Hyman P. Minsky
The Financial Instability Hypothesis
Working paper No.
74, May 1992.
Pubblicazione
disponibile qui.
L’ipotesi della instabilità finanziaria
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
L’ipotesi della instabilità
finanziaria ha aspetti sia empirici che teorici.
L’aspetto empirico che si può
osservare immediatamente è il fatto che, di tanto in tanto, le economie
capitaliste presentano inflazioni e deflazioni causate dai debiti che sembrano poter
sfuggire al controllo.
In questo tipo di processi, le
reazioni del sistema economico a un movimento dell’economia amplificano il
movimento - l’inflazione si nutre dell’inflazione e la deflazione causata dal
debito si nutre della deflazione causata dal debito.
Gli interventi dei governi mirati a
contenere il deteriorarsi della condizione economica sembrano essere stati inadeguati in alcune delle crisi della
storia.
Questi episodi storici sono
l’evidenza a favore della tesi che l’economia non sempre sia aderente ai
precetti classici di Smith e Walras: essi supposero che l’economia potesse
essere compresa meglio assumendo che essa fosse sempre un sistema che si muove
verso l’equilibrio e che lo mantiene.
La descrizione classica della
deflazione causata dal debito [debt deflation] fu data da Irving Fisher (1933) mentre
la descrizione classica dei processi che allontanano sempre di più l’economia
dall’equilibrio [self-sustaining disequilibrating processes] fu data da Charles
Kindleberger (1978).
Martin Wolfson (1986) non solo
presenta una raccolta di dati sull’emergere di relazioni finanziarie che
conducono all’instabilità finanziaria ma esamina anche diverse teorie che
spiegano il ciclo economico sulla base delle crisi finanziarie.
Come teoria economica, l’ipotesi
della instabilità finanziaria è una interpretazione della sostanza della
“Teoria generale” di Keynes.
Questa interpretazione colloca la “Teoria generale” nella storia.
Dato che la “Teoria Generale” fu
scritta nei primi anni ’30, la grande depressione finanziaria e reale degli
Stati Uniti e delle altre economie capitaliste di quegli anni costituì parte
dell’evidenza che la teoria intendeva spiegare.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria si basa anche sulla considerazione del denaro e della finanza come
credito [credit view of money and finance] proposta da Joseph Schumpeter (1934,
cap.3).
Lavori fondamentali per l’ipotesi
della instabilità finanziaria in senso stretto sono, ovviamente, quelli di
Hyman P. Minsky (1975, 1986).
La spiegazione teorica dell’ipotesi
della instabilità finanziaria prende avvio dal caratterizzare l’economia come
una economia capitalista con costosi beni capitali [capital assets] e un
complesso, sofisticato, sistema finanziario.
Il problema economico è identificato,
seguendo Keynes, nello ”sviluppo del capitale dell’economia” [capital development of the economy], invece che nella
“allocazione di risorse date tra impieghi differenti” [allocation of given resources among alternative employments] proposta da Knight.
L’attenzione è posta su di una
economia capitalista che evolve nel tempo reale accumulando capitale
[accumulating capitalist economy that moves through real calendar time].
Lo sviluppo del capitale di una
economia capitalista è accompagnato dagli scambi di denaro attuale in cambio di
denaro futuro.
Il denaro attuale [present money] paga
le risorse immesse nella produzione di beni di investimento, mentre il denaro
futuro [future money] è costituito dai “profitti” che accumuleranno le imprese
proprietarie dei beni capitali (mentre questi beni capitali sono impiegati
nella produzione).
Come conseguenza del processo con il
quale sono finanziati gli investimenti, il controllo sui beni capitali
accumulati [items in the capital stock] da parte delle unità produttive è
finanziato con passività - queste passività sono impegni a pagare una certa
quantità di denaro a date prefissate o al verificarsi di determinate
condizioni.
Per ogni unità economica, le
passività del suo bilancio [balance sheet] determinano una serie temporale di
impegni di pagamento assunti in passato, anche quando le attività generano una
serie temporale di incassi solo ipotizzati.
