Hyman P. Minsky
The Debt Deflation Theory of Great Depressions
20 aprile 1994, Testo preparato
per l’Encyclopedia of Business Cycles.
Pubblicazione
disponibile qui.
La teoria delle grandi depressioni come effetto del debito e della deflazione
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
La teoria delle grandi depressioni
come effetto del debito e della deflazione ha sia aspetti empirici che aspetti
teorici.
L’aspetto empirico immediatamente
osservabile è che con il passare del tempo le economie capitaliste mostrano
condizioni di inflazione e di debito e deflazione [debt deflations] che possono
andare fuori controllo. [1]
In questi processi le reazioni del
sistema economico a un movimento dell’economia amplificano il movimento – l’inflazione
alimenta l’inflazione, e la deflazione e i debiti alimentano la deflazione e i
debiti.
Questi episodi storici costituiscono
l’evidenza a sostegno dell’idea che l’economia capitalista non sempre si
conformi ai precetti stabiliti da Smith e Walras secondo i quali le economie di
mercato sono sistemi che si muovono verso l’equilibrio e che lo mantengono.
In alcune delle crisi verificatesi
nella storia, gli interventi del governo diretti a contenere l’inflazione e il
debito e la deflazione sono stati errati [inept].
L’errore [ineptness] è la conseguenza
che ci si deve aspettare se si impiega come base per l’intervento una teoria
economica che non contempla il comportamento non tendente all’equilibrio dei
mercati [non-equilibrating behavior of markets].
The Debt Deflation Theory of Great Depressions [2] di Irving Fisher è la classica
descrizione di un processo generato dal debito e dalla deflazione, e Maniacs, Panics and Crashes [3] di
Charles Kindleberger descrive gli stadi attraverso i quali avvengono processi
tendenti verso il disequilibrio che si rinforzano da sé [self sustaining
disequilibratng processes]. Financial
Crises [4] di Martin Wolfson esamina diverse teorie del ciclo economico
basate sulle crisi finanziarie e offre una raccolta di dati sull’emergere di
relazioni finanziarie che conducono all’instabilità finanziaria.
La teoria di Fisher basata sul debito
e sulla deflazione descriveva le interazioni che si verificano in una
condizione di debito e deflazione, non era una teoria di come le azioni dei
banchieri, degli uomini d’affari e delle famiglie come possessori e gestori di
portafogli avviano il processo.
Fisher enfatizzava il sovra-indebitamento
come la condizione iniziale per una depressione causata dal debito e dalla deflazione,
senza spiegare come questa condizione iniziale si generi, quale sia una misura
di un indebitamento eccessivo e dove sia l’eccesso di debito.
Albert G. Hart, in The Twentieth Century Fund’s, Debts and
Recovery, raccoglie l’evidenza del fatto che il sovra-indebitamento agì
come un ostacolo a una completa ripresa dalle profondità della grande
recessione degli anni 1929-1933. [5]
La teoria di Fisher era espressa in
termini pre-keynesiani. Essa assumeva con disinvoltura che la teoria
quantitativa della moneta fosse valida. Hyman Minsky ha riformulato la teoria
di Fisher, basata sul debito e la deflazione, in un moderno linguaggio
post-keynesiano. [6]
L’interpretazione di Minsky non
dipende dall’assunzione di uno stretto legame, meccanico, tra l’offerta di
moneta e i salari e i prezzi: la moneta è più direttamente legata ai prezzi
delle attività che ai prezzi della produzione o dei salari nominali.
Nella sua interpretazione basata
sulla instabilità finanziaria della teoria keynesiana, Minsky ha sviluppato una
teoria che integra strettamente la struttura delle passività [liabilities
structures] con il comportamento del sistema [system behavior].
Questo ha colmato la lacuna nella interpretazione
di Fisher delle grandi depressioni come effetto del debito e della deflazione:
la teoria delle grandi depressioni come effetto del debito e della deflazione di
Fisher è un caso particolare della ipotesi della instabilità finanziaria [financial
instability hypothesis] di Keynes e Minsky.
