Joan Robinson
Open letter from a Keynesian to a Marxist
1953. Pubblicazione
disponibile qui.
Lettera aperta di una keynesiana a un marxista
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
Ti devo avvertire che troverai questa
lettera molto difficile da seguire.
Non però, spero, perché essa sia
difficile (non ti annoierò con l’algebra o con le curve di indifferenza) ma
perché la troverai così estremamente scioccante che sarai troppo frastornato per
comprenderla.
Innanzitutto desidero presentarmi.
Tu sei molto gentile, e cerchi di non
farmelo notare, ma, dato che sono una economista borghese, l’unico possibile
tuo interesse nel darmi retta è quello di sentire quale tipo particolare di
sciocchezze dirò.
Ancora peggio - io sono una
keynesiana di sinistra.
Traevo conclusioni di sinistra,
anziché di destra, dalla Teoria generale
molto tempo prima che essa fosse pubblicata.
(Ho avuto il privilegio di partecipare
al gruppo di amici che lavorarono con Keynes mentre veniva scritta)
Così proprio io sono stata la prima goccia
che sia mai caduta nel barattolo con l’etichetta “keynesiani di sinistra”. Inoltre,
costituisco oggi una parte abbastanza grande del contenuto di quel barattolo
perché molti che l’avevano riempito ne sono nel frattempo usciti.
Ora sai il peggio.
Ma desidero che tu mi consideri in
modo dialettico.
Il primo principio della dialettica è
che il significato di una proposizione dipende da ciò che nega.
Così la stessa proposizione ha due
significati opposti a seconda del fatto che tu pervenga ad essa dall’alto o dal
basso.
So grossomodo da quale angolazione tu
arrivi a Keynes, e conosco abbastanza bene il tuo punto di vista.
Usa solo un po’ di dialettica, e
prova a considerare il mio punto di vista.
Ero una studentessa quando l’economia
volgare si trovava in uno stato particolarmente volgare.
C’era la Gran Bretagna, sempre con
non meno di un milione di lavoratori disoccupati, e c’ero io, con il mio
supervisore che mi insegnava che è logicamente impossibile che esista la
disoccupazione grazie alla legge di Say.
Poi arriva Keynes e prova che la
legge di Say è priva di senso (anche Marx l’aveva fatto, certo, ma il mio
supervisore non attirò mai la mia attenzione sulle opinioni di Marx su questo
argomento).
Inoltre (e questo è il motivo per il
quale io sono una keynesiana di sinistra anziché di un altro tipo) mi accorgo
immediatamente che quello che Keynes sta mostrando è che la disoccupazione sarà
molto difficile da eliminare, perché non è solo un incidente - la
disoccupazione ha una funzione.
In breve, Keynes mi mise in mente
proprio quella idea dell’esercito di lavoratori di riserva che il mio
supervisore era stato così attento a mantenere lontana da me.
Se hai anche il più piccolo pizzico
di dialettica in te, vedrai che l’affermazione “io sono una keynesiana” ha un
significato totalmente differente quando la dico io rispetto a quello che
avrebbe se la dicessi tu (certo, tu non potresti mai farlo).
Quello che sto per dire e che ti
renderà o troppo frastornato o troppo agitato (secondo il tuo temperamento) per
comprendere il resto della mia lettera è questo: io capisco Marx molto meglio
di te.
(Ti darò una interessante spiegazione
storica del perché è così nel giro di un minuto, se non sarai divenuto completamente
rigido per il congelamento o agitato per il surriscaldamento prima di arrivare
a quel punto)
Quando dico che comprendo Marx meglio
di te, non intendo dire che conosco il testo meglio di te.
Se incominci a lanciarmi citazioni mi
confonderai immediatamente. Anzi, rinuncio a giocare a questo gioco prima che
tu inizi.
Quello che voglio dire è che io ho
Marx nelle mie ossa e che tu lo hai sulla tua bocca.
Per esempio - l’idea che il capitale
costante sia la materializzazione della forza lavoro impiegata nel passato.
Per te è qualcosa che deve essere
provato con una quantità di roba hegeliana e di affermazioni prive di senso.
Invece io dico (sebbene non usi una
terminologia così pomposa): “Naturalmente - cos’altro pensavi che potesse
essere?”.