Questa struttura fu ben descritta da
Keynes (1972, p.151):
C’è una moltitudine di attività reali
nel mondo che costituisce la nostra ricchezza capitale - edifici, scorte di
prodotti, prodotti in corso di lavorazione e di consegna, e così via.
I proprietari nominali di queste
attività, tuttavia, non raramente hanno preso
in prestito del denaro (enfasi di Keynes) per entrarne in possesso.
Nella stessa misura gli effettivi
proprietari di questa ricchezza hanno il diritto di ricevere non attività reali
ma denaro.
Una considerevole parte di questa
attività di finanziamento avviene attraverso il sistema bancario, che interpone
la sua garanzia tra i depositanti che gli prestano il denaro e i suoi clienti
ai quali presta il denaro con il quale finanziare l’acquisto di attività reali.
L’interposizione di questo velo
monetario [veil of money] tra le attività reali e i possessori della ricchezza
è una caratteristica molto particolare del mondo moderno.
Questo “velo monetario” di Keynes è
differente dal “velo monetario” della teoria quantitativa della moneta
[Quantity Theory of Money].
Il velo monetario della teoria
quantitativa comporta che gli scambi commerciali sui mercati delle merci siano
di prodotti in cambio di moneta e di moneta in cambio di prodotti: dunque, gli
scambi sono in realtà di prodotti in cambio di prodotti.
Il velo monetario di Keynes implica
che il denaro sia connesso con le attività di finanziamento nel tempo.
Una parte delle attività di
finanziamento dell’economia può essere strutturata come impegni di pagamento a
una certa scadenza nei quali le banche sono gli attori principali.
I flussi di denaro sono innanzitutto dai
depositanti verso le banche e dalle banche verso le imprese: poi, a una certa
data successiva, dalle imprese verso le banche e dalle banche verso i loro
depositanti.
Inizialmente, gli scambi sono diretti
a finanziare gli investimenti e, successivamente, gli scambi adempiono i
precedenti impegni stabiliti nei contratti di finanziamento.
Nel mondo del “velo monetario” di
Keynes, il flusso di denaro diretto verso le imprese è una conseguenza delle
aspettative di profitti futuri, e il flusso di denaro proveniente dalle imprese
è finanziato dai profitti realizzati.
Nell’impostazione di Keynes, gli
scambi economici principali avvengono come conseguenza delle negoziazioni tra
le banche e gli uomini d’affari.
I documenti “sul tavolo” in queste
negoziazioni descrivono nel dettaglio i costi e le aspettative di profitto
degli uomini d’affari: gli uomini d’affari interpretano i numeri e le
aspettative con entusiasmo, i banchieri con scetticismo.
Così, in una economia capitalista, il
passato, il presente, e il futuro sono collegati non solo dalle caratteristiche
dei beni capitali e della forza lavoro ma anche dalle relazioni finanziarie.
Le relazioni finanziarie principali collegano
la creazione e la proprietà dei beni capitali con la struttura delle relazioni
finanziarie e con i cambiamenti di questa struttura.
La complessità delle istituzioni può comportare
diversi livelli di intermediazione tra gli effettivi proprietari della
ricchezza di una comunità e le unità che controllano e impiegano la ricchezza
di una comunità.
Le aspettative relative ai profitti delle
imprese determinano sia il flusso dei contratti di finanziamento verso le imprese
che il prezzo di mercato dei contratti di finanziamento esistenti.
La realizzazione dei profitti
determina il soddisfacimento, o meno, degli impegni presi con i contratti di
finanziamento - a seconda che le attività finanziate diano oppure no i risultati
indicati nei documenti esaminati nel corso delle negoziazioni.
Nel mondo moderno, l’analisi delle
relazioni finanziarie e delle loro implicazioni per il comportamento del
sistema economico non può limitarsi alla struttura delle passività delle imprese
e ai flussi di cassa che esse comportano.
Le famiglie (attraverso la
possibilità di indebitarsi con le carte di credito per acquistare beni di
consumo costosi come le automobili e con i mutui per l’acquisto di case, e di
acquistare attività finanziarie), i governi (con i loro enormi debiti
consolidati e di nuova emissione), e le unità internazionali (conseguenza della
internazionalizzazione della finanza) hanno strutture delle passività che lo
stato attuale dell’economia può validare o invalidare.
