Irving Fisher
The Debt-Deflation Theory of Great Depressions
Econometrica, Vol.
1, No. 4 (Oct., 1933), pp. 337-357.
Pubblicazione
disponibile qui.
La teoria delle grandi depressioni come effetto del debito e della deflazione
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
Nel libro Booms and Depressions ho sviluppato, sia dal punto di vista teorico
che statistico, quella che potrebbe essere chiamata una teoria delle grandi
depressioni come effetto del debito e della deflazione.
Nella prefazione, affermavo che i
risultati “sembrano ampiamente nuovi”, mi esprimevo così cautamente a causa
della mia scarsa familiarità con la vasta letteratura sull’argomento.
Da quando il libro è stato pubblicato
le sue speciali conclusioni sono state ampiamente accettate e, per quanto ne
so, nessuno ha ancora trovato che esse fossero state anticipate da scrittori
precedenti, sebbene diversi, incluso io stesso, abbiano attivamente ricercato
queste anticipazioni.
Due delle maggiori autorità in questo
campo mi hanno assicurato che quelle conclusioni sono, usando le parole di una
di esse, “sia nuove che importanti”.
In parte per specificare quali di
queste speciali conclusioni sono ritenute nuove e in parte per collocarle nelle
conclusioni di altri studiosi in questo campo, offro questo saggio che
contiene, in breve, quello che è il mio attuale “credo” sull’intero argomento
della cosiddetta “teoria del ciclo”.
Il mio “credo” consiste di 49
“articoli” alcuni dei quali sono vecchi e altri nuovi.
Dico “credo” perché, per brevità, è
volutamente esposto dogmaticamente e senza prove.
Ma non si tratta di un credo nel
senso che la mia fede in esso non si basi sulle evidenze e che io non sia pronto
a modificarlo a fronte della presentazione di nuove evidenze.
Al contrario, è piuttosto un
tentativo.
Può servire come una sfida lanciata
agli altri e come una materia grezza che possa aiutarli a elaborare un prodotto
migliore.
Intanto, quella che segue è la lista
delle mie 49 conclusioni provvisorie.
La "teoria del ciclo” in generale
1.
Il sistema economico contiene
innumerevoli variabili – le quantità dei “beni” (ricchezza materiale, diritti
di proprietà, e servizi), i prezzi di questi beni, e i loro valori (le quantità
moltiplicate per i prezzi).
Cambiamenti di una o di tutte le
variabili di questa lunga lista possono essere dovute a molte cause.
Solo nell’immaginazione tutte queste
variabili possono rimanere costanti ed essere mantenute in equilibrio dalle
forze bilanciate dei desideri umani, come si mostra con “l’offerta e la
domanda”.
2.
La teoria economica include uno
studio sia (a) di un tale immaginario e ideale equilibrio – che può essere
stabile o instabile – che (b) del disequilibrio.
Il primo è la statica economica; il
secondo, la dinamica economica.
La cosiddetta teoria del ciclo è
semplicemente una parte dello studio del disequilibrio economico.
3.
Lo studio del disequilibrio può
essere condotto in due modi.
Possiamo scegliere come oggetto di
studio un caso storico reale di grande disequilibrio, come ad esempio il panico
del 1873; o possiamo scegliere come oggetto di studio una qualsiasi tendenza
singola, come ad esempio la deflazione, e scoprire le sue leggi generali, le
sue relazioni e le sue combinazioni con altre tendenze.
Il primo tipo di studio si rivolge
agli eventi, ovvero ai fatti; il
secondo, alle tendenze.
Il primo tipo di studio è
principalmente storia dell’economia; il secondo è principalmente scienza
economica.
Entrambi sono appropriati ed
importanti. L’uno è di ausilio all’altro.
Il panico del 1873 può essere
compreso solo alla luce delle diverse tendenze coinvolte – la deflazione e
altre; e la deflazione può essere compresa solo alla luce delle sue diverse
manifestazioni storiche – il 1873 e altre.
4.
La vecchia e apparentemente tuttora
persistente nozione “del” ciclo economico, considerato come un unico, semplice
ciclo che si genera da sé (analogo a quello di un pendolo che oscilla sotto
l’influenza della sola forza di gravità) e che si è realmente manifestato
storicamente in crisi ricorrenti in modo regolare, è un mito.
Invece di una sola forza ci sono
diverse forze.
Specificatamente, invece di un ciclo,
ci sono diversi cicli che coesistono, e che costantemente si rinforzano o si
neutralizzano l’un l’altro, e che inoltre coesistono con molte altre forze che
non sono cicliche.
In altre parole, mentre un ciclo,
concepito come un fatto, o un evento
storico, non esiste, ci sono sempre innumerevoli cicli, lunghi e corti, grandi
e piccoli, concepiti come tendenze
(oltre a numerose tendenze non cicliche), e ogni evento storico è la risultante
di tutte le tendenze che operavano al suo verificarsi.
Ogni singolo ciclo, per quanto
perfetto e simile a una curva sinusoidale possa tendere ad essere, sicuramente
subisce l’interferenza di altre tendenze.
5.
Le innumerevoli tendenze che
concorrono usualmente al verificarsi di un disequilibrio economico, possono
essere classificate in tre gruppi: (a) le tendenze alla crescita o gli
andamenti di lungo periodo, che sono stabili; (b) i disturbi casuali, che sono
instabili; (c) le tendenze cicliche, che sono instabili ma che si ripetono
stabilmente.
6.
Ci sono due tipi di tendenze
cicliche.
Un tipo è “forzato” o imposto sul
sistema economico dall’esterno. Tale è il ritmo annuale; e anche il ritmo
giornaliero. Sia il ritmo annuale che quello giornaliero ci sono imposti
dall’esterno del sistema economico dalle forze astronomiche; e ce ne possono
essere altri come le macchie solari o i transiti di Venere. Altri esempi di
cicli “forzati” sono i ritmi mensili e settimanali a noi imposti dall’abitudine e dalla religione.