Come teoria economica, l’ipotesi
della instabilità finanziaria è una interpretazione della General Theory of Employment, Interest and Money di Keynes [7,8].
La teoria dell’ipotesi della
instabilità finanziaria parte dalla caratterizzazione dell’economia come una
economia capitalista con costosi beni capitali [capital assets] e un complesso
e sofisticato sistema finanziario.
Seguendo Keynes, il problema
economico è identificato come lo “sviluppo del capitale dell’economia” [capital
development of the economy] anziché come “l’allocazione di date risorse tra
impieghi alternativi” [allocation of given resources among alternative
employments] di Knight.
L’attenzione è posta su di una economia
capitalista che accumula capitale muovendosi nel tempo reale [an accumulating capitalist
economy that moves through real calender time].
Lo sviluppo del capitale di una
economia capitalista è accompagnato dagli scambi di denaro nel presente in
cambio di denaro nel futuro [exchanges of present money for future money] e dall’ampia
accettazione delle passività correnti [contingent liabilities], specialmente da
parte del sistema finanziario.
Il denaro nel presente paga per la
produzione di beni di investimento, mentre il denaro nel futuro è costituito
dai “profitti” che si accumuleranno quando i beni capitali saranno impiegati
nella produzione: le passività correnti delle istituzioni finanziarie conducono
a una accettazione degli strumenti rappresentanti passività maggiore di quella
che si avrebbe altrimenti.
In una economia capitalista le
passività, che sono impegni a pagare denaro a date specificate o al verificarsi
di determinate condizioni, finanziano il controllo sullo stock di capitale.
Per ogni unità economica le passività
presenti nel suo bilancio determinano una serie temporale di impegni di
pagamento assunti a date determinate o al verificarsi di determinate condizioni,
anche se i beni capitali generano una serie temporale di flussi di cassa in
entrata solo congetturati.
Perciò in una economia capitalista il
passato, il presente e il futuro sono collegati non solo dalle caratteristiche
dei suoi beni capitali e della sua forza lavoro ma anche dalle relazioni
finanziarie.
Le relazioni finanziarie principali collegano
la creazione e il possesso dei beni capitali con la struttura delle relazioni
finanziarie e con i cambiamenti in questa struttura.
La complessità istituzionale si
manifesta nei diversi strati di intermediazione tra gli effettivi possessori
della ricchezza della società e le unità che controllano e gestiscono la ricchezza
della società.
Le aspettative riguardanti i profitti
che le imprese possono conseguire determinano sia il flusso dei contratti di
finanziamento [financing contracts] delle imprese che il prezzo di mercato dei
contratti di finanziamento esistenti.
La realizzazione dei profitti da
parte delle imprese determina se gli impegni assunti nei contratti di
finanziamento sono soddisfatti oppure no, e se le attività finanziarie danno i
risultati indicati nei documenti esaminati nel corso delle negoziazioni [tra le
imprese e le istituzioni finanziarie] oppure no.
Nel mondo moderno l’analisi delle
relazioni finanziarie e delle loro implicazioni per il comportamento del sistema
non può essere ristretta alla struttura delle passività delle imprese e ai
flussi di cassa che esse comportano.
Le famiglie possono indebitarsi per
acquistare automobili e case, con le carte di credito e possono acquistare
attività finanziarie. I governi hanno ampi debiti, sia a breve che a lunga
scadenza [floating and funded debts].
A causa dell’internazionalizzazione
della finanza la bilancia commerciale di una economia è collegata con la
necessità di validare gli impegni di pagamento.
Una caratteristica dominante delle
moderne economie capitaliste è la struttura delle passività che può essere validata
o non validata dai risultati correnti e dai risultati futuri attesi dell’economia.
Una crescente complessità della
struttura finanziaria e un maggiore coinvolgimento dei governi nella veste di
rifinanziatori sia delle istituzioni finanziarie che delle normali imprese,
entrambe caratteristiche marcate del mondo moderno, possono rendere il
comportamento attuale del sistema diverso da quello tipico dei periodi passati.
