Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

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domenica 11 maggio 2014

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L'Unione Europea non è riformabile




João Ferreira

A União Europeia não é reformável

Intervista a Avante!, 20 marzo 2014.
Pubblicazione disponibile qui.
Traduzione di marx21.it (qui parzialmente rivista).
João Ferreira è il capolista della Coalizione democratica unitaria (la coalizione promossa dal Partito comunista portoghese) nelle elezioni del Parlamento Europeo del 25 maggio.




L'Unione Europea non è riformabile




Quale importanza assumono le prossime elezioni per il Parlamento Europeo nel quadro dell'attuale situazione politica?

Assumono una indiscutibile importanza.
Il Portogallo vive uno dei momenti più bui della sua storia.
Mai come oggi è stata tanto evidente la relazione tra i principali problemi del Paese e i vincoli imposti dall'integrazione capitalista europea – il sostegno principale alle politiche di destra, nel corso degli ultimi 28 anni.
I partiti che si sono alternati al governo lungo questo periodo sono gli stessi che nelle istituzioni dell'Unione Europea, compreso il Parlamento Europeo, hanno sottomesso il Portogallo, ripetutamente e in modo crescente, a decisioni contrarie ai suoi interessi.
Queste elezioni sono un'opportunità non solo per eleggere più deputati del Partito comunista portoghese e dei suoi alleati nella Coalizione democratica unitaria (CDU) – deputati impegnati nella difesa degli interessi nazionali e nella ferma difesa degli interessi dei lavoratori e del popolo – il che, già di per sé non sarebbe poca cosa, ma anche per dare più forza all'esigenza delle dimissioni di questo governo e della sconfitta della politica di destra.
[...]

C'è chi, pur concordando con le giuste critiche che indirizziamo all'integrazione capitalista europea e alle sue conseguenze, si domanda per quale ragione allora votare e appoggiare chi è contro l'Unione Europea?

Il popolo portoghese e il Portogallo hanno bisogno nel Parlamento Europeo di deputati che difendano convintamente e coraggiosamente gli interessi nazionali e non di deputati ossequienti e sottomessi ai disegni e alle proposte dell'Unione Europea.
Io direi che chi concorda con le critiche che indirizziamo all'integrazione capitalista europea non potrà assumere altro atteggiamento che quello di appoggiare e votare chi, come il Partito comunista portoghese e la Coalizione democratica unitaria, da sempre, con coerenza e in modo solidamente argomentato, ha previsto e contrastato gli effetti di tale integrazione e l'ha sempre combattuta, senza illusioni né ambiguità.
Questo appoggio e questo voto sono una garanzia che si darà più forza a chi, nel Parlamento Europeo, assume come obiettivo essenziale la difesa ferma degli interessi del Portogallo e dei portoghesi e allo stesso tempo darà più forza alla lotta per l'alternativa patriottica e di sinistra che assicuri, come nessun altro voto, la difesa e il recupero dei diritti e dei redditi rubati e apra la prospettiva della costruzione di una vita migliore per i lavoratori e il popolo portoghese.

Questo mandato (2009-2014) è stato attraversato da una crisi del capitalismo senza precedenti nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, una crisi che ancora perdura. Si può dire che le contraddizioni e il carattere imperialista dell'Unione Europea si sono aggravati?

Senza dubbio.
Essendo questo un processo di integrazione capitalista, la crisi del capitalismo è, nell'Unione Europea, una crisi della stessa Unione Europea, dei suoi fondamenti.
Non a caso, la risposta dell'Unione Europea alla crisi ha seguito le linee fondamentali della risposta del sistema capitalista alla sua crisi: distruzione delle forze produttive e aggravamento dello sfruttamento, insieme alla concentrazione del potere politico ed economico.
D'altro lato, si è accentuato il carattere militarista dell'Unione Europea, la sua affermazione come blocco militare e politico al servizio delle ambizioni imperialiste delle grandi potenze. Crescono le spese militari e in collaborazione con la NATO aumenta la partecipazione ad operazioni di ingerenza e aggressione a paesi sovrani.
L'adesione all'allora Comunità Economica Europea fu uno strumento della controrivoluzione.
La firma dei successivi trattati europei ha consolidato questo percorso traducendosi, in pratica, in una maggiore dipendenza, in una minore sovranità e in un regresso economico e sociale del Portogallo.

