http://goo.gl/KgIoZ
Hyman P. Minsky
Finance and
Stability. The Limits of Capitalism
Working Paper No.93.
Maggio1993.
Presentato alla
conferenza “The Structure of Capitalism and the Firm in Contemporary Society”
tenutasi a Milano nei giorni dal 18 al 20 marzo 1993.
Pubblicazione
disponibile qui
.
Finanza e stabilità. I limiti del capitalismo
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
Nei giorni dal 4 al 6 marzo 1993 ho
partecipato a una conferenza dal titolo “Finanziare la prosperità nel XXI
Secolo”, presso il Jerome Levy Institute del Bard College.
Il 4 marzo era il sessantesimo
anniversario dell’insediamento di Franklin Delano Roosevelt nella carica di
Presidente degli Stati Uniti e il 6 marzo era il sessantesimo anniversario
della chiusura delle banche [bank holiday] negli Stati Uniti.
I problemi che Roosevelt affrontò
sessanta anni fa e i problemi che il Presidente Clinton si trova a dover
affrontare oggi appaiono simili. Roosevelt ereditò un capitalismo fallito e un
nuovo modello di capitalismo fu stabilito durante il suo mandato (1933-1937).
Il nuovo modello dell’era di Roosevelt ha servito bene gli Stati Uniti, e il
mondo, per quasi mezzo secolo.
Negli ultimi dodici anni circa [pressappoco
dal 1980] il modello degli anni 1933-1937 ha mostrato tutta la sua età. Sebbene
non sia andato in pezzi così completamente come aveva fatto il più vecchio
modello liberista [laissez-faire model] nel periodo 1929-1933, è abbastanza
chiaro che il nostro attuale modello di capitalismo deve essere per lo meno
profondamente revisionato, se non sostituito da uno nuovo. Che egli se ne renda
conto o no, il compito storico del Presidente Clinton è quello di ideare e
mettere in opera un nuovo modello di capitalismo.
La descrizione usuale della chiusura
delle banche avvenuta nel 1933 è “Roosevelt chiuse le banche”. Questo non è
vero. Prima del 4 marzo 1933 le banche erano già state chiuse in quasi trenta
Stati dagli stessi Governatori di quegli Stati. Sabato 4 marzo, mentre si stava
insediando, Roosevelt venne informato che le banche di New York non avrebbero
riaperto Lunedì 6 marzo. La chiusura delle banche fu un attacco preventivo – venne
imposta a Roosevelt. Questo atto trasferì la responsabilità della soluzione del
problema delle banche e delle altre istituzioni finanziarie illiquide e
insolventi dalla comunità finanziaria al Governo Federale. 1
La chiusura delle banche avvenne
all’apice della grande depressione dell’economia statunitense iniziata
nell’ottobre del 1929 e durata sino al marzo del 1933 – più di quaranta mesi di
declino continuo.
Il declino non fu soltanto lungo,
esso fu anche profondo. La produzione cadde di circa il 33%, i prezzi scesero
di circa il 33%, e gli indici dei prezzi azionari (il Dow Jones o lo Standard
and Poors) crollarono di circa l’85%. Nell’inverno 1932-1933 la disoccupazione
era pari ad almeno il 25% della forza lavoro; e questo in un paese nel quale un
terzo della forza lavoro era impiegata nel settore dell’agricoltura.
Sessanta anni fa il capitalismo era un
sistema economico fallito negli Stati Uniti e dovunque nel mondo. 2 Oggi,
come l’invito a questa conferenza nota, “l’intero mondo è capitalista”. Dobbiamo
dunque affrontare le seguenti questioni:
1) “Quali difetti hanno reso il
capitalismo un sistema fallito nel 1933?”,
2) “Quali fattori hanno trasformato un
sistema fallito in uno di successo?”, e
3) “Il capitalismo che ha fallito e il
capitalismo che ha avuto successo sono lo stesso sistema economico?”.
Anche mentre celebriamo la “vittoria”
del capitalismo siamo consapevoli dei problemi e delle crisi attuali di quello
che una volta fu il capitalismo di grande successo del periodo post bellico. Mentre
i capitalismi degli Stati Uniti e dell’Europa Occidentale sono stati davvero società
di successo nel corso dei primi venticinque anni dopo la fine della seconda
guerra mondiale, i loro risultati negli ultimi quindici anni sono molto al di
sotto della norma raggiunta precedentemente. Il Giappone, che sembrava essere
scampato a molti dei problemi nei quali sono stati immersi gli Stati Uniti e
l’Europa Occidentale negli ultimi dieci anni, oggi sembra subire lo stesso
destino. Aggiungiamo due domande alla nostra lista:
4) “Quali fattori hanno attenuato il
successo del capitalismo post bellico?”,
5) “Perché gli stati sociali [welfare
states] del mondo post bellico sono oggi in crisi?”.
Una delle ragioni per le quali il
capitalismo ha vinto e la versione sovietica del socialismo ha perso è stata
che la versione del socialismo di Lenin e Stalin consentiva per esso una sola
forma, quella di un modello di comando lineare altamente centralizzato, mentre,
come l’invito a questa conferenza riconosce, il capitalismo si presenta in
molte forme. 3
I capitalismi che ebbero successo a
partire dagli anni ’50 e sino agli anni ’70 non erano gli stessi capitalismi
che avevano fallito negli anni ’30.
In generale, un sistema che possiamo
caratterizzare come un capitalismo nel quale lo Stato ha un ruolo marginale,
vincolato dal sistema aureo e non governato [small government gold standard
constrained laissez-faire capitalism] fu sostituito da un capitalismo nel quale
lo Stato ha un ruolo rilevante, flessibile grazie al contributo della banca
centrale e governato attivamente [big government flexible central bank
interventionist capitalism].
Come Kalecki e Jerome Levy
evidenziarono, il disavanzo finanziario dello Stato [government deficit] è
l’equivalente degli investimenti privati dal punto di vista del mantenimento dei
profitti delle imprese.