In particolare, la molto maggiore
partecipazione dei governi nazionali nell’assicurare che la finanza non degeneri
come nel periodo degli anni 1929-1933 significa che la vulnerabilità verso
il basso dei flussi di profitto aggregato è stata molto ridotta.
Tuttavia, gli stessi interventi
possono bene indurre un maggior grado di distorsione verso l’alto, cioè inflazionistica,
all’economia.
Nonostante la maggiore complessità
delle attuali relazioni finanziarie rispetto al passato, la determinante
principale del comportamento del sistema rimane il livello dei profitti.
La teoria delle grandi depressioni
come effetto del debito e della deflazione così come la più generale ipotesi
della instabilità finanziaria incorporano la visione di Kalecki e Levy dei
profitti [9], secondo la quale la struttura della domanda aggregata determina i
profitti.
Nel modello più semplice, con un
comportamento di consumo estremamente semplificato da parte dei percettori di
profitti e salari, in ogni periodo i profitti aggregati sono pari agli
investimenti aggregati.
In un modello più complicato, ma
ancora molto astratto, i profitti aggregati sono pari alla somma degli
investimenti aggregati e del disavanzo pubblico.
Dato che le aspettative di profitti
dipendono degli investimenti che saranno realizzati nel futuro e i profitti
realizzati dipendono dagli investimenti, che le passività siano validate oppure
no dipende dagli investimenti.
Gli investimenti hanno luogo oggi
perché gli uomini d’affari e i loro banchieri si aspettano che investimenti
avranno luogo nel futuro.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria perciò è una teoria dell’impatto del debito sul comportamento del
sistema e del modo in cui il debito è validato.
In contrasto con la teoria
quantitativa della moneta ortodossa, l’ipotesi della instabilità finanziaria
prende sul serio l’attività bancaria come una attività che mira al
conseguimento di profitti.
Le banche ricercano il profitto
finanziando le attività e i banchieri, come tutti gli imprenditori in una
economia capitalista, sono consapevoli dal fatto che l’innovazione assicura
profitti.
Così i banchieri, utilizzando questo
termine in modo generale per indicare tutti gli intermediari finanziari, sia
che siano mediatori o rivenditori [broker or dealers], sono mercanti del debito
che si sforzano di introdurre delle innovazioni nelle attività che acquistano e
nelle passività che vendono.
Questa caratteristica innovativa dell’attività
bancaria e finanziaria invalida l’assunzione fondamentale della teoria
quantitativa della moneta ortodossa che esista qualcosa come una immutabile “moneta”
la cui velocità di circolazione sia così sufficientemente vicina all’essere costante
che cambiamenti dell’offerta di questa moneta siano legati con una relazione
lineare proporzionale a un ben definito livello dei prezzi.
Possono essere individuate tre
relazioni tra il reddito e il debito [income-debt relations] per le unità
economiche, che sono indicate come coperta, speculativa, e finanza Ponzi.
Le unità con una posizione
finanziaria coperta [hedge financing units] sono quelle unità che possono
soddisfare tutte le loro obbligazioni contrattuali di pagamento con i loro
flussi di cassa: maggiore è il peso del finanziamento con capitale proprio [equity
financing] nella struttura finanziaria di una unità e maggiore è la probabilità
che sia una unità con una posizione finanziaria coperta.
Le unità con una posizione
finanziaria speculativa [speculative financing units] sono quelle unità che
possono soddisfare i loro impegni di pagamento sulle loro passività nel conto
economico [on income account] anche se non possono rimborsare il capitale preso
in prestito con i loro flussi di cassa in entrata.
Queste unità devono rinnovare [roll over]
le loro passività: devono emettere nuovo debito per poter rimborsare il debito
giunto a scadenza. I governi con debiti a breve termine, le società per azioni
con obbligazioni a breve scadenza, e le banche sono tipicamente unità con una
posizione finanziaria speculativa.
Per le unità con una posizione
finanziaria Ponzi i flussi di cassa derivanti dall’attività non sono
sufficienti né per il pagamento del capitale preso in prestito né per il
pagamento degli interessi sul debito esistente.