A 40 anni dalla rivoluzione, come si coniugano i valori di Aprile che pretendiamo affermare nel futuro del nostro Paese nel quadro dell'attuale Unione Europea?

L'inserimento del Portogallo nella Comunità Economica Europea - Unione Europea, dal momento dell'adesione e fino al giorno d'oggi, ha rappresentato, in termini generali, un conflitto con il regime democratico che era emerso dalla Rivoluzione di Aprile e, evidentemente, con la Costituzione della Repubblica che ha consacrato le sue grandi conquiste e la visione di un paese indipendente e sovrano, orientato verso il progresso e la giustizia sociale.
Le classi dominanti, che non hanno mai accettato di aver perso potere con il 25 Aprile, hanno visto qui una grande opportunità per soddisfare le loro ambizioni, legando il Paese all'integrazione capitalista europea.
L'approfondimento dell'integrazione si è tradotto in una escalation di questo conflitto.
Maastricht e la mancata costituzione europea, poi recuperata nel Trattato di Lisbona, sono i passaggi cruciali che dobbiamo sottolineare.
Allo stesso modo, gli sviluppi più recenti (Fiscal Compact, Governance Economica, Semestre Europeo, il Patto Euro plus) comportano evidentemente pericoli ancora maggiori per la sovranità e il regime democratico, che potrebbero risultarne ancora più indeboliti.
Lo sviluppo di una politica patriottica e di sinistra in Portogallo e, in termini più generali, la ripresa del progetto di democrazia avanzata, che abbiamo iniziato con Aprile e che il Partito comunista portoghese sviluppa nel suo programma, si scontrano, inevitabilmente, con gli elementi portanti del processo di integrazione europeo.
Per questo proclamiamo con chiarezza, senza ambiguità, la necessità della rottura con questi elementi portanti del processo di integrazione.
Certi che nulla può obbligare il Portogallo a rinunciare al diritto di scegliere le proprie strutture socio-economiche e il proprio regime politico.

C'è chi sostiene che la crisi che ha colpito l'Unione Europea sia frutto di errori della leadership, che ciò che si deve fare è oliare i meccanismi di intervento dell'Unione, approfondire il federalismo per rispondere globalmente ed efficacemente a questa e a future crisi. Esiste forse qualche possibilità di riformare questa Unione Europea?

Al contrario di quanto esprime questo orientamento (o disorientamento) di circostanza, che allude a “leader senza dimensione europea” o ad altre ragioni del genere, frequentemente invocate, il modo con cui l'Unione Europea si è mossa dipende dalle sue caratteristiche e dalla sua natura di classe.
La situazione attuale evidenzia i limiti dell'integrazione capitalista.
Ma non attenua la volontà di proseguirla e approfondirla, da parte di coloro che già ne hanno beneficiato.
Al contrario.
In questa fase, l'approfondimento del processo di integrazione richiede una ancora maggiore concentrazione del potere politico ed economico in seno all'Unione Europea.
Una concentrazione di potere che tende persino ad instaurare relazioni di dominio di tipo coloniale.
Viene evidenziato con maggiore chiarezza il carattere antidemocratico del processo di integrazione e, ancora una volta, vengono svelati i suoi limiti oggettivi, dimostrando che l'Unione Europea non è riformabile e che i suoi assi federalista, neo-liberale e militarista sono inseparabili.

I sostenitori delle soluzioni federaliste, anche coloro che invocano questo inventato federalismo di sinistra, davanti alla critica del Partito comunista portoghese a questo percorso non poche volte ci accusano di isolazionismo e nazionalismo. Come rispondi a queste argomentazioni?