Il secondo tipo di tendenza ciclica è
il ciclo “libero”, non forzato dall’esterno, ma che si genera da sé, e che
opera in modo simile al moto di un pendolo o di una onda.
7.
E’ il tipo di ciclo “libero” che
apparentemente predomina nella concezione della massima parte delle persone
quando esse parlano “del” ciclo economico.
Il ciclo annuale, sebbene approssimi
meglio di qualunque altro un ciclo perfetto, è raramente considerato un ciclo ma
ci si riferisce ad esso come a una “variazione stagionale”.
8.
Ci può essere un equilibrio che,
sebbene stabile, sia così delicato che, con uno spostamento da esso oltre un
certo limite, la instabilità segue immediatamente, proprio come, all’inizio,
un ramo può piegarsi sotto sforzo, sempre pronto a riprendere la forza
iniziale, finché si raggiunge un certo punto, nel quale esso si spezza.
Questa similitudine probabilmente si
applica quando un debitore fallisce, o quando il fallimento di molti debitori
costituisce un “crollo”, dopo il quale non c’è modo di ritornare all’equilibrio
di partenza.
Per prendere un'altra similitudine,
un disastro di questo tipo è in un certo senso come il rovesciamento di una imbarcazione
che, in condizioni ordinarie, è sempre vicina a un equilibrio stabile ma che,
dopo essere stata inclinata oltre un certo angolo, non ha più questa tendenza a
ritornare all’equilibrio ma ha invece una tendenza ad allontanarsi ancora di
più da esso.
9.
Possiamo provvisoriamente assumere
che, ordinariamente ed entro ampi limiti, tutte, o quasi tutte, le variabili
economiche tendono, in generale, verso un equilibrio stabile.
Illustrando, nelle nostre lezioni, le
curve dell’offerta e della domanda noi assumiamo molto correttamente che se il
prezzo, ad esempio, dello zucchero è al di sopra del punto nel quale l’offerta
e la domanda sono uguali, esso tende a cadere, e se è al di sotto, a salire.
10.
Con queste assunzioni, e tenendo
conto dell’“attrito economico”, che è sempre presente, si ha che, a meno che
intervenga una qualche forza esterna, ogni oscillazione “libera” intorno
all’equilibrio deve tendere progressivamente a ridursi sempre di più, così come
una sedia a dondolo messa in movimento tende a fermarsi.
In altre parole, mentre i cicli
“forzati”, come quello stagionale, continuano con la stessa ampiezza, i cicli
“liberi” ordinari tendono a cessare, dando luogo all’equilibrio.
11.
Ma l’equilibrio esatto così ricercato
è raggiunto raramente e mai mantenuto a lungo.
E’ certo, parlando dal punto di vista
umano, che nuovi disturbi si verificheranno, così che, nella realtà delle cose,
ogni variabile è quasi sempre al di sopra o al di sotto dell’equilibrio ideale.
Per esempio, il caffé in Brasile può
essere sovra-prodotto, cioè può essere più di quello che sarebbe stato prodotto
se i produttori avessero saputo prima che non avrebbero potuto venderlo con un profitto.
O può esserci un raccolto del cotone insufficiente. O le scorte industriali o
commerciali possono essere al di sotto o al di sopra del punto di equilibrio.
Dal punto di vista teorico ci possono
essere – e in realtà, quasi sempre ci devono essere – sovra o sotto produzione,
sovra o sotto consumo, sovra o sotto spesa, sovra o sotto risparmio, sovra o
sotto investimento, e sovra o sotto qualsiasi altra cosa.
E’ assurdo assumere che, in un
qualsiasi intervallo di tempo, le variabili del sistema economico, o un
qualsiasi sottoinsieme di esse, rimarranno “ferme”, in perfetto equilibrio, esattamente
come lo è assumere che l’Oceano Atlantico possa non avere neppure un’onda.
12.
Le variabili rilevanti che possono
essere, e ordinariamente sono, al di sopra o al di sotto dell’equilibrio sono:
(a) quelle relative al capitale, come le abitazioni, le fabbriche, le navi, in
generale la capacità produttiva, le scorte, l’oro, la moneta, i crediti, e i
debiti; (b) quelle relative al reddito, come il reddito reale, il volume del
commercio, le azioni scambiate; (c) quelle relative ai prezzi, come i prezzi
dei titoli, i prezzi delle merci, il tasso di interesse.
13.
Ci può anche essere una
sovra-produzione generale in due
sensi: (a) ci possono essere, in generale, in un certo istante temporale,
scorte o merci a magazzino eccessive, o (b) ci può essere, in generale, in un
certo intervallo di tempo, un flusso troppo rapido della produzione.
La nozione classica per la quale la
sovra-produzione può essere solo relativa, cioè tra prodotti differenti, è
errata.
Tralasciando l’abbondanza o la
scarsità dei prodotti particolari, degli uni in relazione con gli altri, la
produzione nel suo complesso è in relazione con i desideri e le avversioni
degli uomini, e può essere nel suo complesso eccessiva o insufficiente rispetto
al punto di equilibrio.
In realtà, tranne che per brevi
momenti, ci deve sempre essere un certo grado di sovra-produzione complessiva o
di sotto-produzione complessiva e in entrambi i sensi – giacenze e flussi.
14.
Però, in pratica, la
sovra-produzione, diversamente da come comunemente si pensa, non è mai stata,
per quanto ho potuto scoprire, una causa principale di un grande disequilibrio.
La ragione, o una ragione, del luogo
comune sulla sovra-produzione è l’errore di scambiare la scarsità della moneta
con l’abbondanza delle merci.
15.
Mentre ogni deviazione
dall’equilibrio di una variabile economica dal punto di vista teorico può
generare, e senza dubbio in pratica genera, delle oscillazioni, la questione
importante è: quali variabili hanno generato disturbi così rilevanti da consentire
una spiegazione reale delle grandi espansioni e depressioni economiche della
storia?