Una crescente complessità della
struttura finanziaria, in connessione con un maggiore coinvolgimento dei
governi come attori del rifinanziamento delle istituzioni finanziarie oltre che
delle imprese ordinarie (entrambe queste caratteristiche peculiari del mondo
moderno), può far sì che il sistema si comporti in modo diverso rispetto alle
epoche precedenti.
In particolare, la molto maggiore
partecipazione dei governi nazionali nell’assicurare che il sistema finanziario
non degeneri come nel periodo 1929-1933 significa che la vulnerabilità verso il
basso dei profitti aggregati è stata molto
ridotta.
Tuttavia, gli stessi interventi
possono benissimo indurre un maggior grado di distorsione verso l’alto (cioè
inflazionistica) all’economia.
Nonostante la maggiore complessità
delle relazioni finanziarie, la determinante principale del comportamento del
sistema economico rimane il livello dei profitti.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria incorpora il punto di vista di Kalecki (1965) e dei Levy (1983) sui
profitti, secondo il quale è la struttura della domanda aggregata che determina
i profitti.
Nel modello scheletrico, con un
comportamento di consumo estremamente semplificato dei percettori di rendite da
profitti e salari, in ciascun periodo i profitti aggregati eguagliano gli
investimenti aggregati.
In un modello più complesso (sebbene
ancora molto astratto), i profitti aggregati eguagliano la somma degli
investimenti aggregati e del disavanzo dello Stato.
Le aspettative di profitti dipendono
dagli investimenti futuri, e i profitti realizzati sono determinati dagli
investimenti [compiuti]: così, il fatto che le passività siano validate oppure
no dipende dagli investimenti.
Gli investimenti hanno luogo oggi perché
gli uomini d’affari e i loro banchieri si aspettano che gli investimenti
abbiano luogo nel futuro.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria, perciò, è una teoria dell’impatto del debito sul sistema economico
e incorpora anche il modo in cui il debito è validato.
Al contrario della teoria
quantitativa della moneta ortodossa, l’ipotesi della instabilità finanziaria
prende sul serio l’attività bancaria come una attività guidata dalla ricerca
del profitto.
Le banche ricercano il profitto attraverso
l’attività finanziaria e i servizi bancari.
Come tutti gli imprenditori in una
economia capitalista, i banchieri sono consapevoli del fatto che l’innovazione
assicura profitti.
Così, i banchieri (utilizzando questo
termine per indicare tutti gli intermediari finanziari), siano essi intermediari
o distributori, commerciano il debito e si sforzano di innovare le attività che
acquistano e le passività che vendono.
L’innovazione presente nell’attività
bancaria e finanziaria rende falso il presupposto fondamentale della teoria
quantitativa della moneta ortodossa che esista qualcosa come una “moneta”
immutabile la cui velocità di circolazione sia abbastanza vicina all’essere
costante e che quindi cambiamenti nell’offerta di moneta siano legati con una relazione
lineare proporzionale a un ben definito livello dei prezzi.
Tre distinte relazioni reddito-debito
possono essere identificate per le unità economiche: posizione finanziaria coperta,
speculativa, e Ponzi.
Le unità economiche con una posizione
finanziaria coperta [hedge finance] sono quelle che possono soddisfare tutte le
loro obbligazioni di pagamento contrattuali con i loro flussi di cassa:
maggiore è il peso del capitale proprio nella struttura delle passività di una
unità e maggiore è la probabilità che essa abbia una posizione finanziaria
coperta.
Le unità economiche con una posizione
finanziaria speculativa [speculative finance] sono quelle unità che possono fare
fronte nel “conto
economico” agli impegni di pagamento derivanti dalle loro passività, anche se non possono ripagare il capitale preso in prestito con i flussi di
cassa della loro gestione caratteristica.
Queste unità devono “rotare” le loro
passività: ad esempio emettendo nuovo debito per fare fronte agli impegni di
rimborso del debito giunto a scadenza.