I tentativi di sottomissione delle nazioni in corso nell'Unione Europea rappresentano una forma di oppressione di classe che viene esercitata sui lavoratori e i popoli, oltre che un inquietante e pericoloso attacco alla democrazia.
Chi, pur dicendosi di sinistra, non se ne rende conto, o non vuole rendersene conto, non comprende un elemento decisivo per intervenire sulla realtà del nostro tempo, trasformandola nel senso del progresso sociale.
Se l'evoluzione del capitalismo ha portato le classi dominanti a sacrificare gli interessi nazionali ai propri interessi di classe, allora, al contrario, ciò conduce all'identificazione crescente degli interessi dei lavoratori e del popolo con gli interessi nazionali.
Detto questo, noi non difendiamo alcun isolazionismo e neppure alcuna soluzione autarchica, che oltre che non essere possibile, non sarebbe neppure auspicabile.
Al contrario.
L'internazionalizzazione dell'economia, la profonda divisione internazionale del lavoro, l'interdipendenza e la cooperazione tra stati e i processi di integrazione corrispondono a realtà e tendenze di evoluzione non esclusive del capitalismo.
In funzione del loro orientamento, delle loro caratteristiche e obiettivi, tali processi possono servire i monopoli, o possono servire i popoli.
E' diritto inalienabile di ogni popolo e di ogni paese lottare in difesa dei suoi interessi e diritti.
L'Unione Europea non è stato il primo processo di integrazione tra stati in Europa.
Certamente non sarà l'ultimo.

Sulla base dell'esperienza di precedenti elezioni, occorre ammettere che il Partito socialista (PS) e il Partito socialdemocratico (PSD) basano la loro campagna su questioni che nulla hanno a che vedere con i problemi reali del popolo e del Paese, deviando l'attenzione su questioni come la Presidenza della Commissione, per esempio. Come commenti tale strategia?

Il Partito socialista e il Partito socialdemocratico - e ora anche il Centro democratico sociale (CDS) - hanno un compito difficile in vista delle elezioni.
Questo compito è quello di tentare, con tutti i mezzi, di dimostrare di essere diversi tra di loro mentre in realtà erano e sono uguali.
Perché questi tre partiti, nello stesso modo, si sono trovati uniti nella firma del patto di aggressione, e sono stati uniti in tutto ciò che di più rilevante è stato votato al Parlamento Europeo, in particolare negli ultimi cinque anni.
Per questa ragione, non mancheranno manovre diversive.
Manovre che passano attraverso il tentativo di illudere su ciò che è veramente in causa in queste elezioni.
Illudere sulla natura stessa di queste elezioni, cercando di trasformarle in una presunta elezione del presidente della Commissione Europea – il che non è, non è stato e non potrebbe essere.
Vogliono nascondere che ciò che è in causa è l'elezione dei deputati portoghesi al Parlamento Europeo.
Non è un caso.
Vogliono che si dimentichi che è stato con l'appoggio di questi tre partiti che sono state approvate misure profondamente contrarie agli interessi nazionali.
Vogliono che si dimentichi che invece dell'indispensabile rinegoziazione del debito, che il Partito comunista portoghese da tre anni propone, hanno scelto di vincolare il Paese a un patto di aggressione, sfruttamento e impoverimento.
Vogliono soprattutto che si ignori la dura realtà che rende infernale la vita di milioni di portoghesi, nascondendo le responsabilità che portano nella situazione del Paese, derivante da anni di politiche di destra promosse dai governi che si sono susseguiti di questi partiti.

L'esperienza ha dato completa ragione alla denuncia del Partito comunista portoghese su ciò che avrebbe significato l'adesione all'euro. Ci sono voci e settori che vedono nell'uscita dall'euro l'apocalisse, altri che difendono l'uscita immediata dalla moneta unica. Puoi dirci la tua opinione?

