International Labour Organization
German wage developments and euro area troubles
Global Employment Trends 2012: Preventing a deeper jobs crisis
La deflazione dei salari in Germania e i problemi della zona euro
[ Traduzione di Giorgio D.M. ]
La competitività crescente degli
esportatori tedeschi è sempre di più identificata come la causa strutturale
alla base delle recenti difficoltà nella zona euro.
Negli ultimi dieci anni mentre in
Germania il costo unitario del lavoro diminuiva relativamente a quello dei
paesi concorrenti della zona euro, in queste economie la crescita veniva
compressa con conseguenze negative per la sostenibilità delle finanze pubbliche.
Cosa più importante, ai paesi in crisi
era impedito di utilizzare la via delle esportazioni per compensare la caduta
della domanda interna perché i loro settori manifatturieri non potevano
beneficiare di una maggiore domanda aggregata in Germania.
Questo riquadro indica le ragioni per
le quali i problemi attuali sono una eredità del passato, di quando le
politiche mal congegnate applicate durante il periodo della riunificazione
della Germania condussero a un sostanziale aumento della disoccupazione che
venne poi affrontato con politiche di deflazione dei salari [deflationary wage
policies].
In conseguenza della riunificazione
della Germania, le industrie manifatturiere tedesche soffrirono una perdita
sostanziale di competitività.
Non soltanto le aziende della
Germania dell’Est erano meno produttive ma il tasso di cambio del contante fu
fissato a un rapporto di 1 a 1 a fronte di un tasso di cambio ufficiale tra il
marco della Repubblica Federale Tedesca e il marco della DDR di circa 1 a 4,3.
Di conseguenza l’inflazione in
Germania incominciò ad accelerare, in particolare nelle regioni dell’Est, spingendo
la Bundesbank a condurre una politica monetaria più restrittiva a partire dal
1991.
A sua volta il marco tedesco si
apprezzò nei confronti delle altre valute europee fino a portare alla fine del
Sistema Monetario Europeo nel 1993 e a una sostanziale perdita di competitività
delle aziende tedesche con gravi effetti anche sulla domanda interna in
Germania.
Di fatto le imprese tedesche
ridussero sostanzialmente i loro investimenti nel corso della seconda metà
degli anni Novanta a un livello inferiore di circa 3 punti percentuali per anno
rispetto alla media della zona euro.
Nello stesso tempo la creazione di
posti di lavoro crollò drammaticamente, in un modo così forte da provocare un
effetto sulla crescita dei salari e quindi dei redditi disponibili delle
famiglie, che ridussero i loro consumi privati.
Sotto l’impressione del problema
difficilmente affrontabile di una disoccupazione elevata, il Governo Schröder
iniziò una serie di riforme del mercato del lavoro, la cui applicazione
cominciò nel 2003, che produssero l’effetto di ridurre i salari di ingresso al
livello più basso del mercato del lavoro.
Già a partire dal 2000 erano stati
avviati diversi negoziati tra i tre maggiori partiti politici tedeschi per
tentare di diminuire la crescita dei salari e ristabilire la competitività di
prezzo delle merci tedesche.
In parte aveva dato inizio a queste
riforme il fatto che i tassi di cambio nominali erano stati fissati di fatto
sin dal 1995, in preparazione dell’avvio della zona euro tre anni più tardi,
proprio nell’anno in cui il marco tedesco aveva raggiunto una quotazione
elevata rispetto alle valute dei principali paesi europei concorrenti della
Germania a causa delle politiche precedentemente messe in atto nel corso della
riunificazione.
La svalutazione interna fu perciò
vista come l’unico strumento che avrebbe consentito di ristabilire quella che
era considerata una condizione più equa.
Comunque la massima parte delle
riforme condusse essenzialmente alla diminuzione dei salari nel settore dei
servizi dove apparvero nuovi posti di lavoro con salari bassi.
Un approccio di questo tipo
sostanzialmente prolungò il periodo di tempo necessario per l’aggiustamento e
ancora oggi il costo dei salari orari nel settore manifatturiero tedesco rimane
tra i più alti.
Nello stesso tempo poco fu fatto per
recuperare competitività attraverso incrementi della produttività (si veda la
figura): di fatto l’andamento della produttività in Germania rimase in linea
con quello degli altri paesi.
Queste politiche di deflazione dei
salari non soltanto hanno avuto un impatto sui consumi privati in Germania, che
sono stati inferiori a quelli degli altri paesi della zona euro di più di un punto
percentuale nel periodo dal 1995 al 2001, ma hanno anche condotto a diseguaglianze
dei redditi che crescono a una velocità tale che non si era vista neppure
subito dopo la riunificazione tedesca quando alcuni milioni di persone persero
il lavoro nelle regioni della Germania dell’Est (OECD, 2011).
A livello europeo queste politiche
hanno creato le condizioni per un prolungato declino economico man mano che gli
altri paesi della zona euro hanno sempre di più considerato come la soluzione
ai loro problemi di mancanza di competitività l’adozione di politiche di
deflazione dei salari, perfino più severe di quelle tedesche.
Questo è ancora più sconfortante dato
che non è affatto chiaro fino a che punto queste politiche di deflazione dei
salari abbiano contribuito a produrre livelli di occupazione più elevati in
Germania, visto che gli occupati in questo paese nel 2006 erano pochi di più
che nel 1991.
Di fatto i successi recenti nel campo
delle esportazioni tedesche devono poco a queste politiche salariali e di più
all’orientamento geografico degli esportatori tedeschi verso le dinamiche
economie emergenti (OECD, 2010).
Nello stesso tempo una debole domanda
interna ha impedito una crescita maggiore del settore dei servizi con
conseguenze negative per la produttività del lavoro in quel settore e quindi
per l’economia nel suo complesso.
Certamente una più rapida crescita
della produttività nel settore dei servizi tedesco avrebbe consentito non solo
di porre fine alle attuali politiche di deflazione dei salari, con ricadute
positive per il resto dell’Europa, ma avrebbe anche aiutato a ristabilire una
più equa distribuzione dei redditi tra i lavoratori dei diversi settori.
Bibliografia
OECD. (2011). Divided we stand: Why inequality keeps rising.
OECD. (2010). Economic Survey: Germany.
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