Gli stati con le nuove emissioni di
debito, le società per azioni con l’emissione di obbligazioni, e le banche sono
tipicamente unità speculative.
Le unità economiche con una posizione
finanziaria Ponzi [Ponzi finance] sono quelle unità i cui flussi di cassa
derivanti dalla gestione caratteristica non sono sufficienti né per il rimborso
dei capitali presi in prestito né per il pagamento degli interessi dovuti per i
debiti contratti.
Queste unità possono o vendere
attività o indebitarsi.
Indebitarsi per pagare gli interessi
o vendere attività per pagare gli interessi (o anche dividendi alle azioni
comuni) riduce il capitale proprio per azione, anche se incrementa le passività
e l’impegno predeterminato dei redditi futuri.
Una unità con una posizione
finanziaria Ponzi riduce il margine di sicurezza che essa offre ai detentori
del suo debito.
Si può dimostrare che se domina la finanza
coperta allora l’economia può essere effettivamente un sistema che tende verso
l’equilibrio e lo conserva.
Al contrario, maggiore è il peso
della finanza speculativa o della finanza Ponzi e maggiore è la probabilità che
l’economia sia un sistema che amplifica le deviazioni dall’equilibrio.
Il primo teorema dell’ipotesi della
instabilità finanziaria è che l’economia abbia regimi finanziari nei quali è
stabile e regimi finanziari nei quali è instabile.
Il secondo teorema dell’ipotesi della
instabilità finanziaria è che nel corso di prolungati periodi di prosperità,
l’economia passi da relazioni finanziarie che rendono stabile il sistema economico
a relazioni finanziarie che rendono instabile il sistema economico.
In particolare, nel corso di un
prolungato periodo di prosperità, le economie capitaliste tendono a spostarsi
da una struttura finanziaria dominata da unità economiche con una posizione
finanziaria coperta a una struttura nella quale gran parte delle unità
economiche hanno posizioni finanziarie speculative o Ponzi.
Inoltre, se un’economia con un’ampia
parte delle unità economiche caratterizzate da una posizione finanziaria
speculativa è in uno stato inflazionistico, e se le autorità tentano di
combattere l’inflazione con una politica monetaria restrittiva, allora la
posizione finanziaria speculativa di queste unità economiche diventerà una
posizione finanziaria Ponzi e il valore netto delle unità economiche già con
una posizione finanziaria Ponzi evaporerà velocemente.
Conseguentemente le unità con flussi
di cassa insufficienti saranno costrette a cercare di consolidare la propria
posizione vendendo posizioni.
Questo probabilmente condurrà a un
crollo del valore delle attività.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria è un modello dell’economia capitalista che non si basa su shock
esogeni per spiegare il verificarsi di cicli economici di gravità variabile.
L’ipotesi della instabilità
finanziaria sostiene che i cicli economici della storia sono il risultato (i)
delle dinamiche interne delle economie capitaliste, e (ii) del sistema di
interventi e regolamenti previsti per mantenere l’attività economica
all’interno di confini ragionevoli.
__________
Riferimenti.
Kalecki,
Michal. (1965). Theory of Economic
Dynamics. London:
Allen and Unwin.
Keynes,
John Maynard. (1936). The General Theory
of Employment, Interest, and Money. New
York: Hartcourt Brace.
Keynes,
John Maynard. (1972). Essays in
Persuasion, The collected Writings of John Maynard Keynes, Volume IX.
MacMillan, St.
Martins Press, for the Royal Economic Society, London
and Basingstoke.
Kindleberger,
Charles. (1978). Manias, Panics and
Crashes. New York,
Basic Books.
Levy S. Jay e David A. (1983). Profits and the Future of American
Society. New York,
Harper and Row.
Minsky,
Hyman P. (1975). John Maynard Keynes.
Columbia University
press.
Minsky,
Hyman P. (1986). Stabilizing an Unstable
Economy. Yale University
press.
Schumpeter,
Joseph A. (1934). Theory of Economic
Development. Cambridge, Mass. Harvard University
Press.
Wolfson,
Martin H. (1986). Financial Crises.
Armonk New York, M.E. Sharpe Inc.
[FINE]
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