranno di ritornare a un deficit pubblico del 3% entro il 2012, come molte di esse ora si impegnano a fare, e se l’euro non si deprezzerà abbastanza o qualche altra misura non riuscirà a produrre un’ampia inversione dell’andamento delle partite correnti, allora o a) i settori privati interni di molte nazioni dovranno adottare una traiettoria di spesa in deficit, o b) i redditi nominali dei settori privati dovranno diminuire, e il paradosso di Irving Fisher si renderà applicabile (cioè proprio il tentativo di ripagare il debito condurrà a un maggiore indebitamento) ostacolando la capacità dei politici di raggiungere gli obiettivi che si sono posti per il bilancio pubblico.
Nel caso della Spagna (o, vicino alla zona euro, del Regno Unito), che presenta un elevato rapporto tra debito privato e reddito, questa è una questione particolarmente critica.
Inoltre, dato che la zona euro nel suo complesso ha mostrato una tendenza ad avere un surplus delle partite correnti calante (fino a tempi recenti), la caduta dei redditi nominali nelle nazioni periferiche, o un miglioramento dei loro saldi delle partire correnti, tenderanno ad avvenire a spese della crescita nelle nazioni che hanno un surplus delle partite correnti.
Questo introduce un possibile vettore di contagio in particolare verso la Germania, un vettore che va al di là della esposizione delle banche tedesche ai debiti pubblici o privati delle nazioni periferiche.
Non è chiaro se i politici tedeschi abbiano pienamente considerato questi possibili effetti di ritorno che potrebbero condurre ad altri più ampi.
Ironicamente, l’equilibrio finanziario dei conti pubblici tedeschi potrebbe essere minato se questi effetti si dovessero dimostrare abbastanza forti da incidere sulla crescita del reddito in Germania.

Il principio sottostante scaturisce dall’approccio dei saldi finanziari settoriali: il settore privato interno e il settore pubblico non possono entrambi ridurre contemporaneamente i loro debiti a meno che non possa essere ottenuto e sostenuto nel tempo un avanzo commerciale. Tuttavia il mondo nel suo complesso non può avere un avanzo commerciale.
In un modo più specifico rispetto all’attuale situazione, rimaniamo fortemente impegnati ad identificare quali nazioni o regioni del resto del mondo siano pronte a diventare in modo consistente maggiori importatrici nette dei prodotti europei che possono essere commerciati internazionalmente.
Le nazioni che attualmente hanno ampi avanzi commerciali considerano questi surplus come ottenuti a fatica e ben meritati guadagni. E’ improbabile che rinuncino a quote del mercato globale senza combattere, in particolare perché hanno adottato strategie di crescita basate sulle esportazioni.
Tuttavia si dice anche che la necessità sia la madre di tutte le invenzioni (e la disperazione, è il padre?) così forse le nazioni con deficit delle partite correnti troveranno il modo di ottenere quelle innovazioni di prodotto o quegli incrementi di produttività del lavoro che possono condurre a una crescita del mercato per i loro prodotti commerciabili internazionalmente.
Nel frattempo, per la salvezza dei cittadini delle nazioni nella periferia della zona euro che si trovano ad affrontare il consolidamento dei conti pubblici, preghiamo che ci sia vita su Marte e che i marziani consumino solo olive, vino rosso e la birra Guinness.

[FINE]


domenica 30 settembre 2012

L’euro non è la soluzione per i problemi con la bilancia dei pagamenti




Anthony P. Thirlwall

Emu is no cure for problems with the balance of payments

Financial Times, 9 ottobre 1991.


L’euro non è la soluzione per i problemi con la bilancia dei pagamenti

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]


In un mondo con molte valute, il problema di una nazione con la bilancia dei pagamenti è essenzialmente un problema di valuta estera.
Dati il tasso di crescita del suo prodotto e il suo livello della disoccupazione, la nazione non è in grado di ricavare dalle esportazioni abbastanza valuta estera per pagare le sue importazioni al tasso di cambio dato.
O la nazione deve continuamente indebitarsi con l’estero, o deve cedere qualcosa: il tasso di crescita, il livello dell’occupazione o il tasso di cambio.
In questo senso, il Regno Unito è stato afflitto da problemi con la bilancia dei pagamenti per anni.

Questo significa che se il Regno Unito aderisse all’Unione Monetaria Europea che prevede una moneta unica le sue difficoltà con la bilancia dei pagamenti svanirebbero dalla sera alla mattina?
E’ vero che non ci sarebbe più un tasso di cambio da difendere ma ci sarebbero ancora squilibri tra le esportazioni e le importazioni che non potrebbero essere corretti, né naturalmente né facilmente, né da prestiti o investimenti privati né da trasferimenti fiscali interregionali in una unione federale.