Il capitalismo introdotto negli anni
’30 e dopo la seconda guerra mondiale, caratterizzato da un ruolo rilevante
dello Stato, era, ed è tuttora, protetto da una grave caduta dei profitti
aggregati, come quella che si verificò nella grande depressione degli anni
1929-1933.
La crisi che Roosevelt affrontò fu
caratterizzata in modo gravissimo da tassi di disoccupazione elevati,
fallimenti di imprese industriali, commerciali e agricole, e dalla distruzione virtuale
del sistema finanziario.
Il governo Roosevelt, per cercare di
compensare la debolezza della domanda di lavoro da parte del settore privato,
fece ricorso a tutta una varietà di strumenti governativi per l’impiego,
finanziati in modo inadeguato, fino alla scoperta del potere degli appalti
pubblici per la produzione militare di stimolare l’occupazione anche nel settore
civile.
La ricostruzione del sistema
finanziario fu un compito estremamente impegnativo che richiese molta
meditazione e molte trattative. Soltanto nel 1936 il nuovo sistema finanziario
venne messo in opera. Il sistema finanziario introdotto nel 1936 negli Stati
Uniti si basava su due principi: la suddivisione in parti chiaramente distinte
e la trasparenza [compartmentalization and transparency].
Il sistema finanziario fu ricostruito
con istituzioni finanziarie specializzate in campi di attività definiti come
l’edilizia, l’agricoltura, il commercio con l’estero, con la separazione tra le
banche commerciali e le banche di investimento e con l’assicurazione dei
depositi.
Una banca di investimento
governativa, la Reconstruction Finance Corporation, iniettò capitali pubblici in
imprese nei settori dei trasporti, industriale e finanziario, attraverso
l’acquisizione di azioni privilegiate di nuova emissione. 4
Le attività delle imprese le cui
azioni venivano acquistate e vendute dal settore pubblico, e i mercati sui
quali si compravano e vendevano le azioni, furono resi trasparenti.
Inoltre la Federal Riserve fu
riorganizzata in un modo abbastanza radicale.
Le istituzioni finanziarie dell’era
successiva al 1936 differivano profondamente da quelle che erano andate in
pezzi nel periodo tra il 1929 e il 1933.
Tuttavia, questo sistema, una volta
introdotto, incominciò ad evolvere rispondendo agli sforzi compiuti dalle varie
istituzioni per massimizzare i profitti: ogni sistema istituzionale che
stabilisce dei limiti al comportamento degli agenti economici provoca delle
azioni che mirano a evadere o a eludere i limiti imposti.
Inoltre i cambiamenti tecnologici hanno
effetti estremamente differenziati sui diversi attori del sistema finanziario.
Quindi, anche se il sistema
introdotto da Rooseevelt rimase in piedi, le caratteristiche delle attività e
delle istituzioni finanziarie si modificarono. In particolare, le famiglie, le
imprese, il governo e anche le istituzioni finanziarie appresero il modo in cui
il sistema funzionava e adattarono il proprio comportamento in modo tale da
sfruttare nel modo migliore il cambiamento del sistema finanziario.
Questi cambiamenti condussero a un
maggior uso dell’indebitamento rispetto all’autofinanziamento e anche al
ricorso al debito per l’acquisizione di attività esistenti.
Pertanto il sistema finanziario, una
volta robusto, divenne sempre più fragile. Dato che la fragilità implica che ci
possano essere grandi risposte a stimoli piccoli, una struttura fragile è una
struttura instabile.
Mentre non si presentarono minacce di
una crisi finanziaria nel periodo tra la fine della seconda guerra mondiale e
il 1968, le ripercussioni sul mercato delle cambiali [commercial paper market]
dell’inadempienza della Penn Central Railroad sulle sue obbligazioni, ricordò
bruscamente all’altrimenti compiaciuto Consiglio dei Governatori della Federal
Reserve il fatto che esso aveva la responsabilità di mantenere la stabilità del
sistema finanziario.
Dal 1968 in poi la Federal Reserve è
stato spesso costretta ad intervenire per neutralizzare quelle che le apparvero
come delle incipienti crisi finanziarie.
I capitalismi che fallirono e i
capitalismi che ebbero successo differivano per dettagli che risultarono
determinanti per i loro esiti.
I capitalismi degli anni ’50 e ’60,
caratterizzati da un ruolo rilevante dello Stato, ebbero successo nel moderare
i cicli economici perché il ruolo rilevante svolto dallo Stato fu capace di
sostenere i profitti delle imprese quando gli investimenti privati diminuivano.
Un risultato significativo del
sostenimento dei profitti fu che l’assenza di lunghe recessioni rafforzò i
sindacati dei lavoratori. La presenza di sindacati dei lavoratori forti,
l’assenza di periodi di disoccupazione grave, e la legislazione sociale che
caratterizzarono questa era condussero a tutti quei miglioramenti che si ebbero
nella distribuzione del reddito a favore della base della società.
Il Presidente Kennedy colse la
qualità caratteristica dell’esperienza di questi anni in un aforisma: “una marea
che si alza solleva tutte le barche”. Questo aforisma fu convalidato
dall’esperienza degli anni ’50 e ’60, così come venne negato dall’esperienza
degli anni ’80, quando tutti quelli alla base della società videro peggiorare o
rimanere stagnanti le loro condizioni anche se il reddito aggregato
probabilmente aumentò. Appare chiaro che i capitalismi possono funzionare in
diversi modi e che i sistemi di preferenza e le condizioni tecniche della
produzione non conducono a una “legge della distribuzione”.
Se i capitalismi avranno successo nel
XXI Secolo è probabile che essi saranno abbastanza differenti dai modelli che
ci sono familiari.
Ora che il nuovo modello di
capitalismo di Roosevelt ha dimostrato che l’aforisma di Kennedy può essere
vero, gli obiettivi che una economia di successo deve raggiungere includono una
distribuzione dei frutti della prosperità più ampia di quella che è stata
raggiunta, in un lunghissimo arco di tempo, dal vecchio modello di capitalismo.