16.
Non ho una sufficiente familiarità
con la lunga e dettagliata storia di questi disturbi, né con la colossale
letteratura riguardante le spiegazioni avanzate per essi, per aver raggiunto
una conclusione definitiva sulla importanza relativa di tutte le influenze
esistenti. Sono desideroso di imparare degli altri.
17.
Secondo la mia attuale opinione, che
è puramente provvisoria, c’è un grano di verità nella massima parte delle
spiegazioni offerte comunemente ma questo grano è spesso piccolo.
Ognuna di esse può essere sufficiente
per spiegare piccoli disturbi, ma
tutte queste spiegazioni messe insieme sono probabilmente inadeguate a spiegare
grandi disturbi.
18.
In particolare dubito dell’adeguatezza,
come spiegazioni del cosiddetto ciclo economico, o dei cicli, quando questi sono davvero gravi,
della sovra-produzione, del sotto-consumo, della sovra-capacità, del disallineamento
dei prezzi, del mancato aggiustamento dei prezzi tra il settore agricolo e
quello industriale, dell’eccesso di fiducia, del sovra-investimento,
dell’eccesso di risparmio, dell’eccesso di spesa, e della discrepanza tra il
risparmio e l’investimento.
19.
Arrischio l’opinione, soggetta a
correzione a fronte della presentazione di nuova evidenza, che nelle grandi
espansioni e depressioni economiche, ciascuno dei fattori sopra richiamati abbia
giocato un ruolo secondario rispetto a due fattori dominanti, e cioè il
sovra-indebitamento all’inizio e la deflazione immediatamente dopo; e anche che
quando qualcuno degli altri fattori ha assunto un ruolo rilevante, lo abbia
assunto spesso semplicemente come conseguenza o come sintomo di questi due.
In breve, i due grandi e nocivi
attori sono i disturbi relativi al debito e i disturbi relativi al livello dei prezzi.
Mentre sono abbastanza pronto a
cambiare la mia idea, ho, al momento, una forte convinzione che queste due
malattie economiche, la malattia del debito e la malattia del livello dei
prezzi (o la malattia del dollaro) siano, nelle grandi espansioni e depressioni
economiche, cause più importanti di tutte le altre messe insieme.
20.
Alcuni degli altri fattori
generalmente di minore rilevanza spesso assumono una qualche importanza quando
sono combinati con uno o entrambi questi due fattori dominanti.
Così il sovra-investimento e la speculazione
eccessiva sono spesso importanti, ma essi avrebbero delle conseguenze molto
meno gravi se non fossero compiuti con denaro preso in prestito.
In altre parole, il
sovra-indebitamento può dare importanza al sovra-investimento e alla
speculazione eccessiva.
Lo stesso è vero per quanto riguarda
l’eccesso di fiducia. Immagino che un eccesso di fiducia raramente causi un
grande danno tranne che quando, in quanto, e se, esso spinge le sue vittime a
indebitarsi.
Un altro esempio è il mancato
aggiustamento dei prezzi tra i settori agricolo e industriale, che si può
mostrare essere il risultato di un cambiamento nel livello generale dei prezzi.
21.
I disturbi in questi due fattori – il
debito e il potere di acquisto dell’unità monetaria – causano gravi disturbi in
tutte, o quasi tutte, le altre variabili economiche.
D’altro canto, se il debito e la
deflazione fossero assenti, gli altri disturbi non avrebbero il potere di
condurre a crisi paragonabili per gravità a quelle del 1837, del 1873 e degli
anni 1929-1933.
I ruoli del debito e della deflazione
22.
Non può essere fornito un elenco
esaustivo delle variabili secondarie influenzate dalle due variabili primarie,
il debito e la deflazione; ma esse includono principalmente sette variabili,
portando ad almeno nove il numero delle variabili principali, le seguenti: i
debiti, la moneta in circolazione, la sua velocità di circolazione, i livelli
dei prezzi, i valori netti, i profitti, il commercio, la fiducia degli
imprenditori, i tassi di interesse.
23.
Le relazioni principali tra i nove
fattori principali possono essere dedotte, assumendo, per incominciare, che
l’equilibrio economico generale sia disturbato dal solo fattore del
sovra-indebitamento e, in particolare, assumendo che non ci sia alcuna altra
influenza, sia accidentale che programmata, che tenda ad influenzare il livello
dei prezzi.
24.
Assumendo, di conseguenza, che, in un
certo istante temporale, esista uno stato di sovra-indebitamento, questo tenderà
a condurre alla liquidazione [dei debiti, cioè alla chiusura delle posizioni
debitorie], a causa dell’allarme dei debitori o dei creditori o di entrambi.
Poi possiamo dedurre la seguente
catena di conseguenze in nove passaggi: (1) la liquidazione dei debiti [debt liquidation] conduce a vendite in condizioni di difficoltà
[distress selling] e (2) alla contrazione
dei depositi bancari [contraction of deposit currency], dato che i prestiti
delle banche vengono rimborsati, e a un rallentamento della velocità di
circolazione.
Questa contrazione dei depositi
bancari e della loro velocità di circolazione causata dalle vendite in
condizioni di difficoltà, causa (3) una caduta del livello dei prezzi o, in
altre parole, un incremento del dollaro.
Assumendo, come si è detto sopra, che
questa caduta non sia contrastata con una reflazione o con altri mezzi, ci deve
quindi essere (4) una ancora maggiore
caduta del valore netto delle imprese, che causa fallimenti e (5) una simile caduta dei profitti, che in
una società capitalista, cioè in una società guidata dai profitti privati,
conduce le imprese che conseguono delle perdite a generare (6) una riduzione della produzione, del commercio e
dell’occupazione.
Perdite, fallimenti e disoccupazione
conducono (7) al pessimismo e alla perdita della fiducia, che a loro volta
conducono (8) all’accumulazione della
moneta e a un ulteriore rallentamento
della velocità di circolazione.
