Corte dei Conti
La recessione della XVI legislatura nel confronto storico
Corte dei Conti.
(2013). Rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica. pp. 9-10
Pubblicazione
disponibile qui.
La recessione come strumento per imporre le riforme strutturali
[
A cura di Giorgio D.M. * ]
Nel 2012, la contrazione cumulata dal
PIL dall’anno di avvio della crisi [2007] ha avvicinato i 7 punti percentuali
(grafico 1).
Secondo le valutazioni espresse dal
Governo nel DEF 2013, in linea con le previsioni di consenso, la perdita di
prodotto reale è destinata a superare gli 8 punti alla fine dell’anno corrente
(-121 miliardi di euro);
se, come già proposto dalla Corte, il confronto viene
effettuato in termini dinamici, prendendo in considerazione il livello di ricchezza
[prodotta] al quale sarebbe potuta arrivare l’economia italiana qualora non
fosse esplosa la crisi [1.600 miliardi di euro nel 2013], la dimensione del vuoto di prodotto sale a 225 miliardi
([distanza nel 2013 tra la] curva superiore del grafico [e quella inferiore]);
nel 2017, a dieci anni dall’avvio della
recessione e sempre secondo le stime ufficiali, rimarrebbero ancora da
recuperare 3 punti di prodotto rispetto al 2007.
Queste cifre non trovano riscontro
nella storia economica italiana del secolo scorso.
Anche l’episodio degli anni Trenta,
il periodo della grande depressione, risulta ormai meno grave di quello odierno
(grafico 2).
I risultati del 2012 e gli andamenti
attesi per il 2013 rendono la contrazione del PIL più profonda di allora.
Netta è poi la differenza rispetto
alle principali recessioni del dopoguerra (197[4] e 1992)1, quando
il livello di partenza del PIL fu recuperato in un periodo massimo di 9
trimestri.
Più in generale, nello stesso arco di
tempo trascorso dall’avvio dell’attuale fase di contrazione (6 anni), il PIL
aveva già recuperato il valore iniziale negli anni Trenta ed era aumentato di
oltre 20 e di quasi 10 punti, rispettivamente, nel [1980] e nel [1998].
Al di là degli aspetti di confronto
quantitativo, il richiamo agli episodi recessivi del 197[4] e [del] 1992 consente di
evidenziare la peculiarità della situazione odierna per quel che riguarda la
condotta delle politiche economiche.
Negli anni Settanta, tanto la leva
monetaria quanto quella del bilancio pubblico vennero orientate in senso
espansivo, contribuendo alla rapida uscita dalla recessione, pur al costo di
una forte accelerazione della dinamica inflazionistica.
Negli anni Novanta, quando gli
obiettivi della stabilità dei prezzi e del bilancio pubblico erano ormai
incorporati nella funzione di preferenza del policy maker, la politica
monetaria mantenne un atteggiamento neutrale, mentre dal lato fiscale operò una
consistente restrizione (la famosa manovra da novanta miliardi).
Il superamento della fase recessiva
fu allora favorito dalla svalutazione della Lira, che permise di compensare
attraverso l’espansione della domanda estera la caduta dei consumi interni.
Oggi la politica economica
italiana si ritrova priva di strumenti di breve periodo, atti a stabilizzare il
ciclo economico: la leva monetaria è orientata in senso espansivo a livello
europeo, ma gli effetti tardano a materializzarsi in Italia e negli altri paesi
colpiti dalla crisi del debito sovrano; la politica di bilancio è
fortemente restrittiva; la via della svalutazione del cambio è preclusa.
________
1 Per una recente identificazione dei maggiori episodi
recessivi italiani vedi A Bassanetti e altri, “Le principali recessioni
italiane: un confronto retrospettivo “Politica economica”, luglio/settembre 2010/2011.
[FINE]
* La barratura di parte del testo è mia.
Ho rielaborato l'aspetto dei grafici. Il testo che ho modificato rispetto all'originale o aggiunto è indicato tra parentesi quadrate.
Nessun commento:
Posta un commento