Reagan e Thatcher hanno tentato di
rovesciare il capitalismo che avevano ereditato, nel quale lo Stato ha un ruolo rilevante
e l’economia è governata attivamente [big government interventionist
capitalism].
I cambiamenti più
sostanziali introdotti nell’economia degli Stati Uniti negli anni di Reagan furono: 1) la
distruzione del sistema della riscossione delle imposte [revenue system], 2)
l’emergere di una economia strutturalmente dipendente dal finanziamento in
deficit da parte del Governo di un bilancio principalmente indirizzato verso la
spesa militare e il sostegno dei consumi, 3) la caduta dei salari reali di una
larga parte della forza lavoro, e 4) una marea crescente di lavoratori
disoccupati e sottooccupati.
Dopo un periodo di falsa prosperità,
largamente basata su 1) un disavanzo finanziario improduttivo del governo, 2)
una enorme espansione del settore dei servizi finanziari, e 3) schemi di
finanziamento alla Ponzi che lasciarono il paese con un eccesso di offerta di
edifici per uffici e imprese altamente indebitate, gli anni di Reagan e Bush
videro l’economia degli Stati Uniti ristagnare.
Inoltre, per l’uso che ne fece il
governo, la spesa pubblica fu ancora più inefficiente nel creare risorse, rispetto
al periodo precedente a quando Reagan e Bush entrarono in carica, perché la
grande espansione del deficit del governo lasciò il bilanciò con una enorme voce
“interessi sul debito”.
L’esperienza del periodo di Reagan e Bush
è un secondo fallimento del modello liberista. Essa ha dimostrato che il
modello liberista non può raggiungere i risultati normali stabiliti negli anni
’50 e ’60, nell’era nella quale il capitalismo raggiunse la sua migliore
pratica.
Clinton, con la sua ancora nuova
amministrazione, sta procedendo a tentoni verso l’invenzione di un “nuovo”
nuovo capitalismo. Questo nuovo modello accetta il principio fondamentale del
capitalismo di Roosevelt, cioè che un capitalismo efficace richiede un ampio
settore pubblico, ma sposta la spesa pubblica dal finanziamento della difesa e
dei consumi al finanziamento della creazione di risorse e della prestazione
efficiente di quei servizi per i quali non è efficace, per il ripagamento dei
costi, un meccanismo che preveda la remunerazione del servizio sulla base del
suo utilizzo.
Questo conduce a un’altra domanda:
6) “Possiamo riconoscere i tratti
fondamentali di un nuovo capitalismo che potrebbe svilupparsi negli Stati
Uniti”?
Ho sollevato sei questioni abbastanza
sovrapposte. Ne ho affrontate alcune nella mia esposizione dei problemi. Non ho
affrontato le questioni di quali difetti resero il capitalismo un fallimento
nel 1933 e del se questi difetti sono il risultato di caratteristiche
essenziali del capitalismo. Affronterò anche la questione di quali fattori
trasformarono un sistema fallito in un sistema di successo, almeno
transitoriamente.
Un difetto impressionante del
capitalismo – che venne identificato da Marx e da Keynes – è la sua incapacità
di mantenere una condizione vicina al pieno impiego per periodi di tempo
prolungati.
Keynes riconobbe che il capitalismo
non è semplicemente una economia di mercato: il capitalismo è anche un sistema
finanziario.
Un aspetto fondamentale del
capitalismo dei tempi di Keynes e dei nostri tempi è che ci sono due
insiemi di prezzi.
Un insieme consiste dei prezzi della
produzione corrente e l’altro insieme consiste dei prezzi delle attività, sia
dei beni capitali [capital assets - edifici, impianti, macchine utensili, etc.]
impiegati dalle imprese nella produzione che degli strumenti finanziari che le
imprese emettono per poter disporre del capitale fisso e del capitale
circolante dei quali hanno necessità. 5
I prezzi della produzione corrente
determinano i profitti ed è questo il meccanismo con il quale sono coperti i
costi di produzione. In astratto questi prezzi sono strettamente legati ai
salari nominali. I prezzi dei beni capitali e degli strumenti finanziari invece
sono i prezzi attuali di flussi futuri di redditi. Dato che questi due insiemi
di prezzi riflettono quello che avviene in due differenti insiemi di mercati
essi varieranno in modo indipendente l’uno dall’altro.
Gli strumenti finanziari emessi dalle
imprese sono posseduti dalle famiglie e da istituzioni finanziarie come le
banche. 6
Da quando la società per azioni [corporation]
è divenuta la forma dominante di organizzazione di impresa, le passività delle
imprese includono le azioni oltre a varie forme di debiti. Le azioni e alcuni
dei debiti di alcune società sono liberamente scambiate su mercati pubblici: il
valore di mercato di questi strumenti dipende da informazioni che sono disponibili
al pubblico.
In linea di principio il secondo
livello dei prezzi delle economie capitaliste è un indice dei prezzi di mercato
dei beni capitali esistenti ma in pratica è un indice dei prezzi di mercato
delle azioni e dei debiti. Lo sviluppo delle società holding, tipiche del
capitalismo delle società per azioni [corporate capitalism] indica che intere
linee di attività economica sono vendute e acquistate.
Il modello del secondo livello dei
prezzi deve incorporare il modo in cui questi componenti sono valutati.
Le riforme del sistema finanziario
durante l’era Roosevelt resero la trasparenza il principio predominante, che
guidava la diffusione delle informazioni disponibili sulle attività delle
società per azioni e sui mercati dove le azioni venivano scambiate.
Gli altri debiti delle società per
azioni non dipendono da informazioni disponibili al pubblico ma piuttosto da
trattative e scoperte: questi debiti sono quelli nei confronti delle banche e quelli
collocati privatamente presso altre istituzioni finanziarie. Debiti di questo
tipo, che non possono essere scambiati sul mercato, possono essere distribuiti
tra le istituzioni, come le banche, che sono esperte nell’impiego delle informazioni
riservate.
