Federico Caffè
Processo a Berlinguer
“L’Espresso”, 11
aprile 1982.
Federico Caffè, La
solitudine del riformista. A cura di Nicola Acocella e Maurizio Franzini.
Bollati Boringhieri,
Torino 2008, pp. 138-139.
Processo a Berlinguer
Mi sembra che la caratteristica di
maggior rilievo della linea economica del Partito comunista italiano, durante
l’ultimo decennio, sia stata quella di un adattamento alle circostanze, in una
sostanziale continuità di ispirazione.
Se si prescinde, cioè, dalle
polemiche contingenti, lo spirito che condusse Togliatti ad affermare,
nell’immediato dopoguerra, che occorreva soprattutto occuparsi della
ricostruzione persiste nelle numerose occasioni di appoggio a misure
governative rivolte a fronteggiare le difficoltà complesse e continue di questo
tormentato decennio.
Nei fatti, malgrado ogni diversa
apparenza, può dirsi che le forze progressiste del Partito comunista
abbiano accettato un’effettiva, sia pure non dichiarata, politica dei redditi.
S’intende che ciò rispondeva al fine
politico di una sempre attesa, e sempre rinviata, legittimazione del Partito
comunista come forza di governo.
Ma ciò non toglie che alla critica
sia stata associata una collaborazione che non può essere sottovalutata, in
quanto ha contribuito, a mio avviso, al superamento delle vicissitudini
congiunturali, pur lasciando irrisolti i nodi strutturali della nostra
economia.
Gli effetti sull’economia italiana
sono stati, pertanto, quelli di un apporto di rilevante importanza a una
gestione dell’economia di corto respiro, che va avanti giorno per giorno, ma
senza che siano in vista traguardi plausibili.
Frattanto, la critica del cosiddetto
assistenzialismo, in quanto si presta a deformazioni clientelari; il ripudio di
ogni richiamo alla valorizzazione dell’economia interna, in quanto ritenuta
contrastante con la “scelta irrinunciabile” dell’economia aperta; il frequente
indulgere al ricatto allarmistico dell’inflazione, con apparente
sottovalutazione delle frustrazioni e delle tragedie ben più gravi della
disoccupazione, costituiscono orientamenti che, seguiti da una forza
progressista come quella del Partito comunista, anche se in modo occasionale e
non univoco, possono contribuire ad allontanare, anziché facilitare, le
incisive modifiche di fondo che sono indispensabili al nostro paese.
In ultima analisi, ho l’impressione
che l’acquisizione del consenso stia diventando troppo costosa, in termini di sbiadimento
dell’aspirazione all’egualitarismo, della lotta all’emarginazione,
dell’erosione di posizioni di privilegio: aspirazioni che si identificano in
quel tanto di socialismo che appare realizzabile nel contesto del capitalismo
conflittuale con il quale è tuttora necessario convivere.
[FINE]
Lucidissimo. E` struggente pensare a Caffè e al mistero della sua scomparsa, menti come queste, quando ci lasciano, causano un vuoto tremendo.
RispondiElimina11 Aprile 1982,
RispondiEliminastavo per dare gli esami di maturità (al Collegio Nazareno di Roma!!!!) l'Italia era prossima al titolo di Campione del Mondo.
A Novembre mi sarei iscritto ad Economia proprio alla Sapienza...
Caffè un professore vero.
Un uomo libero.
Un fine pensatore.
Ci ha lasciato moltissimo, si tratta solo di...leggere, leggerlo ed anche...rileggerlo sorprendendoci per la sua "attualità".
Grazie Prof.
Massimiliano
Caffè aveva perfettamente identificato e denunciava l'inizio della fine, l'inversione di tendenza. Tocca a noi oggi reinvertire quella tendenza che è andata avanti per oltre trent'anni.
RispondiEliminaUna mente lucida come quella di Caffè e una onestà immacolata come la sua dovevano per forza essere fatte sparire se si voleva far passare la riforma dello Stato voluto dai neocon de noantri.
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