domenica 22 dicembre 2013

Lettera aperta di una keynesiana a un marxista




Joan Robinson

Open letter from a Keynesian to a Marxist

1953. Pubblicazione disponibile qui.



Lettera aperta di una keynesiana a un marxista

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]



Ti devo avvertire che troverai questa lettera molto difficile da seguire.
Non però, spero, perché essa sia difficile (non ti annoierò con l’algebra o con le curve di indifferenza) ma perché la troverai così estremamente scioccante che sarai troppo frastornato per comprenderla.

Innanzitutto desidero presentarmi.
Tu sei molto gentile, e cerchi di non farmelo notare, ma, dato che sono una economista borghese, l’unico possibile tuo interesse nel darmi retta è quello di sentire quale tipo particolare di sciocchezze dirò.
Ancora peggio - io sono una keynesiana di sinistra.
Traevo conclusioni di sinistra, anziché di destra, dalla Teoria generale molto tempo prima che essa fosse pubblicata.
(Ho avuto il privilegio di partecipare al gruppo di amici che lavorarono con Keynes mentre veniva scritta)
Così proprio io sono stata la prima goccia che sia mai caduta nel barattolo con l’etichetta “keynesiani di sinistra”. Inoltre, costituisco oggi una parte abbastanza grande del contenuto di quel barattolo perché molti che l’avevano riempito ne sono nel frattempo usciti.
Ora sai il peggio.

Ma desidero che tu mi consideri in modo dialettico.
Il primo principio della dialettica è che il significato di una proposizione dipende da ciò che nega.
Così la stessa proposizione ha due significati opposti a seconda del fatto che tu pervenga ad essa dall’alto o dal basso.
So grossomodo da quale angolazione tu arrivi a Keynes, e conosco abbastanza bene il tuo punto di vista.
Usa solo un po’ di dialettica, e prova a considerare il mio punto di vista.

Ero una studentessa quando l’economia volgare si trovava in uno stato particolarmente volgare.
C’era la Gran Bretagna, sempre con non meno di un milione di lavoratori disoccupati, e c’ero io, con il mio supervisore che mi insegnava che è logicamente impossibile che esista la disoccupazione grazie alla legge di Say.

Poi arriva Keynes e prova che la legge di Say è priva di senso (anche Marx l’aveva fatto, certo, ma il mio supervisore non attirò mai la mia attenzione sulle opinioni di Marx su questo argomento).
Inoltre (e questo è il motivo per il quale io sono una keynesiana di sinistra anziché di un altro tipo) mi accorgo immediatamente che quello che Keynes sta mostrando è che la disoccupazione sarà molto difficile da eliminare, perché non è solo un incidente - la disoccupazione ha una funzione.
In breve, Keynes mi mise in mente proprio quella idea dell’esercito di lavoratori di riserva che il mio supervisore era stato così attento a mantenere lontana da me.

Se hai anche il più piccolo pizzico di dialettica in te, vedrai che l’affermazione “io sono una keynesiana” ha un significato totalmente differente quando la dico io rispetto a quello che avrebbe se la dicessi tu (certo, tu non potresti mai farlo).

Quello che sto per dire e che ti renderà o troppo frastornato o troppo agitato (secondo il tuo temperamento) per comprendere il resto della mia lettera è questo: io capisco Marx molto meglio di te.
(Ti darò una interessante spiegazione storica del perché è così nel giro di un minuto, se non sarai divenuto completamente rigido per il congelamento o agitato per il surriscaldamento prima di arrivare a quel punto)

Quando dico che comprendo Marx meglio di te, non intendo dire che conosco il testo meglio di te.
Se incominci a lanciarmi citazioni mi confonderai immediatamente. Anzi, rinuncio a giocare a questo gioco prima che tu inizi.

Quello che voglio dire è che io ho Marx nelle mie ossa e che tu lo hai sulla tua bocca.
Per esempio - l’idea che il capitale costante sia la materializzazione della forza lavoro impiegata nel passato.
Per te è qualcosa che deve essere provato con una quantità di roba hegeliana e di affermazioni prive di senso.
Invece io dico (sebbene non usi una terminologia così pomposa): “Naturalmente - cos’altro pensavi che potesse essere?”.
Questo è il motivo per il quale mi hai confuso così terribilmente. Mentre tu cercavi di provarlo, io pensavo che quello di cui stavi parlando fosse qualcosa d’altro (non avrei mai potuto capire cosa) che doveva essere provato.