Grazie alle riforme del mercato dei
titoli dell’era Roosevelt, la legge si portò in pari con la natura del
capitalismo moderno, che è un capitalismo di società per azioni [corporate
capitalism].
Durante i più di 40 mesi della grande
depressione, il livello dei prezzi della produzione corrente scese del 33%
mentre il livello dei prezzi delle azioni sul mercato azionario cadde dell’85%.
Nel 1933 acquistare dei beni capitali
di nuova produzione sarebbe costato il 67% di quanto costava nel 1929 ma acquistare
una impresa sul mercato azionario sarebbe costato solo il 15% del prezzo del
1929.
Rapporti simili si ebbero per gli edifici
commerciali come i grattacieli per uffici.
Se il rapporto tra i prezzi dei
vecchi e dei nuovi beni capitali era maggiore di 1 a 1 prima del 1929 [cioè
acquistare beni capitali di nuova produzione costava meno che acquistare una
impresa che possedesse gli stessi beni capitali, o gli stessi beni capitali ma
di seconda mano], nel 1933 il rapporto tra il prezzo dei vecchi e quello dei
nuovi beni capitali era di 1 a 4.
Nel 1933 nessuno avrebbe ordinato la
realizzazione di un nuovo investimento quando il mercato di seconda mano degli
investimenti, il mercato dei beni capitali, era pieno di affari.
Nella teoria economica standard i
prezzi sono i termini sulla base dei quali i beni e i servizi alternativi sono
disponibili. Sulla base della teoria, per come è costruita, solo i prezzi
relativi sono importanti.
Tuttavia in una economia capitalista i
prezzi di vendita della produzione devono consentire ai produttori di coprire i
costi del lavoro e dei materiali e di conseguire dei profitti. I profitti
consentono alle imprese di pagare gli interessi sui prestiti contratti e di
rimborsarli, e di disporre dei fondi necessari per la distribuzione dei dividendi
e per l’autofinanziamento.
Poiché i debiti sono quasi sempre
denominati in moneta, per i produttori sono importanti i prezzi nominali.
Nei mercati sui quali le attività,
finanziarie e reali, sono scambiate i prezzi sono i prezzi monetari attuali dei
futuri flussi monetari. Il valore di mercato di una impresa è la
capitalizzazione dei suoi profitti nominali e perciò è espresso in termini
nominali.
In una economia capitalista che progredisce
gli investimenti sono una parte della produzione corrente. Quando gli
investimenti sono completati essi entrano a far parte dello stock dei beni
capitali: l’impresa che investe paga l’impresa che ha realizzato l’investimento
per il bene capitale prodotto. Questo pagamento è compiuto con fondi propri (i
profitti non distribuiti), con fondi raccolti con l’emissione di azioni e con
fondi raccolti attraverso l’indebitamento, sia prendendo in prestito dalle
banche che vendendo obbligazioni.
Nel momento in cui viene acquistato,
il valore di un determinato investimento realizzato cambia passando dall’essere
determinato dal suo prezzo di vendita all’essere determinato dal valore attuale
dei redditi futuri che il suo impiego nell’attività o comunque il suo utilizzo ci
si aspetta che possa generare. 7
Nessuno impiegherebbe le risorse attuali
per produrre nuovi beni da aggiungere allo stock esistente dei beni capitali se
il valore attuale dei beni capitali, come è determinato dai mercati che
trasformano i futuri profitti attesi delle imprese nel valore di mercato delle
passività, capitale proprio e di debito, delle imprese stesse non fosse pari o
maggiore del prezzo che le aziende che producono questi beni capitali
devono praticare per coprire i costi della produzione e per guadagnare quei
profitti che gli consentano di essere imprese sostenibili.
In una moderna e ricca economia
capitalista le società per azioni sono le proprietarie immediate e le vere
operatrici dello stock dei beni capitali dell’economia nei settori diversi da
quello delle famiglie e dell’agricoltura, e sono le principali acquirenti dei
beni capitali: le società per azioni sono anche le principali percettrici immediate
dei redditi da capitale o profitti lordi.
Una economia capitalista può essere
vista come un insieme di stati patrimoniali e di conti economici strettamente connessi [a capitalist economy can be viewed as set of interrelated balance sheets and income statements].
Ci sono due estremi in questa formalizzazione: le imprese, che possiedono lo
stock dei beni capitali dell’economia, e le famiglie, che possiedono le
passività degli altri attori economici come attività.
Le istituzioni finanziarie stanno tra
le imprese e le famiglie.
Oggi le passività (capitale di
rischio e di debito) delle imprese sono possedute in modo ampio dagli
intermediari finanziari di un tipo o di un altro e le attività delle famiglie
sono ampiamente le passività degli intermediari finanziari.
Questi intermediari finanziari –
banche, istituzioni che raccolgono il risparmio, compagnie di assicurazione,
fondi comuni e fondi pensione, per nominare gli intermediari finanziari più
rilevanti – sono istituzioni che mirano alla massimizzazione del profitto. In
una moderna economia capitalista il comportamento massimizzante non è ristretto
alle famiglie e alle imprese che possiedono i beni capitali, perché l’intera schiera
degli intermediari finanziari opera con l’obiettivo di conseguire dei profitti.
Ogni intermediario finanziario rivolto al conseguimento di profitti ha una sua
propria agenda: non sono istituzioni di carità.
Di queste istituzioni finanziarie che
operano con l’obiettivo di ottenere dei profitti, ciascuna con la propria
agenda, un gruppo gioca un ruolo eccezionalmente delicato nelle economie
capitaliste. Questo gruppo consiste dei banchieri di investimento o merchant banker
che sia come broker – coloro che fanno incontrare venditori ed acquirenti – sia
come dealer – coloro che acquistano passività finanziarie per proprio conto –
agiscono come levatrici per la nascita delle società per azioni e per il
finanziamento della continuazione della loro attività.