L'ingresso del Portogallo nella moneta unica ha condizionato e reso più fragile economicamente il Paese.
Il Paese ha perduto molto con l'ingresso nell'euro.
Ma potrà perdere ancora di più, sia rimanendo nell’euro, sia in uno scenario di riconfigurazione della zona euro, nella quale venisse spinto ai margini, di fronte agli sviluppi della crisi che, in nessun modo, possono essere ignorati.
Uscire dall'euro non significa tornare al punto in cui eravamo quando siamo entrati. E ancora meno al punto in cui ci troveremmo se non fossimo entrati.
Se è certo che il proseguimento dell'attuale corso è assolutamente insostenibile, è anche chiaro che l'uscita dell'euro può avvenire nell'interesse del popolo portoghese o può, al contrario, avvenire nell'interesse di chi ha guadagnato con l'euro nel corsi di tutti questi anni e che continua a guadagnare: interessi irrimediabilmente antagonisti.
Pronunciandoci chiaramente per lo scioglimento dell'Unione Economica e Monetaria, sosteniamo nello stesso tempo la definizione, in collaborazione con l'insieme dei paesi colpiti nella loro sovranità e sulla base del diritto allo sviluppo anche all’interno dell'euro, di un programma che prepari l'uscita dalla moneta unica in accordo con gli interessi di questi paesi e dei rispettivi popoli.
In un quadro in cui è assolutamente chiaro che una cosa sarà l'uscita dall'euro guidata da un governo patriottico e di sinistra, che affermi il primato degli interessi nazionali nelle relazioni con l'Unione Europea, che protegga i lavoratori e il popolo dagli inevitabili costi della decisione e approfitti in pieno delle opportunità di sviluppo che si aprono, e un'altra, ben diversa, sarebbe l'uscita guidata dalle stesse forze che ci stanno imponendo innumerevoli, ingiusti e sterili sacrifici in nome del “mantenimento dell'euro”.
Con piena coscienza del fatto che ciò che è decisivo per assicurare lo sviluppo sovrano e indipendente del Paese è la realizzazione vittoriosa della lotta per la rottura con la politica di destra e la costruzione di una politica patriottica e di sinistra e la chiara assunzione del diritto inalienabile del popolo portoghese a far prevalere questo obiettivo su qualsiasi altro interesse e condizionamento.

Quali sono le linee guida della campagna del Partito comunista portoghese per le elezioni europee del 25 maggio? La lotta all'astensione è una preoccupazione?

In queste elezioni, tutti noi comunisti, e gli altri attivisti della Coalizione democratica unitaria, saremo chiamati a costruire una campagna che deve essere allo stesso tempo di mobilitazione per il voto e di spiegazione della necessità di rafforzare la Coalizione democratica unitaria.
Una campagna che stiamo costruendo sulla base del patrimonio delle attività svolte del partito, del percorso compiuto di intransigente difesa degli interessi del popolo e del Paese, con la definizione delle ragioni e dell'importanza del voto alla Coalizione democratica unitaria e del suo contributo alla lotta più generale in difesa dei diritti dei lavoratori e del popolo, sulla base dell'esigenza di un'altra politica.
E costruiremo questa campagna con le ragioni e l'autorità proprie di chi può presentarsi agli occhi del popolo portoghese con la coerenza delle sue posizioni, alle quali i fatti hanno dato e danno ragione.
Ci appelliamo per questo a tutti coloro che, colpiti dalla politica di destra, lottano per un paese più giusto e democratico, affinché non si astengano.
Perché facciano del 25 maggio, con il loro voto alla Coalizione democratica unitaria, un giorno di lotta.
Che dicano, con il loro voto e non con l'astensione, no ai partiti della troika nazionale.
Che condannino, con il loro voto e non con l'astensione, gli usurai e l'oligarchia che vessano il popolo portoghese.
Che dicano sì, con il loro appoggio e il loro voto alla Coalizione democratica unitaria, allo sviluppo del Portogallo.
Dicano sì al diritto dei portoghesi a decidere del proprio destino.