Gli otto cambiamenti elencati sopra
causano (9) complicati disturbi nei tassi
di interesse, in particolare, una caduta del tasso di interesse nominale, o
in termini di moneta, e un incremento del tasso di interesse reale, o in
termini di merci.
Evidentemente, il debito e la
deflazione vanno molto lontano nello spiegare una grande massa di fenomeni in
un modo molto semplice e logico.
25.
La catena di cause descritta sopra,
che consiste di nove collegamenti, include solo alcune delle relazioni tra i
nove fattori.
Ci sono altre relazioni dimostrabili,
sia dal punto di vista teorico che empirico, e senza dubbio ne esistono anche
delle altre che non possono, tuttavia, al meno, essere affatto formulate. 1
Devono inoltre esserci delle
relazioni indirette che coinvolgono delle variabili non incluse nel gruppo
delle nove considerate.
26.
Una delle più importanti di queste
relazioni (probabilmente troppo poco evidenziata nel mio Booms and Depressions) è l’effetto diretto della diminuzione della
moneta, dei depositi bancari, e della loro velocità di circolazione, nel
ridurre il commercio, come è evidenziato dal fatto che il commercio è stato
rivitalizzato localmente dall’introduzione di moneta di emergenza senza alcun
incremento del livello dei prezzi.
27.
Nella cronologia effettiva degli
avvenimenti, l’ordine dei nove eventi è in qualche modo differente dall’ordine
“logico” con il quale sono stati presentati sopra, e si verificano reazioni e
effetti ripetuti.
Come ho affermato nell’Appendice I di
Booms and Depressions:
“la seguente tabella dei nostri nove
fattori, che si manifestano e ricorrono (insieme alle vendite in condizioni di
difficoltà), dà un’illustrazione abbastanza tipica, anche se ancora
inadeguata, degli avvenimenti incrociati
di una depressione nell’ordine approssimativo con il quale si ritiene che essi si
manifestino usualmente. (La prima manifestazione di ciascun fattore e le sue
specificazioni sono indicate in corsivo. I numeri tra parentesi indicano la
loro sequenza nell’esposizione fatta più sopra).
I
(7) Leggera depressione e scossa alla fiducia
(8) Leggero rallentamento della velocità di circolazione
(1) Liquidazione dei debiti
II
(9) Il tasso di interesse nominale sui prestiti più sicuri diminuisce
(9) Ma il tasso di interesse nominale
sui debiti più rischiosi aumenta
III
(2) Vendite in condizioni di difficoltà
(7) Depressione più accentuata
(3) Diminuzione dei prezzi dei titoli
(1) Maggiore liquidazione dei debiti
(3) Diminuzione dei prezzi delle merci
IV
(9) Incremento del tasso di interesse reale; I DEBITI REALI AUMENTANO
(7) Maggiore pessimismo e sfiducia
(1) Maggiore liquidazione dei debiti
(2) Maggiori vendite in condizioni di
difficoltà
(8) Maggiore rallentamento della
velocità di circolazione
V
(2) Maggiori vendite in condizioni di
difficoltà
(2) Contrazione dei depositi bancari
(3) Ulteriore incremento del dollaro
VI
(4) Diminuzione dei valori netti
(4) Incremento dei fallimenti
(7) Maggiore pessimismo e sfiducia
(8) Maggiore rallentamento della
velocità di circolazione
(1) Maggiore liquidazione dei debiti
VII
(5) Diminuzione dei profitti
(5) Incremento delle perdite
(7) Incremento del pessimismo
(8) Rallentamento della velocità di
circolazione
(1) Maggiore liquidazione dei debiti
(6) Riduzione del volume delle azioni scambiate
VIII
(6) Diminuzione delle costruzioni
(6) Diminuzione della produzione
(6) Diminuzione del commercio
(6) Disoccupazione
(7) Maggiore pessimismo
IX
(8) Accumulazione della moneta
X
(8) Corse agli sportelli delle banche
(8) Le banche riducono i prestiti per proteggersi
(8) Le banche vendono le attività nelle quali hanno investito
(8) Le banche falliscono
(7) La sfiducia cresce
(8) Maggiore accumulazione della
moneta
(1) Maggiore liquidazione dei debiti
(2) Maggiori vendite in condizioni di
difficoltà
(3) Ulteriore incremento del dollaro
Come è stato detto, questo ordine (o
un qualsiasi altro ordine, per questo) può essere solo approssimativo e
soggetto a variazioni nei diversi tempi e luoghi. Esso rappresenta la mia
personale supposizione di come, se non si interferisce troppo con essi, è
probabile che i nove fattori selezionati per uno studio esplicito in questo
libro si presentino in successione nella maggior parte dei casi.
Ma, come pure è stato detto, l’idea
stessa di una singola successione è in sé inadeguata, perché ad esempio mentre
il fattore (1) agisce sul fattore (2), esso agisce anche direttamente sul fattore (7) così che davvero avremmo bisogno di
una rappresentazione di flussi che si suddividono o, meglio, di una rete di
fattori che interagiscono nella quale ciascuno può essere rappresentato come
allo stesso tempo influenzante ed influenzato da alcuni o da tutti gli altri
fattori.”
Il paragrafo 24 più sopra dà un
ordine logico, e il paragrafo 27 uno cronologico, di come le principali
variabili divergono in una depressione una volta che questa sia iniziata a
causa del sovra-indebitamento.
28.
Occorre tuttavia osservare che,
tranne la prima e l’ultima dell’ordine “logico”, cioè quelle riguardanti il
debito e l’interesse sui debiti, tutte le
fluttuazioni elencate si manifestano attraverso una caduta dei prezzi.
29.
Quando il sovra-indebitamento è da solo, cioè quando non conduce a una caduta dei prezzi, ovvero quando la sua
tendenza a provocarla è contrastata da forze inflattive (sia accidentali che
programmate), il “ciclo” risultante sarà molto più attenuato e molto più
regolare.
30.