Essenzialmente, questi operatori possiedono
una superiore conoscenza dei loro clienti che hanno necessità di finanziamenti
(hanno necessità di fondi) e dei loro clienti che hanno necessità di impieghi per
il loro denaro. Questi operatori utilizzano questa loro conoscenza personale delle
condizioni alle quali i fondi sono domandati e delle condizioni alle quali i
fondi sono offerti piegandola a proprio vantaggio, anche quando essi svolgono
la funzione sociale di selezionare gli investimenti che l’economia compie.
Questi intermediari finanziari sono
di una importanza critica nel determinare i valori attribuiti ai beni capitali posseduti
dalle imprese. In un bilancio, la differenza tra la somma dei valori inseriti
per le attività finanziarie e per i beni capitali dal lato delle attività e il
valore dei debiti dal lato delle passività è il valore di libro dei diritti dei
proprietari nella impresa. Dividendo il valore di libro del capitale dei
proprietari per il numero delle azioni emesse si ottiene il valore di libro di
una azione.
Tuttavia in una grande economia c’è
un mercato ristretto per le azioni delle principali società e il valore di
questo mercato può essere minore, uguale o maggiore del loro valore di libro.
Una considerazione principale nelle
decisioni di investimento è che la valutazione che il mercato dà dei beni
capitali deve essere maggiore del prezzo al quale questi stessi beni capitali ma
di nuova produzione possono essere acquistati, con un margine di sicurezza che consenta
l’assunzione del rischio del progetto.
Una conseguenza dell’introduzione di
questi strati di organizzazioni rivolte al conseguimento di profitti nei
mercati che determinano il valore degli strumenti finanziari è che il valore
degli strumenti finanziari, e perciò il valore attribuito ai beni capitali, può
variare, e varia, indipendentemente dal prezzo di acquisto dei beni capitali di
nuova produzione.
Inoltre la disponibilità di fondi
propri per il finanziamento degli investimenti [cioè per l’acquisizione di
nuovi beni capitali] dipende dall’eccesso dei flussi finanziari provenienti
dall’attività sull’ammontare dei flussi finanziari necessari per il servizio
delle passività emesse in passato per il finanziamento di simili acquisizioni
di beni capitali.
Poiché la capitalizzazione dipende
dall’attuale visione del futuro e dal valore delle attività sicure possedute,
il rapporto tra il prezzo di mercato del capitale delle imprese e il prezzo di
mercato dell’acquisizione ex-novo dei beni capitali può variare.
Proprio la strutturazione
dell’argomentazione nei termini di una domanda per la produzione dei beni
capitali che dipende da un lato dalla capitalizzazione dei profitti futuri e dall’altro
dalla determinazione dei prezzi di offerta dei beni capitali sulla base dei costi
del lavoro necessario per produrli assicura che le relazioni tra offerta e
domanda non sarebberp, per dirlo con il gergo degli economisti, omogenee di
grado zero né rispetto alla moneta né rispetto al salario nominale. Il
risultato non sarebbe neppure indipendente da quanto le posizioni di potere di
mercato sono capitalizzate nel livello dei prezzi dei beni capitali.
Così: 1) la tecnica capitalista di
valutazione della produzione e di valutazione dei beni capitali, 2) la
determinazione di mercato delle strutture delle passività, e 3) la possibilità
di notevoli incrementi e decrementi del prezzo di mercato dei beni capitali e
degli strumenti finanziari conducono a un sistematico incremento e decremento
dei prezzi delle attività in relazione al livello dei prezzi della produzione
corrente. Questo influenza l’ammontare degli investimenti finanziati, che a sua
volta influenza il flusso dei profitti correnti. 8
Una volta che i profitti correnti
siano caduti abbastanza, o che il costo del servizio dei debiti sia aumentato
abbastanza, così che i flussi di cassa derivanti dall’attività svolta, o dalle
attività finanziarie per le istituzioni fortemente indebitate, siano
insufficienti per affrontare gli impegni sulle passività allora la pressione della
necessità di confermare la capacità di far fronte ai debiti (e di far fronte al
ritiro dei fondi da parte delle istituzioni che li hanno avuti in deposito)
conduce a una proliferazione dei tentativi di consolidare le posizioni
vendendo posizioni.
Il risultato può essere un drastico
crollo dei valori delle attività.
C’è la possibilità di una spirale
discendente nella quale gli investimenti cessano e i profitti evaporano: il
risultato finale del sovraindebitamento può essere una depressione economica grave
o gravissima.
Sebbene l’ovvio difetto del
capitalismo consista nella sua incapacità di mantenere un livello di
occupazione vicino al pieno impiego, il suo difetto più profondo consiste nel
modo con il quale il sistema finanziario agisce sui prezzi e sulla domanda dei
prodotti e delle attività, così che periodicamente i debiti e il servizio dei
debiti aumentano in rapporto ai redditi, in modo tale che le condizioni che
conducono alle crisi finanziarie sono generate all’interno del sistema.
Queste crisi, se non sono contenute combinando
gli interventi della banca centrale, che agendo come prestatore di ultima
istanza [lender of last resort] sostiene i prezzi delle attività, con quelli dello
Stato, che con il suo disavanzo finanziario sostiene i profitti delle imprese,
conducono dapprima a un collasso degli investimenti e poi a una depressione di
lunga durata accompagnata da un elevato livello di disoccupazione [mass
unemployment]. 9
Questo difetto finanziario non può
essere eliminato dal capitalismo di mercato basato sulle società per azioni
[corporate form of market capitalism], nel quale esistono delle passività che
costituiscono degli impegni predeterminati dei flussi dei profitti nominali
lordi delle società per azioni.
Riforme che limitavano la possibilità
di contrarre eccessivi debiti per determinati scopi furono parte del nuovo
modello di capitalismo degli anni ’30.
Molti aspetti di queste limitazioni
furono attenuati negli anni ’80, in particolare vennero attenuati vincoli di
importanza cruciale sulle attività che le Savings and Loan Associations potevano
includere nei loro portafogli.