Coloro che affermano che i problemi con la bilancia dei pagamenti scomparirebbero propongono l’analogia con le regioni di una nazione che impiegano tutte la stessa moneta.
Noi non parliamo delle difficoltà con la bilancia dei pagamenti della Scozia, del Galles e del nord dell’Inghilterra, o della Sicilia e della Puglia.
Ma questo non significa che queste difficoltà non esistano.
Ogni livello delle esportazioni di una regione inferiore al livello delle importazioni che domanda si manifesta in una crescita lenta, in un tasso di disoccupazione elevato e in condizioni economiche in generale depresse, a meno che i prodotti e i servizi di questa regione non possano essere resi più competitivi grazie a sussidi, o a meno che la regione non riceva flussi di capitali sotto forma di prestiti del settore privato o di trasferimenti fiscali da parte del governo.
Mentre è vero, quindi, che l’adozione di una moneta unica al posto di un sistema di molte valute comporta la scomparsa della manifestazione esteriore delle difficoltà con la bilancia dei pagamenti, perché non c’è più un tasso di cambio da difendere, e le riserve di valute estere divengono irrilevanti, la manifestazione interiore dei deficit della bilancia dei pagamenti rimane.
Samuel Brittan ha recentemente sostenuto che “la possibilità di liberarsi una volta per tutte del problema della bilancia dei pagamenti è uno dei vantaggi maggiori ma meno riconosciuti dell’euro”.
Nello sminuire l’importanza della bilancia dei pagamenti per il funzionamento regolare dell’economia reale, Brittan allude all’assurdità di trattare il commercio tra il Sussex [Regno Unito] e la Normandia [Francia] in modo completamente diverso rispetto al commercio tra lo stesso Sussex e lo Yorkshire [Regno Unito] quando tutte e tre le regioni si suppone che siano nello stesso mercato unico.
Brittan riconosce che alcuni problemi con la bilancia dei pagamenti riappariranno in una forma regionale all’interno di un’unione monetaria.
Queste questioni sono al centro del dibattito sulla sovranità che oggi generano così tanta eccitazione nella Comunità Europea.
Eppure ci sono buone ragioni per trattare il commercio tra il Sussex e la Normandia in modo diverso dal commercio tra il Sussex e lo Yorkshire.
In primo luogo, il Regno Unito come stato nazionale può sentire una responsabilità per i cittadini residenti nel Sussex che non prova per gli abitanti della Normandia.
In secondo luogo, il Regno Unito può ritenersi in grado di affrontare le disparità tra il Sussex e lo Yorkshire per mezzo del suo sistema fiscale nazionale in un modo che non potrebbe essere garantito se le capacità di sopravvivenza del Sussex fossero minacciate da una superiore competitività della Normandia all’interno di una unione monetaria.
In alcune circostanze il tasso di cambio potrebbe essere un’arma utile per proteggere gli abitanti del Sussex.

Il problema della bilancia dei pagamenti è comunque molto più grave della sola questione del tasso di cambio.
Il ruolo della bilancia dei pagamenti nella spiegazione delle differenze tra i tassi di crescita delle diverse regioni di una nazione è stato ignorato per troppo tempo dalla teoria economica ortodossa che, prima di Keynes, sostenne che la bilancia dei pagamenti, come ogni altra cosa nel sistema economico, si sarebbe regolata da se attraverso il sistema dei prezzi, e che poi, negli anni Cinquanta, analizzò i risultati in termini di crescita economica dal lato dell’offerta senza alcun riferimento alla domanda.
La rivoluzione keynesiana non fu di aiuto perché il modello di Keynes era statico e si confrontava in massima parte con una economia chiusa.
L’enfasi sugli squilibri tra il risparmio e gli investimenti spostò l’attenzione dal maggiore squilibrio potenziale tra le esportazioni e le importazioni che nel mondo reale può essere molto più difficile da correggere.
Un livello delle esportazioni elevato in rapporto alle importazioni domandate è vitale per rafforzare la domanda aggregata nel sistema economico considerato nel suo complesso, con o senza una moneta unica.
Un certo grado di sovranità economica sarebbe perso nel movimento verso una moneta unica, ma molto di più si perse quando il Regno Unito aderì alla Comunità Europea nel 1971.
La capacità di proteggere e incoraggiare i settori strategici dell’economia venne meno; la possibilità di programmare dei sistemi di commercio amministrato per pareggiare i deficit della bilancia dei pagamenti è stata persa; la capacità di proteggersi da nazioni con avanzi persistenti è stata tolta; le imposte differenziali che discriminano le imprese a favore dei settori che producono beni esportabili sono entrate in collisione con il Trattato di Roma.
La bilancia dei pagamenti del Regno Unito è cronicamente debole.
Elevati tassi di interesse sono necessari per finanziare i deficit che il paese incontra quanto tenta di crescere sia pure a un tasso non superiore all’1 o al 2 per cento l’anno, e a loro volta danneggiano l’economia reale.
Tre secoli fa i mercantilisti riconobbero questo dilemma con grande chiarezza, e così fece Keynes nella sua difesa del mercantilismo contro i classici, sostenitori del libero scambio, che trattarono i mercantilisti come “imbecilli” (nelle parole di Keynes).
Come Keynes riconobbe giustamente, il tasso di interesse necessario per l’equilibrio esterno può non essere in linea con quello necessario per l’equilibrio interno.
Anche questo problema non scompare in una zona con una moneta unica nella quale regioni (o nazioni) depresse competono per attrarre investimenti.

Il Regno Unito ha bisogno di tutti gli strumenti monetari e fiscali di cui può disporre per interrompere 40 anni di bilancia dei pagamenti debole, crescita economica lenta, domanda depressa e deindustrializzazione che conducono a una bilancia dei pagamenti ancora più debole.

Credere che un basso livello delle esportazioni, la penetrazione delle importazioni, il deteriorarsi della base industriale che conduce a una crescita più lenta e a una disoccupazione crescente scomparirebbero con una moneta unica significa trasformare l’economia in una branca della teologia.


[FINE]