Karl Marx
Lettera a Friedrich Engels del 2 aprile 1851
Karl
Marx, Il denaro. Genesi ed essenza, Editori Riuniti, Roma 1990, p. IX.
Sono così avanti che nel giro di
cinque settimane mi sbarazzerò di tutta questa merda economica.
Et cela fait, elaborerò a casa l’Economia, e al
Museum mi butterò su di un’altra scienza: Ça commence a m’ennuyer.
Au fond, questa scienza, dopo A. Smith e D.
Ricardo, non ha più fatto nessun passo avanti, per quanto molto sia avvenuto in
singole ricerche, spesso superdelicate.
John Maynard Keynes
Lettera a George Bernard Shaw del 1 gennaio 1935
R. F.
Harrod, La vita di J. M. Keynes, Giulio Einaudi editore, Torino 1965, p.539.
Grazie della sua lettera. Cercherò di
far tesoro delle sue parole.
Deve esserci qualcosa in quello
che lei dice, perché generalmente c’è. Ma, la settimana scorsa, ho dato un
altro colpo al vecchio K.M. leggendo la corrispondenza Marx-Engels appena
pubblicata, senza fare grandi progressi. Dei due, preferisco Engels. Convengo
che hanno inventato un certo metodo di tirare avanti e un modo di scrivere di
bassa lega (cose che i successori hanno fedelmente conservato); ma se mi dice
che hanno scoperto una chiave al garbuglio economico, sono battuto – non riesco
a scoprirvi nulla all’infuori di polemiche sorpassate.
Tuttavia, per capire il mio
stato d’animo, deve sapere che credo di star scrivendo un libro sulla teoria
economica che rivoluzionerà in larga misura – non subito, immagino, ma nel
corso dei prossimi dieci anni – il modo di pensare generale sui problemi
economici. Quando la mia nuova teoria sarà debitamente assimilata, e infusa
nella politica e nei sentimenti e nelle passioni, non posso predire quale sarà
l’esito finale nei suoi riflessi sull’azione e sulle cose. Ma vi sarà una
trasformazione profonda e, in particolare, saranno spazzate via le fondamenta
ricardiane del marxismo.
Non posso pretendere che lei, o
chiunque altro, ci creda, al momento. Ma, per parte mia, non spero soltanto in
quello che dico – ne ho l’assoluta certezza interiore.
[FINE]
Quanta acrimonia anticomunista nelle parole del miliardario keynes. Perfino a detta di Galbraith la sua fu una "cauta riforma conservatrice". Più avanti la definisce anche "asimmetrica politicamente".
RispondiEliminaA detta di Galbraith e più avanti dove?
EliminaCerto, perché David Ricardo era un famosissimo comunista, com'è a tutti noto. O no?
EliminaChe tristezza...
Giusto per capire di cosa stiamo parlando...
EliminaTratto da Elementi di Economia, p. 14 (è una dispensa di economia ad uso degli ITIS):
«… Smith ammetteva che le condizioni economico-sociali potessero modificarsi, in particolare per effetto della cumulazione del capitale, in modo da far permanere, anche a lungo, il salario naturale a livelli superiori al minimo.
La visione di Ricardo è meno articolata e, anche per l’influenza che su questi temi era al tempo esercitata da Malthus, egli è portato a far coincidere il salario naturale con la mera sussistenza.»
Che tristezza lo dico io, che ho letto Galbraith che spiega che l'idea del plusvalore Marx la prese da Ricardo e da Smith. Sono quelle le basi ricardiane del marxismo che voleva spazzare via "baffino lo smilzo". Tant'è che qualcuno dice che nell'iconografia comunista che vede affiancate le capocce di Marx Engels e Lenin dovrebbe comparire anche Ricardo (cosa letta sempre su Galbraith)
EliminaNon mi risulta che il nostro ci sia riuscito. Casomai l'alternativa alla teoria del plusvalore è la teoria delle utilità marginali che non è roba di cheinz - detto per inciso un imitatore di ciò che gli economisti svedesi facevano già 10 anni prima (e anche questo lo dice Galbraith che le cose non le manda a dire).
Se non hai capito mr. Itis, fattelo spiegare dal dott Giechil quando non ha l'altra personalità (mr.Bagnaid) che ha me mi avete rotto le palle
Va bene che l'accostamento delle due lettere, di Marx e di Keynes, è volutamente provocatorio ma non mi sembra il caso di arrivare agli insulti personali! :)
EliminaPer pubblicare il mio commento il padrone di casa ha posto come condizione che non raccogliessi alcuna provocazione. Mi riservo eventuale risposta in separata sede.
EliminaNon conosco il contesto della lettera di Keynes e quindi non posso dire con certezza a cosa si riferisce con quel "spazzare via le fondamenta ricardiane" (se vuoi e puoi, Giorgio, mi piacerebbe un chiarimento), ma volendo azzardare propendo per un residuo di legge degli sbocchi di Say, secondo cui l'offerta crea la domanda. Se c'è una cosa per cui Keynes è noto, anche al profano come me, è proprio l'enfasi sulla domanda.
L'idea che Keynes volesse spazzare via la teoria del plusvalore tout court mi sembra poco credibile. Tratto da La dinamica dei capitali: saggio di economia monetaria, di Francesco Rizzo:
p. 133
«In questa logica le decisioni di risparmio non s'identificano con le decisioni d'investimento. Nasce il problema della domanda effettiva. È Marx il primo ad intuire, non senza qualche concessione all'ottica dell'equilibrio, che non tutto il risparmio (o il plusvalore) si traduce in investimento. Anche se non è affatto vero che il plusvalore precede l'investimento, come Kalecki e Keynes hanno dimostrato. Ma se Marx, Kalecki e Keynes condividono la tesi che la dinamica del capitalismo sia fondata sugli investimenti, qual è la differenza che passa tra Marx (Ricardo e Sraffa), Kalecki e Keynes?
Per Marx e Ricardo il saggio di profitto e la distribuzione del reddito sono indipendenti dalla domanda. Entrambi, seppure con ragionamenti diversi, si riferiscono a «situazioni compiutamente assestate» [38] in cui il»
p. 134
«processo di adeguamento della domada e dell'offerta è già avvenuto e si registra una relazione inversa tra salari e profitti. Sraffa elabora la sua analisi alla stessa maniera. [...] Per spostare il baricentro dall'"ottica dell'equilibrio" all'"ottica dell'accumulazione" [21] bisogna portare a compimento il processo iniziato da Keynes e Kalecki. Solo così si può ricostruire una teoria economica su basi non marginalistiche e non monetaristiche. Keynes ha due anime, però la linea dell'accumulazione prevale su quella dell'equilibrio. Alla lunga l'anima eterodossa di Keynes, acuto rilevatore della contraddittorietà del sistema capitalistico, prevale sulle sue residue inclinazioni neoclassiche.»
"Storia dell'economia" John Kenneth Galbraith
RispondiEliminaLasciami credere che l'acrimonia è con Ricardo, che infinocchiò persino il Marxismo, ed è proprio Keynes, marxista, che lo raddrizza.
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