Il risultato fu una serie di crisi
delle istituzioni finanziarie e un crescente indebitamento delle società per
azioni. Una grave depressione non si verificò nei primi anni ’90 perché il
Governo garantì il rimborso dei debiti delle istituzioni finanziarie che
divennero insolventi e l’enorme deficit dello Stato sostenne i profitti delle
imprese. 10
Il nuovo modello di capitalismo che
emerse dalla grande depressione e dalla seconda guerra mondiale aveva un
settore pubblico molto più ampio di quello proprio del modello fallito degli
anni ’20.
Le banche centrali non erano più
vincolate dal sistema aureo: ora ci si aspettava che utilizzassero le loro
capacità di influenzare il comportamento delle banche per sostenere il reddito
e l’occupazione e per contenere un eventuale spinta verso una accelerazione
dell’inflazione o una profonda deflazione.
La possibilità per un paese di far
fluttuare la sua valuta fu molto maggiore e venne riconosciuta la
responsabilità dei governi e anche della cooperazione internazionale per il
mantenimento della domanda aggregata.
Per gran parte del periodo nel quale
il nuovo modello interventista funzionò bene, il sistema internazionale fu
governato unicamente dall’impegno degli Stati Uniti nel mantenere la loro
economia nazionale a un livello abbastanza vicino al pieno impiego e dalla
volontà degli Stati Uniti di mantenere un deficit commerciale.
Il capitalismo fallì nel 1929 a causa
del difetto insito nella natura del capitalismo, che è caratterizzata da un
sistema dei prezzi duale.
Il capitalismo fu ricostruito negli
anni ’30 e dopo la seconda guerra mondiale con un settore pubblico molto più
ampio, che negli Stati Uniti si dedicò principalmente al sostegno dei consumi e
della spesa militare.
Tuttavia gli investimenti del settore
privato rimasero la maggiore determinante dell’incremento della capacità
produttiva e il valore degli investimenti privati si poté ancora basare sul
fatto che il livello dei prezzi dei beni capitali [sul mercato delle attività]
rimase maggiore del livello dei prezzi di vendita dei beni capitali [sul
mercato della produzione corrente].
Rimase il difetto per il quale il
sovraindebitamento può condurre a un drastico declino nella capacità di
garantire il rimborso dei debiti e perciò a un drastico crollo del valore dei
beni capitali posseduti dalle imprese.
La storia recente degli Stati Uniti è
la storia di una spinta verso una deflazione da debiti [debt deflation] che
venne contenuta combinando gli interventi della banca centrale con i massicci disavanzi
finanziari dello Stato.
La depressione contenuta dei primi
anni ’90 alla fine condusse a un drastica diminuzione dei tassi di interesse a
breve termine che, con un ritardo, fu seguita da una caduta dei tassi di
interesse a più lungo termine. 11
Questa riduzione dei tassi di
interesse condusse a un aumento del valore attuale dei flussi di reddito: i
valori delle attività aumentarono e come risultato la turbolenza dei mercati
finanziari degli Stati Uniti venne ridotta.
Il capitalismo che fallì nel periodo
1929-1933 era un sistema caratterizzato da un ridotto settore pubblico, da una
banca centrale vincolata e da una economia sostanzialmente non governata
[laissez-faire economy].
Il capitalismo che diede buona prova
di sé dopo la seconda guerra mondiale era caratterizzato da un ampio settore
pubblico e da una economia governata attivamente [interventionist economy] con
banche centrali meno vincolate che nel periodo tra le due guerre mondiali.
Il modello di capitalismo successivo
alla seconda guerra mondiale ebbe così successo nei primi venti anni e più dopo
la fine della guerra che alcuni hanno incominciato a chiamare quel periodo la Età
dorata [Golden Age].
Se a dire il vero non fu una utopica
Età dorata, e ciascuno di noi può criticare dei dettagli dell’economia degli
anni ’50 e ’60, essa può però benissimo essere assunta come la pratica
migliore [practical best].
Su di una scala assoluta i più
recenti venti anni e più dopo la fine della seconda guerra mondiale non furono
pessimi, ma soffrono nel confronto. Tuttavia un chiaro percorso di
deterioramento è visibile nel corso di questi anni, in parte a causa di
politiche come quelle esemplificate da Reagan e Thatcher, in parte a causa del
modo in cui un successo prolungato conduce ad una accettazione degli impegni a
pagare [cioè a una più facile contrazione dei debiti] che erode i margini di
sicurezza che rendono resistenti [resilient] le imprese e il sistema
finanziario in un sistema capitalista.
L’episodio dei titoli spazzatura
[junk bond] e gli eccessi nella
costruzione di edifici commerciali sono incorporati [built into] nel modo in
cui gli uomini d’affari e i banchieri interagiscono in una economia
capitalista.
Solo le economie capitaliste nelle
quali le istituzioni di sorveglianza hanno poteri di controllo più stringenti e
più sofisticati di quelli di cui dispongono le istituzioni corrispondenti negli
Stati Uniti possono impedire quegli eccessi finanziari che portano le economie
finanziariamente complesse sull’orlo del collasso.
“Perché gli stati sociali delle
economie capitaliste successive alla seconda guerra mondiale sono oggi in
crisi?” è la quinta domanda.
Posso rispondere per gli Stati Uniti.
Il sistema della Social Security, che è la base dello stato sociale negli Stati
Uniti, non è mai stato aggiornato per tenere conto dell’enorme incremento
dell’aspettativa di vita avvenuto negli ultimi sessanta anni. Se l’aspettativa
di vita oggi fosse la stessa che era sessanta anni fa non ci sarebbe alcuna
crisi della parte dello stato sociale degli Stati Uniti relativa alla sicurezza
sociale.
La soluzione di questo problema è
abbastanza semplice: incrementare l’età alla quale le persone vanno in
pensione. Tuttavia questo incrementerebbe la forza lavoro. Quindi c’è la
necessità di incrementare il numero dei posti di lavoro disponibili.