Se dovessi presentare una sintesi delle ragioni dell'appoggio e del voto alla Coalizione democratica unitaria come le riassumeresti?

E' nelle mani dei lavoratori e del popolo portoghese la costruzione del loro futuro.
Nelle elezioni per il Parlamento Europeo, il rafforzamento della Coalizione democratica unitaria, in termini di voti, influenza e numero di deputati, è un obiettivo possibile e necessario.
Il voto alla Coalizione democratica unitaria è l'unico che può assicurare la presenza di deputati nel Parlamento Europeo che si impegnino per gli interessi nazionali e la difesa dei lavoratori e del popolo.
Il voto alla Coalizione democratica unitaria è l'unico voto coerente e decisivo per condannare la politica di destra del Governo e dare forza alla lotta di chi non si rassegna e si batte per un Portogallo più giusto, più fraterno, più democratico e sviluppato.
Un grande voto alla Coalizione democratica unitaria, il 25 maggio, potrà rappresentare un fattore essenziale per il cambiamento del corso della vita nazionale, per le dimissioni dell'attuale governo e la sconfitta della sua politica, e per dare forza all'alternativa politica, patriottica e di sinistra.


[FINE]


giovedì 1 maggio 2014

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Lavoratori di tutta Europa, unitevi contro l’euro!




Ambrose Evans-Pritchard

Workers of Europe unite, you've only euro chains to lose

Daily Telegraph, 18 dicembre 2011.
Pubblicazione disponibile qui.



Lavoratori di tutta Europa, unitevi contro l’euro!

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]



Quasi il 97 per cento della popolazione dell’Unione Europea è oggi governata da coalizioni di partiti conservatori o di destra, o dai mandarini imposti dall’Unione Europea. Tutto quello che rimane ai socialdemocratici sono l’Austria (8,4 milioni di abitanti), la Danimarca (5,5 milioni) e la Slovenia (2,1 milioni).
L’intero sistema di governo dell’Unione Europea è sotto il controllo della destra, nelle sue varianti del corporativismo renano nel Consiglio e dei seguaci pre-moderni di Hayek nella Banca Centrale Europea.
Sia che si consideri questa ascendenza hegeliana come buona o cattiva, essa ha certamente delle conseguenze profonde.
Infatti, come l'ex primo ministro britannico Margaret Thatcher protestò a Bruges dicendo che "non abbiamo ridotto con successo i confini dello Stato in Gran Bretagna per vederli poi ristabiliti a livello europeo", così la sinistra potrebbe ugualmente protestare che non ha combattuto la lunga e dura lotta per i diritti dei lavoratori nelle democrazie nazionali per vedere poi lo Stato sociale smantellato da Bruxelles e Francoforte.

In Italia, al gauleiter [viceroy] Mario Monti è stato più o meno ordinato di riformare il diritto del lavoro, di spezzare il potere dei sindacati spostando la contrattazione dal livello nazionale a quello della singola impresa e di riscrivere l’Articolo 18 che protegge i lavoratori contro il licenziamento individuale per motivi economici - la questione che ha portato all’uccisione di due riformatori del diritto del lavoro da parte delle Brigate Rosse dopo il 1998.
Non c’è dubbio che l’Italia debba affrontare i suoi sindacati se spera di competere nel mondo ma il mio punto è diverso.
Chi decide su queste questioni? Perché la sinistra italiana dovrebbe ritenere desiderabile che un maggiore potere sia concentrato nelle mani dell’Unione Europea quando questo potere sarà senza dubbio impiegato contro i lavoratori?
La sinistra potrà forse conquistare il governo in Italia ma non ha alcuna possibilità di conquistare il controllo delle leve politiche in Europa nel prossimo futuro, ammesso che abbia la possibilità di farlo.

