Piero Calamandrei
Uomini e città della Resistenza (1944-1955)
Linea d’ombra, Milano 1994, pp. 226-228.
Il buon pastore
In quel bellissimo libro in cui Roberto Battaglia (1) raccoglie le sue esperienze di commissario della Divisione Lunense, egli racconta un episodio che mi torna in mente ogni volta che leggo nella nostra Costituzione tante promesse che attendono il loro compimento.
Domandò egli ad un pastore di Monte Tondo perché si era fatto partigiano: e quegli gli rispose che lo aveva fatto per odio alle autorità fasciste che gli avevano inflitto una multa per un pascolo abusivo di bosco, e che sperava, facendosi partigiano, di poter nel futuro portare il suo gregge dove meglio gli piacesse.
Il capo partigiano sorride di questa concezione ingenua: e gli domanda: “E le leggi? Se ognuno facesse il suo comodo, come lo vuoi fare tu, sparirebbero anche quei boschi che ti sono necessari”.
E il pastore di Monte Tondo risponde: “Le leggi le faremo, ma giuste, da noi stessi”.
Ecco, queste leggi giuste, le leggi fatte dal popolo, la Costituzione uscita dalla Resistenza le preannuncia e le promette.
Il sangue delle migliaia di martiri caduti quando la Resistenza voleva dire impeto di insurrezione, si è trasformato in un documento solenne, che consacra un programma di leggi giuste.
C’è detto in quel documento che
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali, davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
C’è scritto, in quel documento, che
la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro;
c’è scritto che
il lavoratore ha diritto in ogni caso ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Queste sono le leggi giuste, speranza del pastore di Monte Tondo, che sono state promesse dalla Costituzione.
Ma quello che è scritto nella Costituzione, bisogna che diventi vero: guai se il pastore di Monte Tondo, guai se i milioni di lavoratori che confidano come lui nelle leggi giuste, si accorgessero che quella promessa fu scritta per deluderli e beffarli ancora una volta, appena passato il pericolo!
Questo sarebbe il tradimento più nero della Resistenza: chi le vuole restare fedele deve adoperarsi con tutte le sue forze per trasfondere nella nostra vita democratica quell’ardore di rinnovamento e di risanamento che fu la prima ispirazione della Resistenza: chi non vuole andare incontro a nuovi sussulti e a nuove catastrofi, deve ricordare che la Costituzione è lo strumento legale fatto apposta per tradurre pacificamente in realtà, a forza di leggi giuste, quel rinnovamento sociale di cui i morti della Resistenza ci hanno lasciato l’impegno, e che deve portare veramente a far della nostra Repubblica, come è scritto nella Costituzione, una Repubblica “fondata sul lavoro”.
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Note:
(1) Roberto Battaglia, Un uomo un partigiano, Firenze 1945, p.180.
[FINE]
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