Un altro problema dello stato sociale
negli Stati Uniti ha a che fare con quello che è chiamato “welfare” negli Stati
Uniti.
Questo sistema, Aid to Families with
Dependent Children (AFDC, Aiuto alle famiglie con bambini a carico), fornisce
aiuti in denaro e in natura (sussidi per le cure mediche, l’abitazione e
l’alimentazione) alle famiglie con bambini, se il reddito derivante dal lavoro
o dal patrimonio non è sufficiente per mantenere i bambini.
In pratica una significativa parte
della popolazione che beneficia del “welfare” sembra intrappolata in una condizione
di dipendenza: donne che esse stesse erano figlie illegittime e beneficiarie
del programma di assistenza da bambine, hanno figli assistiti dallo stesso
programma. Questo problema del “welfare” è sempre più considerato come un
disastro dal punto di vista del benessere dei destinatari del programma.
Tuttavia l’alternativa a questo programma è un lavoro per la madre e il
prendersi cura dei bambini per i figli.
La riforma del “welfare” conduce a un
problema simile a quello al quale conduce la riforma della Social Security. L’entrata
tra le forze di lavoro delle persone che oggi sono pensionate o che godono di
un programma di assistenza provoca l’aumento della domanda di posti di lavoro.
I problemi dello stato sociale negli
Stati Uniti derivano dall’incapacità di raggiungere e mantenere nel tempo uno
stretto pieno impiego senza innescare l’inflazione.
Oggi viviamo in un mondo nel quale
meno del 3% della forza lavoro degli Stati Uniti è impegnata nel settore
dell’agricoltura e nel quale una percentuale sempre decrescente dei lavoratori
può produrre tutti quei beni industriali standard che l’economia domanda.
C’è la necessità di sostenere più
lavoratori nella produzione di beni e servizi utili dal punto di vista sociale,
di prodotti diversi dai quelli industriali e per il quali i costi di produzione
possono non essere recuperabili con un eventuale contributo erogato in cambio
dei servizi resi sulla base di un accordo.
Negli Stati Uniti la spesa militare
sia per le armi che per il personale ha impiegato lavoratori i cui costi non
sono stati coperti con un accordo che prevedesse un contributo in cambio dei
servizi resi: i fondi necessari per queste spese sono stati raccolti con le
imposte e con l’indebitamento dello Stato.
C’è la necessità di sostituite l’uso
delle risorse disponibili a fini militari con altre modalità di impiego che per
il loro finanziamento non dipendano da contributi dati in cambio del servizio
reso.
C’è un aspetto della crisi dello
stato sociale negli Stati Uniti che ha una natura diversa rispetto alla crisi
degli stati sociali in Europa.
Durante la seconda guerra mondiale
gli Stati Uniti introdussero un sistema di “assicurazione” sanitaria legato al
posto di lavoro e un sistema di integrazione della Social Security legato al
posto di lavoro nella forma di pensioni che erano passività per le società per
azioni.
Le società per azioni si assunsero
anche la responsabilità per le cure mediche a favore dei loro dipendenti andati
in pensione. Questi sistemi pensionistici integrativi non furono finanziati
fino agli anni ’70 e ancora oggi molti sono solo parzialmente finanziati.
Queste pensioni tipicamente
maturavano dopo pochi anni di servizio e fino a poco tempo fa non potevano
essere conservate nel caso di un nuovo lavoro.
Negli ultimi anni un grande numero
delle maggiori società per azioni degli Stati Uniti sono andate incontro a
gravi difficoltà finanziarie. Alcune hanno dichiarato bancarotta ed altre hanno
ridotto drammaticamente la loro attività. Le imprese hanno adottato misure
drastiche per ridurre non solo i loro lavoratori diretti ma anche i loro lavoratori indiretti. La
sicurezza dell’impiego non è mai stata negli Stati Uniti così grande come nel
sistema giapponese, ma certamente era molto maggiore in passato di quanto è
oggi.
La nuovamente rivelata vulnerabilità
delle società per azioni significa che i sistemi pensionistici e sanitari
privati del periodo successivo alla guerra non sono più praticabili.
L’amministrazione Clinton sta affrontando i problemi del nostro sistema
sanitario. Sinora non sono stati affrontati in modo serio i problemi dei
sistemi pensionistici privati che integrano la Social Security.
L’amministrazione Clinton costituisce
un ripudio delle politiche economiche e sociali degli anni di Reagan e Bush.
Essa accetta che alcune funzioni del governo che sono eredità del passato debbano
essere ridotte, se non eliminate. C’è anche il riconoscimento del fatto che
programmi come il “welfare”, la Social Security e il servizio sanitario
richiedono una riformulazione.
Un grande problema tuttora non
affrontato è quello di decidere come gli Stati Uniti amministreranno la
politica industriale che sinora è stata condotta per mezzo del bilancio della
spesa militare.
Gli Stati Uniti hanno ancora una
risorsa unica nella ampia e profonda distribuzione delle università che si
dedicano alla ricerca. Molte di queste università statali hanno un forte
interesse nella ricerca applicata, normalmente in campi strettamente connessi
con l’economia dello stato. Il rafforzamento della capacità di creare e di
innovare di queste università e la trasformazione dell’attività di sviluppo di
nuove armi compiuta dal ministero della difesa in una agenzia civile che si
dedichi a progetti avanzati sono le frontiere che la amministrazione Clinton
dovrà presidiare mentre precisa sempre di più quale politica industriale
intende perseguire.
E’ probabile che il risultato finale
della amministrazione Clinton sarà un nuovo modello di capitalismo, definito a
partire dal modello che venne costruito negli anni ’30 e ’40. Questo nuovo
modello non ripudierà né tenterà di smantellare il vecchio modello, l’obiettivo
che si era invece posto Reagan. Questo nuovo modello di capitalismo riconoscerà
esplicitamente che il raggiungimento di una economia caratterizzata dal pieno
impiego dovrà avvenire attraverso organizzazioni che non sono le tipiche
società per azioni né le amministrazioni pubbliche come le abbiamo conosciute
negli Stati Uniti.