David Begg, presidente del congresso dei sindacati irlandesi, ha dichiarato che il suo incontro con la Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) che sta oggi ristrutturando l’Irlanda è stata un’esperienza che fa riflettere.
"Il contributo del rappresentante del Fondo Monetario Internazionale è stato molto costruttivo ma i funzionari dell’Unione Europea erano dei fanatici liberisti. E' stato un incontro molto teso, quasi una gara di urla."
"Sarebbe stato meglio se non avessimo mai aderito all'euro."

Le conseguenze di questa ascendenza nelle istituzioni dell'Unione Europea della destra renana - molto diversa dal conservatorismo anglosassone o del "piccolo plotone" di Burke, tra l'altro - sono state evidenti al vertice Merkozy di Bruxelles.
Come Paul Mason della BBC ha spiegato, l'accordo tra la Merkel e Sarkozy "ha messo fuorilegge le politiche fiscali espansive", consacrando nel diritto internazionale il dovere di conseguire disavanzi strutturali vicino allo zero, con vincoli costituzionali all'indebitamento, e sanzioni obbligatorie e commissari per il bilancio per le nazioni che non dovessero rispettare le nuove regole.
I 26 Stati che hanno concordato con questo piano della Merkel [nel Consiglio Europeo del 9 dicembre 2011] si sono privati del diritto di attuare delle politiche keynesiane controcicliche per favorire la crescita economica, e hanno accettato di privarsi di questo diritto per sempre dal momento che è praticamente impossibile abrogare ciò che è stato acquisito nell’ordinamento dell’Unione Europea [“Acquis”].
Personalmente non sono un keynesiano - come non lo sono molti lettori del Daily Telegraph - ma il fatto mi colpisce perché è folle assumere questo impegno.
Per la sinistra è certamente un disastro assoluto: non potrà mai più mettere in pratica la sua politica economica.

I seguaci della Fabian Society hanno sempre temuto che questo risultato fosse incorporato nell’Unione economica e monetaria. 
Essi chiamarono l’euro “l’inganno dei banchieri” [bankers’ ramp] ma in qualche modo i loro avvertimenti si persero nella isteria di massa diffusa nel momento dell’entrata in vigore dell’unione monetaria
Owen Jones ha dichiarato al New Statesman che è sconcertante come i socialisti siano stati così lenti nel riconoscere la minaccia.
"Il trattato proposto dall'Unione Europea [il Fiscal Compact] è probabilmente la più grande catastrofe che si abbatte sulla sinistra europea dalla fine della seconda guerra mondiale.
Ora che è stata incastrata, la sinistra deve davvero ripensare a lungo e profondamente il suo atteggiamento nei confronti dell'Unione Europea, considerandola per come è stata costruita sinora.
Si ritiene ancora che chiunque critichi l'Unione Europea si metta in compagnia dei cospirazionisti dell’UKIP.
E’ paradossale il fatto che il sottolineare la evidente mancanza di democrazia dell'Unione Europea sia considerato di destra."

Ebbene, sì, siamo tutti cospirazionisti oggi. 
E questo non ha davvero nulla a che fare con l’essere di destra o di sinistra.

Inoltre, se si presta attenzione, la rabbia è oggi latente in tutta Europa, tra le fila del Partito socialista francese, nella Linke tedesca, nella italiana Rifondazione, e nel Partito socialista spagnolo.

Si noti lo sfogo della scorsa settimana di Pedro Nuno Santos, vicepresidente socialista dell’Assembleia del Portogallo.
"Abbiamo una bomba atomica che possiamo utilizzare contro i tedeschi e i francesi: questa bomba atomica è semplicemente il fatto che noi non pagheremo. Il debito è la nostra unica arma e dobbiamo usarla per imporre delle condizioni migliori. Dovremmo far tremare le gambe ai banchieri tedeschi".
La sacrosanta settimana lavorativa di 40 ore è stata allungata a 42 ore in Portogallo. 
Manuel Carvalho da Silva, segretario della Confederazione generale dei lavoratori portoghesi, ha detto che il taglio degli stipendi dei lavoratori pubblici, considerando i diversi pacchetti di austerità, raggiungerà il 27 per cento.
Si tratta di una "svalutazione interna" [internal devaluation] di proporzioni epiche.