E ancora, supponi che entrambi desideriamo ricordare un certo punto difficile del Capitale, per esempio lo schema alla fine del secondo volume.
Cosa fai tu? Prendi il libro dallo scaffale e lo consulti.
Cosa faccio io? Prendo un pezzo di carta e lo ricavo.

Ora dirò qualcosa di ancora peggiore.
Supponiamo, giusto per fare un esempio, che anch’io consulti il volume, e che mi accorga che la risposta sul mio pezzo di carta non è quella che effettivamente si trova nel libro.
Cosa faccio? Controllo il mio lavoro e, se non riesco a trovare alcun errore in esso, cerco un errore nel libro.

Ora suppongo che potrei anche smettere di scrivere, perché tu penserai che io sia completamente pazza.
Ma se puoi continuare a leggere ancora per un momento proverò a spiegarmi.

Sono stata educata a Cambridge, come ti ho detto, in un periodo nel quale l’economia volgare aveva raggiunto la massima profondità della volgarità.
Ma nello stesso tempo, in mezzo agli sproloqui, era stata preservata una preziosa eredità - il modo di pensare di Ricardo.

Non è una cosa che si possa imparare dai libri.
Se tu volessi imparare ad andare in  bicicletta faresti un corso per corrispondenza su come andare in bicicletta? No. Prenderesti in prestito una vecchia bicicletta, e saliresti, e cadresti, e picchieresti i tuoi stinchi, e vacilleresti, e poi, tutto ad un tratto, ecco fatto!, sei capace di andare in bicicletta.
Era proprio così frequentare il corso di economia a Cambridge.
Proprio come andare in bicicletta, una volta che ne sei capace, è una seconda natura.

Quando leggo un passo del Capitale la prima cosa che devo fare è capire quale significato di C ha in mente Marx in quel punto, se è la quantità totale di lavoro incorporato (spesso non aiuta specificando quale sia - lo si deve ricavare dal contesto), ma poi sono a cavallo della mia bicicletta, e mi sento perfettamente a mio agio, come a casa.
Per un marxista è diverso. Egli sa che quello che Marx dice deve essere giusto in ogni caso, quindi perché dovrebbe sprecare le sue energie mentali per capire se C è una quantità o un flusso?
Poi arrivo in un posto nel quale Marx dice che intende il flusso, sebbene sia abbastanza chiaro dal contesto che dovrebbe intendere lo stock. Crederesti a quello che faccio? Scendo dalla mia bicicletta, correggo l’errore, salto di nuovo sulla bici e riparto.

Ora, supponiamo che io dica a un marxista: “Guarda qui - intende lo stock o il flusso?”.
Il marxista risponde: “C è il capitale costante”, e mi dà un lezioncina sul significato filosofico di capitale costante.
Io dico: ”Non preoccuparti del capitale costante, non ha confuso lo stock con il flusso?”.
Il marxista risponde: ”Come potrebbe aver commesso un errore? Non sai che era un genio?”. E mi dà una lezioncina sul genio di Marx.
Io penso tra me e me: “Quest’uomo sarà anche un marxista ma non sa molto sui geni”. La tua mente cammina lentamente, passo dopo passo, e ha il tempo per stare attenta ed evitare gli scivoloni. Il tuo genio invece indossa gli stivali delle sette leghe, e procede velocemente a lunghi passi, lasciando una traccia di fogli di carta con piccoli errori dietro di lui (e chi se ne preoccupa?).
Io dico: ”Non preoccuparti del genio di Marx. Questo è uno stock o un flusso?”.
Allora il marxista si stizzisce e cambia argomento.
E io penso tra me e me: ”Quest’uomo sarà anche una marxista ma non sa molto su come si va in bicicletta”.