Questo è il motivo per il quale mi
hai confuso così terribilmente. Mentre tu cercavi di provarlo, io pensavo che
quello di cui stavi parlando fosse qualcosa d’altro (non avrei mai potuto
capire cosa) che doveva essere provato.
E ancora, supponi che entrambi
desideriamo ricordare un certo punto difficile del Capitale, per esempio lo schema alla fine del secondo volume.
Cosa
fai tu? Prendi il libro dallo scaffale e lo consulti.
Cosa faccio io? Prendo un pezzo di
carta e lo ricavo.
Ora dirò qualcosa di ancora peggiore.
Supponiamo, giusto per fare un
esempio, che anch’io consulti il volume, e che mi accorga che la risposta sul
mio pezzo di carta non è quella che effettivamente si trova nel libro.
Cosa faccio? Controllo il mio lavoro
e, se non riesco a trovare alcun errore in esso, cerco un errore nel libro.
Ora suppongo che potrei anche smettere
di scrivere, perché tu penserai che io sia completamente pazza.
Ma se puoi continuare a leggere
ancora per un momento proverò a spiegarmi.
Sono stata educata a Cambridge, come
ti ho detto, in un periodo nel quale l’economia volgare aveva raggiunto la
massima profondità della volgarità.
Ma nello stesso tempo, in mezzo agli
sproloqui, era stata preservata una preziosa eredità - il modo di pensare di
Ricardo.
Non è una cosa che si possa imparare
dai libri.
Se tu volessi imparare ad andare
in bicicletta faresti un corso per
corrispondenza su come andare in bicicletta? No. Prenderesti in prestito una
vecchia bicicletta, e saliresti, e cadresti, e picchieresti i tuoi stinchi, e
vacilleresti, e poi, tutto ad un tratto, ecco fatto!, sei capace di andare in
bicicletta.
Era proprio così frequentare il corso
di economia a Cambridge.
Proprio come andare in bicicletta,
una volta che ne sei capace, è una seconda natura.
Quando leggo un passo del Capitale la prima cosa che devo fare è
capire quale significato di C ha in mente Marx in quel punto, se è la quantità
totale di lavoro incorporato (spesso non aiuta specificando quale sia - lo si
deve ricavare dal contesto), ma poi sono a cavallo della mia bicicletta, e mi
sento perfettamente a mio agio, come a casa.
Per un marxista è diverso. Egli sa
che quello che Marx dice deve essere giusto in ogni caso, quindi perché
dovrebbe sprecare le sue energie mentali per capire se C è una quantità o un
flusso?
Poi arrivo in un posto nel quale Marx
dice che intende il flusso, sebbene sia abbastanza chiaro dal contesto che
dovrebbe intendere lo stock. Crederesti a quello che faccio? Scendo dalla mia
bicicletta, correggo l’errore, salto di nuovo sulla bici e riparto.
Ora, supponiamo che io dica a un
marxista: “Guarda qui - intende lo stock o il flusso?”.
Il marxista risponde: “C è il
capitale costante”, e mi dà un lezioncina sul significato filosofico di
capitale costante.
Io dico: ”Non preoccuparti del
capitale costante, non ha confuso lo stock con il flusso?”.
Il marxista risponde: ”Come potrebbe
aver commesso un errore? Non sai che era un genio?”. E mi dà una lezioncina sul
genio di Marx.
Io penso tra me e me: “Quest’uomo sarà
anche un marxista ma non sa molto sui geni”. La tua mente cammina
lentamente, passo dopo passo, e ha il tempo per stare attenta ed evitare gli
scivoloni. Il tuo genio invece indossa gli stivali delle sette leghe, e procede
velocemente a lunghi passi, lasciando una traccia di fogli di carta con piccoli
errori dietro di lui (e chi se ne preoccupa?).
Io dico: ”Non preoccuparti del genio
di Marx. Questo è uno stock o un flusso?”.
Allora il marxista si stizzisce e
cambia argomento.
E io penso tra me e me: ”Quest’uomo
sarà anche una marxista ma non sa molto su come si va in bicicletta”.
