Beniamino Andreatta
Il divorzio tra Tesoro e Bankitalia e la lite
delle comari
Il Sole 24 Ore, 26
luglio 1991.
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.
Il colpo di Stato riuscito. Il divorzio tra il
Tesoro e la Banca d’Italia nelle parole dei congiurati - Andreatta
Con l'asta dei BoT del luglio 1981
iniziava, dieci anni fa, un nuovo regime di politica monetaria.
Si inaugurava, infatti, il cosiddetto
"divorzio" fra Tesoro e Banca d'Italia: una "separazione dei
beni" che esimeva la seconda dal garantire in asta il collocamento integrale
dei titoli offerti dal primo.
Oggi la "separatezza" fra i
poteri esecutivo, legislativo e monetario è chiamata a test ancora più
impegnativi, con gli impegni prossimi venturi in tema di unione monetaria e di vincoli
al finanziamento e alla misura stessa del deficit di bilancio.
Il Sole-24 Ore ha voluto ricordare,
con gli scritti dei protagonisti e dei testimoni privilegiati del
"divorzio" del 1981, uno spartiacque della politica economica degli
anni 80. Con l'augurio che questo decennio veda ulteriori progressi nella
chiarezza dei ruoli e delle responsabilità.
Ero al ministero del Tesoro da poco
più di tre mesi, di cui due quasi integralmente occupati a rimettere in movimento
il meccanismo delle nomine bancarie - nomine da ministro della Repubblica,
senza condiscendenze alle pressioni dei partiti della maggioranza - quando
dovetti valutare, con senso di urgenza, che la crisi del secondo shock petrolifero
imponeva di essere affrontata con decisioni politiche mai tentate prima di
allora.
La propensione al risparmio
finanziario degli italiani si stava proprio in quei mesi abbassando
paurosamente e il valore dei cespiti reali - case e azioni- aumentava a un
tasso del cento per cento all'anno.
La soluzione classica sarebbe stata
quella di una stretta del credito, accompagnata da una stretta fiscale, che,
come nel 1975, avesse creato una recessione con una caduta di alcuni punti del
prodotto interno lordo; ma l'esperienza stessa degli anni '70 indicava due
ordini di difficoltà:
a) la Banca d'Italia aveva perduto
il controllo dell'offerta di moneta, fino a quando essa non fosse stata liberata
dall'obbligo di garantire il finanziamento del Tesoro;
b) il demenziale rafforzamento della
scala mobile, prodotto dell' accordo tra Confindustria e sindacati confederali
proprio nei primi mesi del 1975, aveva talmente irrigidito la struttura dei
prezzi, che, in presenza di un raddoppio del prezzo dell' energia, anche una
forte stretta da sola era impotente a impedire che un nuovo equilibrio potesse
essere raggiunto senza un'inflazione tale da riallineare prezzi e salari ai
costi dell'energia.
L'imperativo era di cambiare il
regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale
in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall' ideologia della
crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un
cambio debole.
La nostra stessa presenza nello Sme era allora messa in pericolo
(c'è da ricordare che il partito socialista si era astenuto quando il
Parlamento votò nel 1978 sull' adesione all' accordo di cambio e che i ministri
socialisti avevano di fatto un potere di veto sulla politica economica).
I miei consulenti legali mi diedero
un parere favorevole sulla mia esclusiva competenza, come ministro del Tesoro,
di ridefinire i termini delle disposizioni date alla Banca d'Italia circa le modalità
dei suoi interventi sul mercato e il 12 febbraio 1981 scrissi la lettera che avrebbe
portato nel luglio dello stesso anno al "divorzio".
Il termine intendeva sottolineare una
discontinuità, un mutamento appunto di regime della politica economica; un'analoga
operazione che negli Stati Uniti pose termine nel 1951 alla politica di denaro
facile, che aveva permesso il finanziamento della Seconda guerra mondiale,
veniva ricordata come l' agreement tra Tesoro e Fed.
Nei limiti stretti delle mie
competenze era invece mia intenzione sottolineare la novità, la rottura con il
passato, quando poteva apparire "sedizioso" un comportamento della
Banca che rifiutasse il finanziamento del fabbisogno pubblico per non creare
base monetaria in eccesso.