La cosa che è interessante e curiosa in tutto questo è che l’ideologia che avvolgeva come una nebbia la mia bicicletta quando per la prima volta salii su di essa avrebbe dovuto essere molto diversa dall’ideologia di Marx, e tuttavia la mia bicicletta avrebbe dovuto essere simile alla sua, con qualche miglioramento moderno e qualche peggioramento moderno.
Quello che sto per dire è più in linea con le tue idee, così puoi rilassarti per un minuto.

Ricardo visse in un momento particolare nel quale la storia inglese stava per subire una svolta così profonda che le posizioni progressiste e reazionarie cambiarono di posto nel corso di una generazione.
Egli visse proprio nel momento di svolta nel quale i capitalisti stavano per soppiantare la vecchia aristocrazia terriera come effettiva classe dirigente.
Ricardo era nel campo progressista.
La sua principale preoccupazione fu quella di mostrare che i proprietari terrieri erano dei parassiti della società.
Nel fare questo egli fu in un certo senso il campione dei capitalisti.
Essi erano parte delle forze produttive contrapposte ai parassiti.
Egli era a favore dei capitalisti in quanto era contro i proprietari terrieri molto più di quanto non fosse a favore dei lavoratori in quanto contro i capitalisti (con la legge ferrea dei salari sarebbe andata a finire molto male per i lavoratori in ogni caso).

Ricardo fu seguito da due capaci e ben preparati allievi - Marx e Marshall.
Nel frattempo la storia inglese aveva compiuto la svolta e i proprietari terrieri non erano più il problema.
Ora il problema erano i capitalisti.
Marx rivoltò le argomentazioni di Ricardo in questo modo: “I capitalisti sono molto simili ai proprietari terrieri”.
E Marshall le rivoltò nell’altro senso: “I proprietari terrieri sono molto simili ai capitalisti”.
Appena dopo questa svolta della storia inglese vedi due biciclette della stessa marca - una pronta per essere guidata verso sinistra, l’altra verso destra.

Marshall fece qualcosa di molto più efficace rispetto al cambiare la risposta.
Egli cambiò la domanda.
Per Ricardo la Teoria del Valore era uno strumento per studiare la distribuzione della produzione totale tra i salari, le rendite e i profitti, considerati nel loro complesso.
Questa è una grande questione

Marshall trasformò il significato del Valore in una piccola questione: “Perché un uovo costa di più di una tazza di tè?”.
E’ una piccola questione ma una questione molto difficile e complicata.
Sono necessari molto tempo e molta algebra per ricavare la teoria che risponde ad essa.
Così questa questione tenne occupati gli allievi di Marshall per cinquant’anni.
Non avevano tempo per pensare alla grande questione, o anche solo per ricordarsi che c’era una grande questione, perché dovevano tenere il capo chino e lavorare sodo, per elaborare la teoria del prezzo di una tazza di tè.

Keynes rivoltò la questione di nuovo.
Incominciò a pensare nei termini di Ricardo: la produzione nel suo complesso, e perché preoccuparsi di una tazza di tè?
Quando consideri la produzione nel suo complesso, i prezzi relativi sono una conseguenza - compreso il prezzo relativo del denaro e del lavoro.
Il livello dei prezzi entra nel discorso, ma come una complicazione, non come il punto principale.
Se hai una certa pratica con la bicicletta di Ricardo non devi fermarti e domandarti cosa fare in un caso come questo, lo fai e basta.
Escludi le complicazioni finché non hai risolto il problema principale.
Così Keynes iniziò togliendo i prezzi monetari dal percorso.
La tazza di tè di Marshall si dissolse nel nulla.
Ma se non puoi usare la moneta, quale unità di valore consideri?
Un’ora di lavoro di un uomo.
E' la misura più comoda e ragionevole del valore, così la prendi naturalmente.
Non devi dimostrare niente, lo fai e basta.
Ed eccoci qui - siamo tornati sulle grandi questioni di Ricardo, e stiamo usando l’unità di valore di Marx.
Di che cosa ti lamenti?

Per amor del cielo, non parlarmi di Hegel.
Perché mai Hegel deve ficcare il naso tra me e Ricardo?


[FINE]


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