Nello stesso modo, quando si verifica
una deflazione generata da cause diverse dal debito e senza un grande volume
del debito, i mali risultanti saranno molto minori.
E’ la combinazione di entrambi – per
prima si manifesta la malattia del debito che poi precipita nella malattia del
dollaro – che provoca la più grande devastazione.
31.
Le due malattie agiscono e reagiscono
l’una con l’altra. I patologi stanno oggi scoprendo che gli effetti di una
coppia di malattie che si verificano contemporaneamente sono talvolta peggiori
degli effetti di ciascuna di esse o anche della mera somma degli effetti di
ciascuna di esse presa singolarmente, per dire. E tutti noi sappiamo che una
malattia minore può condurre a una più grave. Proprio come un brutto
raffreddore può condurre alla polmonite, così il sovra-indebitamento conduce
alla deflazione.
32.
E viceversa, la deflazione causata
dal debito reagisce sul debito.
Ogni dollaro di debito non ancora
rimborsato diventa un dollaro più pesante, e se il sovra-indebitamento dal
quale si inizia è abbastanza grande, la liquidazione dei debiti non può tenere
il passo con la caduta dei prezzi che essa genera.
In questo caso, la liquidazione dei
debiti sconfigge se stessa.
Mentre essa diminuisce il numero dei
dollari dovuti, la liquidazione dei debiti può non farlo così velocemente come
essa incrementa il valore di ciascun dollaro ancora dovuto.
Allora, proprio lo sforzo dei singoli
individui di ridurre l'onere dei loro debiti lo incrementa, a causa dell’effetto
di massa della corsa precipitosa, simile a una marea, a liquidare ogni singolo
dollaro dovuto.
Quindi abbiamo il grande paradosso,
che io propongo, che è il segreto principale della massima parte, se non di
tutte, le grandi depressioni: più i
debitori rimborsano e più devono rimborsare.
Più la barca economica si inclina e
più tende ad inclinarsi. Non tende a raddrizzarsi, ma a capovolgersi.
33.
Ma se il sovra-indebitamento non è
sufficientemente grande da far sì che la liquidazione dei debiti si sconfigga
da sé, la situazione è differente e più semplice.
E’ allora più simile a un equilibrio
stabile; più la barca oscilla e più tenderà a raddrizzarsi. In questo caso
abbiamo un esempio più veritiero di un ciclo.
34.
Nel caso del “rovesciamento” in
particolare, il peggio di esso è che i redditi reali si riducono rapidamente e
progressivamente.
Uomini inattivi e macchinari inattivi
significano una produzione ridotta e un reddito reale ridotto, il fattore
centrale in tutta la scienza economica.
Incidentalmente questa
sotto-produzione si verifica proprio nel momento in cui c’è l’illusione di una
sovra-produzione.
35.
In questa rapida esposizione, non ho
discusso di cosa costituisce sovra-indebitamento.
Sia sufficiente notare qui che (a) il
sovra-indebitamento è sempre relativo ad altre variabili, tra le quali la
ricchezza nazionale e il reddito e l’offerta di oro, quest’ultima è importante
in modo speciale, come è stato evidenziato dalle ricerche recenti di Warren e
Pearson; e (b) non è una semplice grandezza unidimensionale che deve essere misurata
semplicemente con il numero dei dollari dovuti.
Il sovra-indebitamento deve
anche considerare la distribuzione nel tempo delle somme che giungono a scadenza.
I debiti che devono essere pagati
subito creano maggiori difficoltà di quelli che dovranno essere rimborsati tra
un anno; e quelli che devono essere pagati a richiesta del creditore creano
maggiori difficoltà di quelli rimborsabili in modo comodo per il debitore.
Così le difficoltà legate al debito
sono maggiori per i prestiti revocabili e per le scadenze ravvicinate.
A fini pratici, possiamo
approssimativamente stimare le difficoltà legate al debito nazionale totale considerando
la somma totale attualmente dovuta, ad esempio, entro un anno, includendo i
canoni di locazione, le imposte, gli interessi, le rate, i fondi di
ammortamento, i prestiti che giungono a scadenza e ogni altro impegno di
pagamento definito o non modificabile relativo al capitale preso in prestito.
Illustrati dalla depressione degli
anni 1929-1933 2
36.
La depressione dalla quale stiamo ora
(sono fiducioso) emergendo è un esempio del tipo più grave di una depressione causata dal debito e
dalla deflazione.
I debiti nel 1929 erano ai massimi
livelli conosciuti, sia in termini nominali che reali, fino a quel momento.
Essi erano abbastanza grandi non solo
da “far ballare la barca” ma da avviarne il rovesciamento.
Fino al marzo del 1933, la
liquidazione aveva ridotto i debiti del 20%, ma aveva incrementato il dollaro
di circa il 75%, così che il debito reale
misurato in termini di merci, si era accresciuto di circa il 40%
[(100%-20%)x(100%+75%)=140%]. Si osservi la carta V.
37.
A meno che una qualche causa di
contrasto intervenga per prevenire la caduta del livello dei prezzi, una
depressione come quella degli anni 1929-1933 (cioè una depressione nella quale
più i debitori rimborsano i prestiti e maggiore è il debito che devono ancora
rimborsare) tende a continuare, approfondendosi sempre di più, in un circolo
vizioso, per molti anni.
Non c’è allora alcuna tendenza della
barca a smettere di rollare finché essa non si è rovesciata.
Alla fine, certamente, ma soltanto
dopo un fallimento quasi universale, l’indebitamento deve smettere di crescere
sempre di più e incominciare a crescere di meno.
Allora arriva la ripresa e una
tendenza a una nuova sequenza di espansioni e depressioni economiche.
Questo è la cosiddetta via di uscita
“naturale” dalla depressione, una via che passa in modo inutile e crudele
attraverso i fallimenti, la disoccupazione e la fame.
38.
