Antonio Gramsci
Cadaveri e idioti
Avanti!,
17 gennaio 1917, edizione torinese.
Ripubblicato
in Antonio Gramsci, Sotto la Mole 1916-1920, Giulio Einaudi editore, Torino
1971, pp. 281-282.
Cadaveri e idioti
E’ corsa voce – ed è certo uno
scherzo malizioso, ma uno scherzo significativo – che la Sezione torinese del
partito [socialista] abbia stabilito nei giorni scorsi di non ammettere d’ora
in poi soci che abbiano superato ne’ loro studi la terza elementare.
Il «Corriere della Sera» si diverte a
incrociare su questo spunto le solite spiritose frasi che piacciono tanto ai
suoi lettori, anche quando se le son sentite ripetere per la centesima volta.
Socialisti: idioti e nefandi;
socialisti: proletari dell’intelligenza; socialisti: protozoi che si rivoltano
alla superiore specie dei mammiferi; socialismo: manovali contro intellettuali;
socialismo: analfabeti di tutto il mondo unitevi, perinde ac idiotus (come un solo idiota, traduzione ad uso dei nostri
soci).
Pesiamo le parole.
Idiota: parola nobilissima di origine
greca. Idiota significa prima di tutto soldato semplice, soldato che non ha
nessun gallone. Significa in seguito: chi pensa con la propria testa, chi è
proprio, chi non si è ancora assoggettato alla disciplina sociale vigente.
Quando questa mancanza di disciplina all’ordinamento
sociale diventa una colpa, la parola incomincia ad assumere un significato
offensivo. Ma in sé e per sé non racchiude nessuna offesa. Ha un significato
sociale, non individuale. Idiota è chi è diverso, chi pensa e parla
diversamente dalla maggioranza. Idiotismo è la parola o il modo di dire proprio
di una regione, e non usato nella lingua letteraria o nazionale. Idiota,
insomma, corrisponde a refrattario, per ciò che riguarda le relazioni sociali.
Nefando: parola altrettanto nobile,
di origine latina. Significa: chi parla come la divinità ha proibito di
parlare, chi fa affermazioni proibite dalla legge.
Due parole che hanno un valore
prettamente democratico dal punto di vista sociale. Due parole che hanno
acquistato un valore offensivo quando la società, la legge, la disciplina
sociale erano fondate sul principio divino, su una mistica concezione del
destino che presiede all’accadimento dei fatti umani.
Idioti e nefandi erano pertanto
quelli che non credevano all’efficacia taumaturgica delle frasi fatte, dell’«Iddio
l’ha detto», del «la patria lo vuole», del «le leggi imperscrutabili che
guidano l’umanità dicono», ecc. [1], e pertanto operavano e parlavano con la
loro testa, sbagliando talvolta senza dubbio, ma pronti a riconoscere lo sbaglio
e a correggerlo, lieti se riuscivano a raggiungere un fine anche minuscolo,
purché, anche nella sua piccolezza, fosse raggiunto con mezzi loro propri, fosse figlio delle loro opere e
non della loro supina obbedienza alla volontà degli altri.
Idioti e nefandi: parole classiche
che esprimono l’indipendenza di un piccolo gruppo di fronte alla collettività,
di un individuo rispetto all’ambiente in cui vive.
Che si contrappongono al cadaver dei gesuiti,
al «credo quantunque sia assurdo, anzi appunto perché assurdo» [credo quia absurdum], all’ipse dixit (l’ho detto…, e basta,
traduzione per i nostri soci) [2] e a tutte le altre formule del pecorile
asservimento alla verità rivelata, alla legge, voce di Dio, allo Stato, mistica
disciplina per la realizzazione della volontà di Dio sulla terra.
Intellettuali, sì, quando
intellettuale vuol dire intelligente, e non tiranno per grazia del titolo di
studi; seguire gli intellettuali, sì, quando seguirli vuol dire ritrovar in
loro meglio chiariti, più logicamente costruiti quei concetti e quei veri che
ognuno sente in sé ancora indistinti.
Ma non si vuol sacrificare l’intelligenza
all’intelletto, l’indipendenza e la libertà propria all’intelletto degli altri.
Quando si proverà che non avere
titoli di studi voglia dire essere stupidi, che non essere pecorinamente
schiavi voglia dire essere delinquenti, allora ci copriremo i capelli di cenere
e ci batteremo il petto.
Finora siamo persuasi che stupidi e cretini
siano colo coloro che dànno alle parole quel significato che esse avrebbero se
si riferissero a loro stessi.
Noi siamo più classici di loro, e ce
ne troviamo bene.
[FINE]
[1]
Il
“lo chiede l’Europa”, ad esempio, non era ancora stato inventato.
[2]
In
realtà ipse dixit è “l’ha detto lui”:
l’ha detto Aristotele, l’ha detto Tommaso d’Aquino, l’ha detto Marx, …, l’ha
detto Napolitano, l’ha detto Monti, l’ha detto Renzi. Il climax recentemente è decisamente discendente: è un anticlimax.
Come sempre, il ringraziamento all'opera di Giorgio D.M. che dona perle da raccogliere.
RispondiEliminaUn abbraccio
Grazie Poggio, perle per noi PIIGS. ;)
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