Il divorzio non ebbe allora il
consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come "congiura
aperta" tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione
degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe
stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per
ritornare alle più confortevoli abitudini del passato.
Per rafforzare l'autonomia della
Banca d'Italia altre due questioni venivano affrontate in quella lettera:
1) costituzione di un consorzio di
collocamento tra banche commerciali, nelle mie intenzioni destinato soprattutto
per il debito pubblico a più lunga scadenza;
2) una nuova regolamentazione dello
scoperto del conto corrente di Tesoreria.
I tempi non erano maturi per
affrontare questi aspetti e la Banca d'Italia preferì procedere solo sul nuovo
regolamento della sua presenza nelle aste.
Facendo queste proposte era mia
intenzione drammatizzare la separazione tra Banca e Tesoro per operare una
disinflazione meno cruenta in termini di perdita di occupazione e di produzione,
sostenuta dalla maggiore credibilità dell'istituto di emissione una volta che
esso fosse liberato dalla funzione di banchiere del Tesoro.
Accarezzai anche l'ipotesi di un
rebasement della lira che avrebbe potuto essere sostituita da uno scudo italiano,
con parità uno a uno con l'Ecu, e con l'impegno unilaterale di mantenere nel
tempo questa parità e approfondii l' argomento in numerose conversazioni con
Ortoli, allora vicepresidente della Commissione di Bruxelles.
Il filo conduttore era lo stesso che ispirò
il divorzio, quello, cioè, di facilitare la politica di stabilizzazione
favorendo il formarsi di aspettative favorevoli da parte degli operatori che avrebbero
agevolato la trasmissione sui prezzi della politica monetaria, minimizzando gli
effetti negativi sui volumi.
Senza presunzioni eccessive, questa
lettera ha segnato davvero una svolta e il divorzio, assieme all'adesione allo
Sme (di cui era un'inevitabile conseguenza), ha dominato la vita economica
degli anni '80, permettendo un processo di disinflazione relativamente indolore,
senza che i problemi della ristrutturazione industriale venissero ulteriormente
complicati da una pesante recessione da stabilizzazione.
Naturalmente la riduzione del
signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero
rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il
fabbisogno del Tesoro e l'escalation della crescita del debito rispetto al
prodotto nazionale.
Da quel momento in avanti la vita dei
ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro operato
era sottoposto al giudizio del mercato.
Il bilancio di competenza del 1982 è
la dimostrazione di questa nuova situazione: riuscii in pratica ad azzerare i
fondi globali, cosa che non era successa prima né successe dopo.
Il saldo netto da finanziare del
bilancio preventivo e il fabbisogno del consuntivo furono del 10% inferiore
agli analoghi aggregati dell' anno precedente, anche se poi la Tesoreria, caricata
nel recente passato, provocò un volume eccezionalmente elevato di
indebitamento.
Bisognava continuare a stringere le
spese di competenza e nella preparazione del bilancio 1983 si chiese al
Parlamento una delega amplissima per affrontare con decreti delegati i nodi che
il Parlamento stesso si dimostrava riluttante a sciogliere.
Queste deleghe furono nell' autunno
rifiutate e, nel mezzo del turbamento che ne seguì sui mercati finanziari, il collega
Formica propose di rimborsare una quota soltanto del debito del Tesoro con una
specie di concordato extragiudiziale.
Risposi a rime baciate per
sdrammatizzare il panico che ne sarebbe potuto seguire; e subito fu l'affare
delle comari.
Pochi mesi più tardi, in analoghe
circostanze, Jacques Delors riuscì a sbarcare cinque ministri che avevano
sostenuto - privatamente - la convenienza per la Francia di uscire dallo Sme.
La stampa e i politici di casa nostra
sembravano invece ignorare il baratro che avevamo sfiorato e ipocritamente si scandalizzarono
per la forma delle mie risposte.
Il divorzio aveva fatto la sua prima
vittima ed era il suo autore; ma aveva dimostrato di funzionare.
Negli anni successivi non divenne
certo popolare nei palazzi della politica, ma continuò ad assicurare legami fra
la politica italiana e quella dell' Europa.
[FINE]
"Naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l'escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale".
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