D’altra parte, se l’analisi precedente
è corretta, è sempre possibile economicamente fermare o prevenire una
depressione di questo tipo semplicemente incrementando il livello dei prezzi
fino al livello medio al quale i debiti esistenti furono contratti dai debitori
esistenti e assunti dai creditori esistenti, e mantenendolo fermo a quel
livello.
Che il livello dei prezzi sia
controllabile non è solo affermato dei teorici della moneta ma è stato anche
evidenziato recentemente da due grandi eventi:
(1) la Svezia ha ad oggi mantenuto
per quasi due anni un livello stabile dei prezzi, praticamente sempre
all’interno di un intervallo del 2% intorno al livello medio scelto e
normalmente all’interno di un intervallo dell’1%. Si osservi la carta IV.
(2)
Il fatto che un immediato rovesciamento della deflazione può essere
facilmente ottenuto con l’uso, o anche solo con la prospettiva dell’uso, di mezzi
adeguati è stato appena dimostrato dal Presidente Roosevelt. Si osservino le
carte VII e VIII.
39.
Quelli che immaginano che la
reflazione dichiarata da Roosevelt non sia la causa della ripresa ma che
“avevamo comunque raggiunto il fondo” si sbagliano di grosso.
Comunque, non hanno fornito alcuna
evidenza, per quello che ho visto, del fatto che avessimo raggiunto il fondo.
E se essi hanno ragione, la mia
analisi deve essere miseramente errata.
Tutta l’evidenza, sulla base della
mia analisi, mostra che il debito e la deflazione, che avevano generato il caos
fino al 4 marzo 1933, erano allora più forti che mai e,
se non fossero stati contrastati, avrebbero provocato il più grande naufragio
di sempre, dopo il 4 marzo.
Se non fosse stata applicata la
“respirazione artificiale”, avremmo presto visto il fallimento generalizzato
delle compagnie di garanzia dei mutui immobiliari, delle banche di risparmio,
delle compagnie di assicurazioni sulla vita, delle ferrovie, delle
municipalità, e degli stati.
A quel punto il Governo Federale
sarebbe probabilmente divenuto incapace di pagare i suoi creditori senza
ricorrere alla stampa delle banconote, cosa che avrebbe costituito essa stessa
un tipo molto tardivo e misero di respirazione artificiale.
Ma se anche allora i nostri
governanti avessero insistito per “lasciare la ripresa alla natura” e avessero
continuato a rifiutarsi di generare inflazione in un qualsiasi modo, se
avessero tentato vanamente di portare in pareggio il bilancio e deciso di
licenziare ancora più impiegati pubblici, di innalzare le imposte, di favorire,
o di tentare di favorire, la concessione di maggiori prestiti, allora molto
presto essi avrebbero cessato di essere i nostri governanti.
Perché noi avremmo avuto l’insolvenza
dello stesso nostro governo nazionale, e probabilmente una qualche forma di
rivoluzione politica che non avrebbe aspettato le prossime elezioni legali.
Gli agricoltori del mid-west avevano
già incominciato a sfidare la legge.
40.
Se tutto questo è vero, sarebbe
stupido e immorale “lasciare che la natura faccia il suo corso” come per un
medico trascurare un caso di polmonite.
Sarebbe anche una diffamazione della
scienza economica, che ha le sue terapie proprio come la scienza medica.
41.
Se la reflazione può ora così
facilmente e velocemente invertire il corso mortale verso l’abisso della
deflazione dopo quasi quattro anni, quando la depressione stava raccogliendo un
maggiore slancio, allora sarebbe stato molto più facile, e lo sarebbe stato in
un qualsiasi momento di questi quattro anni, fermarla prima.
In realtà, durante il mandato del
Presidente Hoover, la ripresa sembrava ben avviata dagli acquisti della Federal
Reserve sul mercato aperto, che avevano ravvivato i prezzi e l’attività
economica nei mesi dal maggio al settembre 1932.
Gli sforzi non furono mantenuti e la
ripresa venne fermata da varie circostanze, inclusa la politica “campagna del
terrore”.
Sarebbe stato inoltre ancora più
semplice prevenire del tutto la depressione.
In realtà, la mia opinione è che
questo sarebbe stato fatto se il Governatore Strong della Federal Reserve Bank
di New York fosse rimasto in vita, o se le sue politiche fossero state adottate
dalle altre banche e dal Consiglio della Federal Reserve e messe in atto
coerentemente dopo la sua morte. 3
In questo caso non ci sarebbe stato
nulla di peggiore dopo il primo crollo.
Avremmo avuto la malattia del debito,
ma non la malattia del dollaro – il brutto raffreddore ma non la polmonite.
42.
Se la teoria delle grandi depressioni
come effetto del debito e della deflazione è sostanzialmente corretta, la
questione del controllo del livello dei prezzi assume una nuova importanza; e
quelli che siedono al posto di guida – il Consiglio della Federal Reserve e il
Ministro del Tesoro, o, speriamo, una commissione speciale dedicata alla
stabilizzazione – dovranno in futuro assumersi una nuova responsabilità.
43.
Il controllo del livello dei prezzi,
o il controllo del dollaro, non sarebbe una panacea.
Anche con un dollaro stabile in modo
ideale, saremmo ancora esposti alla malattia del debito, alla malattia della
disoccupazione causata dall’innovazione tecnologica, alla sovra-produzione, al
disallineamento dei prezzi, all’eccesso di fiducia, e a molti altri malanni
minori.
Trovare la terapia adeguata per
queste malattie occuperà gli economisti molto a lungo dopo che avremo
sterminato la malattia del dollaro.
Le cause del debito
44.
Il sovra-indebitamento sin qui presupposto
deve aver avuto le sue cause. Esso può essere stato avviato da molte cause, tra
le quali le più comuni appaiono essere
le nuove opportunità di investimento con la prospettiva di grandi profitti, in
confronto con i profitti e gli interessi ordinari, opportunità che possono
essere legate a nuove invenzioni, a nuovi settori di attività, allo sviluppo di
nuove risorse, all’apertura di nuovi territori o di nuovi mercati.
