mercoledì 23 aprile 2014

La falsa unione bancaria europea




Philippe Legrain

Europe’s Bogus Banking Union   

Project Syndicate, 8 aprile 2014.
Pubblicazione disponibile qui



La falsa unione bancaria europea

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]  



Dopo una sessione di negoziati protrattasi per ben 16 ore e terminata il 20 marzo, politici, tecnocrati e giornalisti sono stati tutti ansiosi di dichiarare un successo l’accordo sull’ultima parte dell’unione bancaria europea.
Ma le apparenze ingannano.
Se anche la “unione bancaria” potrà presto esistere sulla carta, in pratica è probabile che il sistema bancario della zona euro rimarrà frammentato lungo i confini nazionali e diviso tra un “centro” [core] dell’Europa del Nord, nel quale gli Stati continueranno a sostenere le banche locali, e una “periferia” [periphery] dell’Europa del Sud, nella quale gli Stati hanno finito i soldi.

Si ripensi al giugno del 2012.
Le banche spagnole sull’orlo del fallimento minacciavano di trascinare a fondo lo Stato spagnolo, come quelle irlandesi avevano fatto con lo Stato irlandese diciotto mesi prima, e il panico si diffondeva nella zona euro.
I leader dell’Unione Europea decisero di spezzare il legame tra banche deboli e Stati privi di liquidità.
Una unione bancaria europea avrebbe dovuto trasferire la responsabilità di affrontare il problema delle banche sull’orlo del fallimento al livello della zona euro - in modo simile a quanto avviene negli Stati Uniti dove il problema delle banche in difficoltà in Florida, ad esempio, è gestito dalle autorità federali che hanno il potere di coinvolgere nel salvataggio gli obbligazionisti delle banche, di iniettare capitali pubblici e di chiudere le istituzioni finanziarie.

Un mese più tardi però la Banca Centrale Europea intervenne per porre fine al panico.
L’intervento della BCE salvò l’euro ma tolse anche la pressione esistente sulla Germania affinché cedesse il controllo sulle sue banche in difficoltà.
Da allora il governo tedesco ha utilizzato tutta la sua influenza per snaturare l’unione bancaria proposta, e tutto quello che oggi rimane di essa è un guscio vuoto che serve giusto a salvare le apparenze.  

In primo luogo, l’unione bancaria non riguarderà le enormi perdite accumulate nel corso dell’attuale crisi.
La Banca Centrale Europea inizierà a vigilare direttamente sulle banche maggiori della zona euro in novembre (il primo passo dell’unione bancaria) e sta oggi valutando la solidità dei loro bilanci.
Se l’esercizio [l’esame della qualità degli attivi delle banche o asset quality review] sarà condotto correttamente - ed è un grande se - le banche giudicate valide ma dotate di un capitale insufficiente saranno costrette a raccogliere capitale addizionale, dagli obbligazionisti se necessario, mentre le banche giudicate non valide saranno poste in liquidazione.

Le norme dell’Unione Europea in materia di risoluzione delle banche nazionali non saranno però ancora entrate in vigore mentre il meccanismo unico di risoluzione [single resolution mechanism] sarà avviato solo nel 2015.
Così le banche dell’Europa del Nord, che sono ancora sostenute da governi solvibili, verranno trattate in modo diverso rispetto alle banche dell’Europa del Sud nella quale gli Stati sono a corto di denaro: la Germania può permettersi di salvare le sue banche; l'Italia non può.

Più probabilmente, la Banca Centrale Europea eviterà di condurre rigorosamente l’esercizio, per il timore di innescare di nuovo la crisi finanziaria e per le pressioni esercitate dai governi nazionali.
Saranno scelti i paesi piccoli per far sembrare che l’esercizio sia stato eseguito duramente, ma i problemi maggiori saranno nascosti sotto il tappeto: le banche tedesche sono già riuscite a sottrarre molti dei loro attivi [cioè sostanzialmente molti dei crediti concessi] alla valutazione.

Un argomento portato a sostegno dell’idea di rendere la Banca Centrale Europea il cane da guardia delle banche della zona euro è stato quello secondo il quale essa sarebbe stata meno catturata dalle banche rispetto alle autorità di vigilanza nazionali.
Il comportamento della BCE durante la crisi però suggerisce il contrario.
La Banca Centrale Europea ha ripetutamente dato la priorità agli interessi delle banche dei paesi del "centro" e si è dimostrata più duttile alla pressione politica esercitata da Berlino e Parigi piuttosto che da Madrid o Roma, per non parlare di Dublino o Atene.

Anche quando la nuova struttura dell’unione bancaria sarà pienamente attiva essa sarà piena di buchi.
Su insistenza della Germania, la Banca Centrale Europea vigilerà solo sulle circa 130 maggiori banche della zona euro.
In questo modo le minori Ländesbanken (banche regionali di proprietà statale), molte delle quali hanno preso decisioni creditizie spettacolarmente pessime negli anni della bolla immobiliare negli Stati Uniti, e le Sparkassen (casse di risparmio minori) saranno lasciate nelle mani dei politici locali e sottoposte alla docile vigilanza finanziaria della Germania.

L’argomento secondo il quale i piccoli istituti di credito non rappresentano una minaccia sistemica è falso: si considerino le cajas [casse di risparmio] spagnole.
In ogni caso, non ci sarà parità di condizioni.

Soprattutto, il meccanismo unico di risoluzione è un miraggio, perché i governi nazionali mantengono un diritto di veto sulla decisione di chiudere una qualsiasi banca.
Il meccanismo è stato deliberatamente reso complesso sino al punto di renderlo inapplicabile; è inconcepibile che una banca possa essere liquidata in un fine settimana per evitare il panico del mercato.
E i fondi collettivi che alla fine saranno a disposizione di questo meccanismo sono scarsi: solo 55 miliardi di euro.

In pratica, quindi, il salvataggio delle banche rimarrà compito dei governi nazionali, ciascuno dei quali è catturato dalle “sue” banche ma la cui capacità di intervenire in loro aiuto è molto diversa: le banche francesi e tedesche saranno salvate; le banche cipriote no.
Per aumentare le loro probabilità di essere salvate, le banche della periferia della zona euro senza dubbio si indebiteranno il più possibile con le banche legate al potere politico e con gli investitori dei paesi del centro della zona euro.
Così i contribuenti di ciascun paese si dovranno ancora accollare le perdite dei banchieri.

Il risultato è che la zona euro nel complesso si trova probabilmente ad affrontare un sistema bancario zombie, con solo sporadici tentativi di ristrutturare le banche con decisione e in modo equo.
Ancora peggio, aumenterà il divario tra il Nord e il Sud Europa, tra il centro e la periferia della zona euro, con banche sostenute dai contribuenti da un lato e banche che si devono arrangiare dall’altro.

Questo è un punto a favore dei contribuenti in difficoltà dell’Europa del Sud, ma implica che nel prossimo futuro anche le banche solide [della periferia] potranno dover sopportare dei costi di finanziamento più elevati rispetto alle banche dubbie dell’Europa del Nord.
Le imprese dell’Europa meridionale dovranno quindi fare fronte a dei costi di finanziamento maggiori rispetto alle imprese dell’Europa settentrionale, che ne ostacoleranno la crescita.

La falsa unione bancaria è così una ricetta per approfondire la divisione economica e politica della zona euro.


[FINE]



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