La cosa che è interessante e curiosa
in tutto questo è che l’ideologia che avvolgeva come una nebbia la mia
bicicletta quando per la prima volta salii su di essa avrebbe dovuto essere
molto diversa dall’ideologia di Marx, e tuttavia la mia bicicletta avrebbe
dovuto essere simile alla sua, con qualche miglioramento moderno e qualche
peggioramento moderno.
Quello che sto per dire è più in linea
con le tue idee, così puoi rilassarti per un minuto.
Ricardo visse in un momento
particolare nel quale la storia inglese stava per subire una svolta così
profonda che le posizioni progressiste e reazionarie cambiarono di posto nel
corso di una generazione.
Egli visse proprio nel momento di
svolta nel quale i capitalisti stavano per soppiantare la vecchia aristocrazia
terriera come effettiva classe dirigente.
Ricardo era nel campo progressista.
La sua principale preoccupazione fu quella
di mostrare che i proprietari terrieri erano dei parassiti della società.
Nel fare questo egli fu in un certo
senso il campione dei capitalisti.
Essi erano parte delle forze
produttive contrapposte ai parassiti.
Egli era a favore dei capitalisti in
quanto era contro i proprietari terrieri molto più di quanto non fosse a favore
dei lavoratori in quanto contro i capitalisti (con la legge ferrea dei salari sarebbe andata a finire molto male per i lavoratori in ogni caso).
Ricardo fu seguito da due capaci e
ben preparati allievi - Marx e Marshall.
Nel frattempo la storia inglese aveva
compiuto la svolta e i proprietari terrieri non erano più il problema.
Ora il problema erano i capitalisti.
Marx rivoltò le argomentazioni di
Ricardo in questo modo: “I capitalisti sono molto simili ai proprietari
terrieri”.
E Marshall le rivoltò nell’altro
senso: “I proprietari terrieri sono molto simili ai capitalisti”.
Appena dopo questa svolta della
storia inglese vedi due biciclette della stessa marca - una pronta per essere
guidata verso sinistra, l’altra verso destra.
Marshall fece qualcosa di molto più
efficace rispetto al cambiare la risposta.
Egli cambiò la domanda.
Per Ricardo la Teoria del Valore era
uno strumento per studiare la distribuzione della produzione totale tra i
salari, le rendite e i profitti,
considerati nel loro complesso.
Questa è una grande questione
Marshall trasformò il significato del
Valore in una piccola questione: “Perché un uovo costa di più di una tazza di
tè?”.
E’ una piccola questione ma una
questione molto difficile e complicata.
Sono necessari molto tempo e molta algebra
per ricavare la teoria che risponde ad essa.
Così questa questione tenne occupati
gli allievi di Marshall per cinquant’anni.
Non avevano tempo per pensare alla
grande questione, o anche solo per ricordarsi che c’era una grande questione,
perché dovevano tenere il capo chino e lavorare sodo, per elaborare la teoria
del prezzo di una tazza di tè.
Keynes rivoltò la questione di nuovo.
Incominciò a pensare nei termini di
Ricardo: la produzione nel suo complesso, e perché preoccuparsi di una tazza di
tè?
Quando consideri la produzione nel suo complesso, i prezzi relativi sono
una conseguenza - compreso il prezzo relativo del denaro e del lavoro.
Il livello dei prezzi entra nel
discorso, ma come una complicazione, non come il punto principale.
Se hai una certa pratica con la
bicicletta di Ricardo non devi fermarti e domandarti cosa fare in un caso come
questo, lo fai e basta.
Escludi le complicazioni finché non
hai risolto il problema principale.
Così Keynes iniziò togliendo i prezzi
monetari dal percorso.
La tazza di tè di Marshall si
dissolse nel nulla.
Ma se non puoi usare la moneta, quale
unità di valore consideri?
Un’ora di lavoro di un uomo.
E' la misura più comoda e ragionevole
del valore, così la prendi naturalmente.
Non devi dimostrare niente, lo fai e
basta.
Ed eccoci qui - siamo tornati sulle
grandi questioni di Ricardo, e stiamo usando l’unità di valore di Marx.
Di che cosa ti lamenti?
Per amor del cielo, non parlarmi di Hegel.
Perché mai Hegel deve ficcare il naso
tra me e Ricardo?
[FINE]
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