Queste unità possono o vendere le
attività che possiedono o indebitarsi. Indebitarsi per pagare gli interessi o
vendere le attività per pagare gli interessi e anche i dividendi alle azioni
comuni diminuisce il capitale proprio di una unità anche se incrementa le
passività e l’impegno già deciso dei futuri redditi.
Una unità con una posizione
finanziaria Ponzi riduce il margine di sicurezza che offre ai detentori dei
suoi debiti.
Si può mostrare che se la posizione
finanziaria coperta domina allora l’economia può ben essere un sistema che
tende verso l’equilibrio e che lo conserva e che maggiore è il peso delle
posizioni finanziarie speculative e Ponzi e maggiore è la probabilità che l’economia
sia un sistema che amplifica le deviazioni [dall’equilibrio].
Il primo teorema della ipotesi della
instabilità finanziaria è che l’economia possiede regimi finanziari nei quali è
stabile e regimi finanziari nei quali è instabile
Il secondo teorema della ipotesi
della instabilità finanziaria è che nel corso dei periodi di prolungata
prosperità l’economia passa dalle relazioni finanziarie che la rendono un
sistema stabile alle relazioni finanziarie che la rendono un sistema instabile:
il debito e la deflazione e il sovra-indebitamento sono le naturali conseguenze
del modo in cui le disposizioni nei confronti del rischio sono influenzate da
una serie di successi in un mondo nel quale le proprietà evolutive del sistema
rendono non chiaro se il mondo continui a comportarsi ora come si comportava
nel passato.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria è un modello di una economia capitalista che non si basa su shock
esogeni per la generazione di cicli economici di severità variabili: l’ipotesi
afferma che i cicli economici della storia sono il risultato congiunto delle
dinamiche interne delle economie capitaliste e del sistema di interventi e
regolazioni che sono progettati per mantenere l’attività economica all’interno
di confini ragionevoli.
Come tale, l’ipotesi della
instabilità finanziaria incorpora la teoria delle grandi deflazioni come
effetto del debito e della deflazione come una parte del processo interattivo
che caratterizza una moderna economia capitalista.
__________
[1]
L’esperienza
dell’economia statunitense negli anni 1988-1992 può essere interpretata come una
condizione di debito e deflazione stroncata sul nascere nella quale il
salvataggio dei depositanti delle Savings and Loan e delle banche dapprima da
parte dei Deposit Insurance Funds [fondi per l’assicurazione dei depositi] e
poi da parte del Federal Treasury [Tesoro Federale] prevenirono il
trasferimento delle perdite delle istituzioni finanziarie sui portafogli da
esse posseduti ai detentori delle passività di queste istituzioni.
[2]
Fisher,
Irving. 1933. “The Debt Deflation Theory of Great Depressions.” Econometrica 1:337-57
[3]
Kindleberger,
Charles. 1978. Manias, Panics and Crashes
New Tork Basic Books
[4]
Wolfson,
Martin H. 1986. Financial Crises. Armonk
New York, M.E. Scarpe Inc.
[5]
The Twentieth Century Fund, Debts and
Recovery 1937. Albert
G. Hart è indicato come “ [sic]
[6]
Hyman
P. Minsky. 1982. “Debt Deflation Processes in Today’s Institutional Environment”,
Banca Nazionale del Lavoro Quarterly
Review, Number 143 (December 1982)
[7]
Keynes,
John Maynard. 1936. The General Theory of
Employment, Interest and Money. New York: Harcourt Brace.
[8]
L’ipotesi
della instabilità finanziaria si basa anche sulla visione della moneta e della
finanza come credito esposta da Joseph Schumpeter in The Theory of Economic Development, specialmente nel capitolo 3.
Schumpeter, Joseph A, 1934 The Theory of Economic Development.
Cambridge, Mass.Harvard University Press
[9]
Kalecki,
Michal. 1965. Theory of Economic Dynamics.
London: Allen and Unwin
Levy S. Jay and David A. Profits and the Future of American Society.
New York, Harper and Row.
Minsky, Hyman P. 1986. Op. cit.
[FINE]
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