Il denaro facile è la grande causa
del sovra-indebitamento.
Quando un investitore pensa di poter
guadagnare più del 100% all’anno prendendo in prestito al 6%, sarà tentato
dall’indebitarsi, e dall’investire o dallo speculare con il denaro preso a
prestito.
Questa fu una causa primaria che
condusse al sovra-indebitamento del 1929.
Le invenzioni e i miglioramenti
tecnologici crearono meravigliose opportunità di investimento, e così causarono
grandi debiti.
Altre cause furono i debiti di guerra
rimanenti, sia interni che verso l’estero, pubblici e privati, i prestiti
concessi per la ricostruzione all’estero, e la politica di un basso tasso di
interesse adottata per facilitare il reingresso dell’Inghilterra nel gold
standard nel 1925.
Ogni caso di sovra-indebitamento ha
la sua propria causa o insieme di cause.
Le principali cause del sovra-indebitamento
che condusse alla crisi del 1837 furono connesse con le opportunità di
investimenti lucrativi nel West e nel Southwest nello sviluppo del settore
immobiliare, nella coltivazione del cotone, nella costruzione dei canali
(innanzitutto il canale Erie), nella costruzione delle navi a vapore e delle
strade a pagamento, nelle opere che avrebbero consentito l’attraversamento
della catena montuosa degli Appalachi.
Le principali cause del
sovra-indebitamento che condusse alla crisi del 1873 furono lo sfruttamento
delle ferrovie e delle fattorie occidentali in seguito all’approvazione
dell’Homestead Act.
Il sovra-indebitamento che condusse
al panico del 1893 fu principalmente dovuto alla base aurea che era divenuta
troppo piccola, a causa dell’iniezione di troppo argento. Ma il panico del 1893
sembra avere una quantità minore dell’ingrediente del debito rispetto agli
altri casi, mentre la deflazione giocò un ruolo principale.
La causa può, certamente, essere
interamente o in parte un movimento contrario simile a quello del pendolo o una
reazione verso la ripresa dopo una precedente depressione, come assumono
comunemente i teorici del ciclo. Questo, di per sé, dovrebbe però tendere a generare
una depressione successiva minore di quella precedente.
45.
Quando la causa consiste in nuove
opportunità di investimento straordinariamente profittevoli, la bolla del
debito tende a diventare più grande e più velocemente rispetto a quando la
causa è una grande miseria che genera solo debiti non legati alla produzione.
L’unica eccezione rilevante è quella
di una grande guerra e anche allora principalmente perché essa conduce, dopo che è terminata, a debiti legati
alla produzione contratti per la ricostruzione.
46.
Questo è abbastanza diverso dalla
comune e ingenua opinione di come la guerra sfoci in una depressione.
Se la mia interpretazione è corretta,
la Guerra Mondiale non avrebbe mai dovuto condurre a una grande depressione.
E’ molto vero che molte o la maggior
parte delle inflazioni non sarebbero state di aiuto a causa delle esigenze
delle finanze pubbliche, ma le successive eccessive deflazioni avrebbero
probabilmente potuto essere interamente evitate.
47.
La psicologia pubblica
dell’indebitarsi per conseguire un guadagno passa attraverso diverse fasi più o
meno distinte: (a) il richiamo della prospettiva di grandi dividendi o guadagni
sotto forma di reddito in un futuro
remoto; (b) la speranza di vendere con un profitto, e di realizzare un guadagno
in conto capitale nell’immediato
futuro; (c) la moda delle promozioni irresponsabili, che si avvantaggiano
dell’abitudine del pubblico a nutrire grandi aspettative; (d) lo sviluppo di
vere e proprie frodi, operate ai danni di un pubblico divenuto credulone e
ingenuo.
Quando ormai è troppo tardi, i gonzi
scoprono scandali come quelli di Hatry, Krueger e Insull. Almeno un libro è
stato scritto per provare che le crisi sono dovute alle frodi di abili
promotori.
Ma probabilmente queste frodi non
avrebbero mai potuto diventare così grandi senza le cause originali costituite
da reali opportunità di investire con un profitto.
C’è probabilmente sempre una base
reale per la psicologia della “nuova era” prima che essa tramonti portando via
con sé le sue vittime.
Questo certamente fu il caso del
periodo che condusse al 1929.
48.
Riassumendo, abbiamo che
- i cambiamenti economici includono tendenze stabili e occasionali disturbi instabili che agiscono come iniziatori di oscillazioni cicliche di innumerevoli tipi;
- tra i molti disturbi occasionali ci sono le nuove opportunità di investimento, generate specialmente dalle nuove invenzioni;
- queste, con altre cause, talvolta cospirano per condurre a un grande volume di sovra-indebitamento;
- questo, a sua volta, conduce a tentativi di liquidare il debito;
- questi, a loro volta, conducono (a meno che non siano contrastati dalla reflazione) alla caduta dei prezzi o all’incremento del dollaro;
- l’incremento del dollaro può essere più veloce della diminuzione del numero dei dollari dovuti;
- in questo caso, la liquidazione non liquida affatto ma in realtà aggrava i debiti, e la depressione peggiora anziché migliorare, come è indicato da tutti e nove i fattori;
- le vie di uscita sono due, o con il laissez faire (i fallimenti) o con la medicina scientifica (la reflazione), e la reflazione avrebbe potuto benissimo essere applicata fin dall’inizio.
49.
La correttezza generale della “teoria
delle grandi depressioni come effetto del debito e della deflazione” sopra
esposta è, credo, evidenziata dall’esperienza dell’attuale e delle precedenti
depressioni.
Studi futuri da parte di altri senza
dubbio controlleranno questa opinione.
Un modo per attuare questo controllo
è quello di confrontare differenti paesi nello stesso periodo di tempo.
