Philippe
Legrain
Europe’s Bogus
Banking Union
Project Syndicate, 8
aprile 2014.
Pubblicazione
disponibile qui.
La falsa unione bancaria europea
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
Dopo una sessione di negoziati protrattasi
per ben 16 ore e terminata il 20 marzo, politici, tecnocrati e giornalisti sono
stati tutti ansiosi di dichiarare un successo l’accordo sull’ultima parte
dell’unione bancaria europea.
Ma le apparenze ingannano.
Se anche la “unione bancaria” potrà
presto esistere sulla carta, in pratica è probabile che il sistema bancario
della zona euro rimarrà frammentato lungo i confini nazionali e diviso tra un
“centro” [core] dell’Europa del Nord, nel quale gli Stati continueranno a sostenere le
banche locali, e una “periferia” [periphery] dell’Europa del Sud, nella quale gli Stati
hanno finito i soldi.
Si ripensi al giugno del 2012.
Le banche spagnole sull’orlo del
fallimento minacciavano di trascinare a fondo lo Stato spagnolo, come quelle
irlandesi avevano fatto con lo Stato irlandese diciotto mesi prima, e il panico
si diffondeva nella zona euro.
I leader dell’Unione Europea decisero
di spezzare il legame tra banche deboli e Stati privi di liquidità.
Una unione bancaria europea avrebbe dovuto trasferire
la responsabilità di affrontare il problema delle banche sull’orlo del
fallimento al livello della zona euro - in modo simile a quanto avviene negli
Stati Uniti dove il problema delle banche in difficoltà in Florida, ad esempio,
è gestito dalle autorità federali che hanno il potere di coinvolgere nel
salvataggio gli obbligazionisti delle banche, di iniettare capitali pubblici e
di chiudere le istituzioni finanziarie.
Un mese più tardi però la Banca
Centrale Europea intervenne per porre fine al panico.
L’intervento della BCE salvò l’euro ma tolse anche la pressione esistente sulla Germania
affinché cedesse il controllo sulle sue banche in difficoltà.
Da allora il governo tedesco ha
utilizzato tutta la sua influenza per snaturare l’unione bancaria proposta, e
tutto quello che oggi rimane di essa è un guscio vuoto che serve giusto a
salvare le apparenze.
In primo luogo, l’unione bancaria non
riguarderà le enormi perdite accumulate nel corso dell’attuale crisi.
La Banca Centrale Europea inizierà a vigilare
direttamente sulle banche maggiori della zona euro in novembre (il primo passo
dell’unione bancaria) e sta oggi valutando la solidità dei loro bilanci.
Se l’esercizio [l’esame della qualità degli attivi delle banche o asset quality review] sarà condotto correttamente - ed è un grande se - le banche giudicate valide
ma dotate di un capitale insufficiente saranno costrette a raccogliere capitale
addizionale, dagli obbligazionisti se necessario, mentre le banche giudicate
non valide saranno poste in liquidazione.
Le norme dell’Unione Europea in
materia di risoluzione delle banche nazionali non saranno però ancora entrate in
vigore mentre il meccanismo unico di risoluzione [single resolution mechanism]
sarà avviato solo nel 2015.
Così le banche dell’Europa del Nord,
che sono ancora sostenute da governi solvibili, verranno trattate in modo
diverso rispetto alle banche dell’Europa del Sud nella quale gli Stati sono a
corto di denaro: la Germania può permettersi di salvare le sue banche; l'Italia
non può.
Più probabilmente, la Banca Centrale
Europea eviterà di condurre rigorosamente l’esercizio, per il timore di innescare
di nuovo la crisi finanziaria e per le pressioni esercitate dai governi
nazionali.
Saranno scelti i paesi piccoli per
far sembrare che l’esercizio sia stato eseguito duramente, ma i problemi maggiori
saranno nascosti sotto il tappeto: le banche tedesche sono già riuscite a
sottrarre molti dei loro attivi [cioè sostanzialmente molti dei crediti
concessi] alla valutazione.
Un argomento portato a sostegno dell’idea
di rendere la Banca Centrale Europea il cane da guardia delle banche della zona
euro è stato quello secondo il quale essa sarebbe stata meno catturata dalle
banche rispetto alle autorità di vigilanza nazionali.
Il comportamento della BCE durante la
crisi però suggerisce il contrario.
La Banca Centrale Europea ha
ripetutamente dato la priorità agli interessi delle banche dei paesi del "centro"
e si è dimostrata più duttile alla pressione politica esercitata da Berlino e
Parigi piuttosto che da Madrid o Roma, per non parlare di Dublino o Atene.
Anche quando la nuova struttura dell’unione
bancaria sarà pienamente attiva essa sarà piena di buchi.
Su insistenza della Germania, la Banca
Centrale Europea vigilerà solo sulle circa 130 maggiori banche della zona euro.
In questo modo le minori Ländesbanken (banche regionali di
proprietà statale), molte delle quali hanno preso decisioni creditizie
spettacolarmente pessime negli anni della bolla immobiliare negli Stati Uniti,
e le Sparkassen (casse di risparmio
minori) saranno lasciate nelle mani dei politici locali e sottoposte alla
docile vigilanza finanziaria della Germania.
L’argomento secondo il quale i
piccoli istituti di credito non rappresentano una minaccia sistemica è falso:
si considerino le cajas [casse di risparmio] spagnole.
In ogni caso, non ci sarà parità di
condizioni.
Soprattutto, il meccanismo unico di
risoluzione è un miraggio, perché i governi nazionali mantengono un diritto di
veto sulla decisione di chiudere una qualsiasi banca.
Il meccanismo è stato deliberatamente
reso complesso sino al punto di renderlo inapplicabile; è inconcepibile che una
banca possa essere liquidata in un fine settimana per evitare il panico del
mercato.
E i fondi collettivi che alla fine
saranno a disposizione di questo meccanismo sono scarsi: solo 55 miliardi di
euro.
In pratica, quindi, il salvataggio
delle banche rimarrà compito dei governi nazionali, ciascuno dei quali è
catturato dalle “sue” banche ma la cui capacità di intervenire in loro aiuto è
molto diversa: le banche francesi e tedesche saranno salvate; le banche
cipriote no.
Per aumentare le loro probabilità di
essere salvate, le banche della periferia della zona euro senza dubbio si
indebiteranno il più possibile con le banche legate al potere politico e con
gli investitori dei paesi del centro della zona euro.
Così i contribuenti di ciascun paese si
dovranno ancora accollare le perdite dei banchieri.
Il risultato è che la zona euro nel
complesso si trova probabilmente ad affrontare un sistema bancario zombie, con
solo sporadici tentativi di ristrutturare le banche con decisione e in modo
equo.
Ancora peggio, aumenterà il divario
tra il Nord e il Sud Europa, tra il centro e la periferia della zona euro, con
banche sostenute dai contribuenti da un lato e banche che si devono arrangiare
dall’altro.
Questo è un punto a favore dei
contribuenti in difficoltà dell’Europa del Sud, ma implica che nel prossimo
futuro anche le banche solide [della periferia] potranno dover sopportare dei
costi di finanziamento più elevati rispetto alle banche dubbie dell’Europa del
Nord.
Le imprese dell’Europa meridionale
dovranno quindi fare fronte a dei costi di finanziamento maggiori rispetto alle
imprese dell’Europa settentrionale, che ne ostacoleranno la crescita.
La falsa unione bancaria è così una
ricetta per approfondire la divisione economica e politica della zona euro.
[FINE]
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