Inizialmente le società per azioni
erano organizzazioni private autorizzate da una legge speciale a svolgere una
funzione pubblica. Possiamo aspettarci che il nuovo modello di capitalismo
creerà società che impiegheranno sia fondi privati che pubblici per realizzare
programmi che abbiano uno scopo sociale. Possiamo vedere accenni di questo nelle
idee che circolano a proposito del sistema sanitario, dello sviluppo
tecnologico e delle banche per il progresso delle comunità. Non è un problema
di individuare i vincenti in un qualche tipo di competizione tecnologica ma
piuttosto si tratta di definire quell’insieme di bisogni che possono essere
soddisfatti con le tecnologie esistenti ma che richiedono delle organizzazioni
speciali che impiegando queste
tecnologie possano soddisfarli.
Ci potranno benissimo essere delle
sperimentazioni nel campo dell’imposizione fiscale. L’imposta progressiva sul
reddito è stata compromessa da Reagan. L’argomento che il reddito non deve
essere assoggettato a imposizione fiscale ma che piuttosto il consumo è una più
equa base per l’imposizione fiscale sta conseguendo un certo successo.
C’è da dubitare tuttavia che sussista
il coraggio politico per riconoscere che la logica dell’imposta sul consumo
richiede che il valore di mercato della locazione delle abitazioni occupate dai
proprietari deve entrare a far parte della base imponibile.
Comunque un sistema di imposizione
fiscale basato sui consumi per essere completo e logico dovrebbe nello stesso
tempo reintrodurre una significativa progressività e eliminare la confusione
relativa ai programmi pensionistici.
Come è stato accennato
precedentemente, le pensioni sono un problema politico a causa del sistema
statunitense caratterizzato da un sistema di sicurezza sociale statale
integrato da piani pensionistici privati, che sono sostenuti dal settore
pubblico attraverso il modo con il quale sono determinati i redditi imponibili
delle società e delle famiglie.
L’amministrazione Clinton sta
cercando, attraverso una serie di esperimenti, di scoprire il profilo di un
nuovo modello di capitalismo: io non ritengo che si tratti di un tentativo
cosciente, al momento. Ma man mano che uno dei tanti bisogni non soddisfatti
conduce a un altro, emergerà un nuovo modello che sarà una collaborazione tra
le istituzioni pubbliche e quelle private nello sviluppo delle risorse più
esplicita di qualunque altra abbiamo avuto sinora negli Stati Uniti
___
Note:
1 La House of Morgan svolse un ruolo centrale nella
risoluzione della crisi del 1907. Il Governo, attraverso la Reconstruction
Finance Corporation, sostenne il ruolo centrale nella risoluzione della crisi
del 1933.
2 Dobbiamo ricordare che Hitler divenne Cancelliere il
20 gennaio 1933. Sebbene Roosevelt fosse stato eletto nel novembre del 1932,
Hoover rimase in carica fino al mezzogiorno del 4 marzo 1933.
3 Un tempo lo slogan della ditta di sottoaceti e
ketchup Heinz era “57 varietà”. Quando negli Stati Uniti voglio evidenziare le
varietà del capitalismo spesso dico che ci sono tante varietà di capitalismo
quante le sono le varietà di sottoaceti della ditta Heinz”.
4 Il conferimento di capitale pubblico avvenne con
l’acquisto da parte del RFC di speciali azioni privilegiate emesse dalle
società. Il RFC non esitò a esercitare il suo potere e a rimuovere gli
amministratori che giudicò inadatti. Man mano che la ripresa prese piede, e le
banche, le ferrovie e le imprese ordinarie che erano state rifinanziate dal RFC
conseguirono dei profitti, esse acquistarono o ritirarono le azioni
privilegiate emesse. Si veda Jessie Jones “50 Billion Dollars”.
5 Si
vedano Hyman P. Minsky, “John Maynard Keynes”, Columbia University
Press, 1975, e “Stabilizing an Unstable Economy” Yale University Press,
1986.
6 In una moderna economia, i debiti delle famiglie e
dello Stato esistono e sono posseduti dalle istituzioni finanziarie e
direttamente dalle famiglie. Queste altre passività complicano i flussi di
cassa e creano circuiti che possono sia smorzare che amplificare l’effetto
della struttura dei debiti sull’andamento dell’economia.
7 C’è normalmente un guadagno in conto capitale in
questo spostamento della valutazione delle attività dal prezzo di acquisto dei
beni di investimento al valore attuale dei guadagni futuri.
8 La relazione tra il livello dei prezzi dei beni
capitali e il livello dei prezzi della produzione corrente, insieme ad altri
fattori, determina il volume della domanda aggregata e la domanda eccessiva o
insufficiente di forza lavoro ai salari correnti. La domanda di forza lavoro
eccessiva o insufficiente condizionerà l’andamento dei salari e così il livello
dei prezzi della produzione degli investimenti.
9 Da questo punto di vista l’intervento da parte di una
autorità che assicuri i depositi per garantire che i depositi effettuati presso
“istituzioni protette” siano rimborsati senza perdite è un compito della Banca
Centrale.
10 Questa garanzia del rimborso dei
debiti è stata chiamata salvataggio [bail out].
11
S. Jay and David Levy “How to Restore Long-Term Prosperity in the United States
and Overcome the Contained Depression of the 1990’s”, The Jerome Levy Economics
Institute, Annandale-on-Hudson, New York 12504
[FINE]
Il titolo di questo
saggio di Minsky avrebbe dovuto probabilmente essere "Finanza e
instabilità. I limiti del capitalismo" così come il titolo di uno dei suoi
più importanti libri è "Stabilizzare una economia instabile". :-)
Fior da fiore, il tuo blog, non lo ripeterò mai abbastanza, è un'antologia dell'intelligenza economica....anzi della razionalità tout court che appoggia noi "nani" sulle spalle dei giganti :-)
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