Se la “teoria del debito e della
deflazione“ è corretta, il contagio delle depressioni si trasmette
internazionalmente principalmente a causa di un comune standard monetario,
aureo oppure no, e devono essere trovate poche tendenze della depressione a
trasmettersi da paesi colpiti dalla deflazione a paesi che stanno
inflazionando, o che si stanno stabilizzando.
Alcune novità
Come ho affermato all’inizio, diverse
caratteristiche dell’analisi precedente sono, per quello che so, nuove.
Alcune di queste sono troppo
irrilevanti o evidenti perché le sottolinei.
Quella (Articolo 32, e anche il 36)
che mi avventuro a evidenziare maggiormente è la teoria secondo la quale quando
il sovra-indebitamento è così grande da deprimere i prezzi più velocemente di
quanto non proceda la liquidazione dei debiti, lo sforzo collettivo di tirarsi
fuori dai debiti ci affonda ancora di più nel debito. 4
Mi piacerebbe anche enfatizzare
l’intera articolazione logica dei nove fattori, tra i quali il debito e la
deflazione sono i due principali (Articoli 23, 24 e 28).
Richiamerei anche l’attenzione sulle nuove opportunità di investimento come
importanti “iniziatori” del sovra-indebitamento (Articoli 44 e 45).
Infine, enfatizzerei l’importante
corollario, della teoria del debito e della deflazione, che le grandi
depressioni possono essere curate e prevenute con la reflazione e la
stabilizzazione (Articoli 38-42).
Yale University
__________
NOTE
1
Molte di queste interrelazioni sono
state mostrate statisticamente, e da molti autori. Alcune, che mi sono state
mostrate e che si adattano alla teoria basata sul debito e la deflazione, sono:
che i cambiamenti dei prezzi, dopo un intervallo distribuito, causano, o sono
seguiti da, delle fluttuazioni corrispondenti del volume del commercio,
dell’occupazione, dei fallimenti, e del tasso di interesse.
I risultati, per quanto riguarda il
cambiamento dei prezzi e l’occupazione sono contenuti nelle carte II e III.
Si vedano i riferimenti alla fine di
questo saggio; e anche la nota numero 2, a proposito delle carte.
2
Si guardino le carte:
La Carta I mostra: (1) il livello dei
prezzi (P) e (2) il suo tasso percentuale di incremento o diminuzione (P’).
Quando quest’ultimo è ritardato con un ritardo distribuito secondo una curva di
probabilità così che i vari P’ si sovrappongono e cumulano abbiamo P', come nelle carte II e III. Questo P' è virtualmente una media ritardata dei P’.
Le Carte II e III mostrano P' confrontato con l’occupazione (E). P' può essere considerato come quella che sarebbe
l’occupazione se essa fosse controllata interamente dal cambiamento del livello
dei prezzi.
La Carta IV mostra il numero indice
settimanale (al dettaglio) ufficiale svedese confrontato con gli indici al
dettaglio mensile e all’ingrosso settimanale americani.
La Carta V mostra la stima del debito
interno degli Stati Uniti a confronto con la stima del valore nominale totale
della ricchezza. Le estensioni non ombreggiate delle barre verso l’alto
mostrano quali sarebbero i valori del 1933 se essi fossero incrementati del 75%
per convertirli in dollari del 1929 (in accordo con il numero indice dei prezzi
delle merci all’ingrosso).
La Carta VI mostra la stima degli
oneri annuali “fissi” (effettivamente pagati) a confronto con la stima del
reddito nazionale. Le estensioni non ombreggiate delle barre verso l’alto
mostrano quali sarebbero i valori del 1932 se essi fossero incrementati del 56%
per convertirli in dollari del 1929.
Le Carte VII e VIII mostrano le
principali statistiche disponibili prima e dopo il 4
marzo 1933,
raggruppate secondo l’ordine indicato nell’Articolo 27.
3
Alla fine, comunque, per evitare la
depressione, il gold standard avrebbe dovuto essere abbandonato o modificato
(con una svalutazione); perché, con il gold standard del 1929, i livelli dei
prezzi di allora non avrebbero potuto essere mantenuti per un periodo di tempo
indefinito a fronte (1) della “corsa all’oro” dovuta alla continua estensione
del gold standard per includere una nazione dopo l’altra; (2) del crescente
volume del commercio, e (3) della prospettiva dell’insufficienza dell’offerta
mondiale di oro.
4
Non scoprii questa interazione tra la
liquidazione e la deflazione fino al 1931, sebbene, con altri, io abbia
sottolineato sin dal 1909 il fatto che la deflazione tendeva verso la
depressione e l’inflazione verso l’espansione dell’economia.
Questa teoria del debito e della
deflazione fu per la prima volta affermata nelle mie lezioni a Yale nel 1931, e
per la prima volta presentata in pubblico alla American Association for the
Advancement of Science, il 1 gennaio 1932.
Essa è pienamente esposta nel mio Booms and Depressions, del 1932 […].
[…]
__________
CARTE
Le otto carte seguenti sono tutte su
di una “scala di rapporto” [ratio scale], tranne le Carte II, III, V, VI, e la
curva P' della Carta I . La scala di rapporto particolare utilizzata è indicata
in ciascun caso.
Si noterà che nelle Carte VII e VIII
tutte le curve hanno una scala di rapporto comune, indicata dall’inserto alla
destra di entrambe le carte, tranne le curve "Brokers' Loans" nella Carta
VII e "Failures Numbers", "Failures Liabilities" e
"Shares Traded" nella Carta VIII, queste quattro curve hanno un’altra
scala comune “ridotta”, cioè più piccola, indicata dall’inserto alla sinistra
della Carta VIII.
Si noterà inoltre che "Money in
Circulation", "Failures Numbers" e "Failures
Liabilities" sono invertite.
Tutti i dettagli su come P' nelle
Carte II e III è derivato da P' nella Carta I e anche su come P' nella Carta I
è derivato da P sono dati in "Our Unstable Dollar and the So-Called
Business Cycle," Journal of the American Statistical Association, June,
1925.
[FINE]
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