Molto è stato scritto nelle ultime settimane sulla svolta dell'Europa verso l'estrema destra, sull'ascesa di Geert Wilders in Olanda, o del Fronte Nazionale di Marie Le Pen in Francia, o - molto diverse - sulle camicie nere della Garda Magyar del partito ungherese Jobbik.
Gli echi degli anni Trenta sono forti, e diventeranno ancora più forti quando l'insieme delle politiche monetarie e fiscali restrittive approfondiranno la depressione economica.

Ma c'è un altro paragone di pari risonanza: le elezioni vinte dal Fronte Popolare in Francia, con il sostegno del Partito comunista, nel maggio del 1936, e il rifiuto catartico della politica deflazionista.
Sia che Leon Blum personalmente volesse o no abbandonare il Gold Standard - quel precedente tra le due guerre dell'Unione Europea della disoccupazione - la logica delle sue politiche lo costrinse ad abbandonarlo.
L'ortodossia fu rovesciata.

La questione per la sinistra di oggi è se sia nel suo interesse continuare a difendere quel regime monetario dell’Unione Europea che ha spinto il tasso di disoccupazione giovanile al 49 per cento in Spagna, al 45 per cento in Grecia, al 30 per cento in Portogallo e in Irlanda, al 29 per cento in Italia e al 24 per cento in Francia - ma all’8,9 per cento in quella Germania per la quale l’euro è sottovalutato - e che non offre alcuna via di uscita credibile dalla crisi per l’Europa meridionale.

Compagni di tutta Europa, unitevi agli euroscettici.
Avete solo le vostre catene dell’euro da perdere.


[FINE]



mercoledì 9 aprile 2014

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Europa, Unione Europea e euro






















Europa
In Europa sono oggi presenti 41 Stati 1:
1.        Albania,
2.        Austria,
3.        Belgio,
4.        Bielorussia,
5.        Bosnia Erzegovina,
6.        Bulgaria,
7.        Cipro,
8.        Croazia,
9.        Danimarca,
10.     Estonia,
11.     Finlandia,
12.     Francia,
13.     Germania,
14.     Grecia,
15.     Irlanda,
16.     Islanda,
17.     Italia,
18.     Lettonia,
19.     Lituania,
20.     Lussemburgo,
21.     Macedonia,
22.     Malta,
23.     Moldavia,
24.     Montenegro,
25.     Norvegia,
26.     Paesi Bassi,
27.     Polonia,
28.     Portogallo,
29.     Regno Unito,
30.     Repubblica Ceca,
31.     Romania,
32.     Russia,
33.     Serbia,
34.     Slovacchia,
35.     Slovenia,
36.     Spagna,
37.     Svezia,
38.     Svizzera,
39.     Turchia,
40.     Ucraina,
41.     Ungheria.

 










 

Unione Europea
Dei 41 Stati europei 28 sono membri dell’Unione Europea:
1.        Austria,
2.        Belgio,
3.        Bulgaria,
4.        Cipro,
5.        Croazia,
6.        Danimarca,
7.        Estonia,
8.        Finlandia,
9.        Francia,
10.     Germania,
11.     Grecia,
12.     Irlanda,
13.     Italia,
14.     Lettonia
15.     Lituania,
16.     Lussemburgo,
17.     Malta,
18.     Paesi Bassi,
19.     Polonia,
20.     Portogallo,
21.     Regno Unito,
22.     Repubblica Ceca,
23.     Romania,
24.     Slovacchia,
25.     Slovenia,
26.     Spagna,
27.     Svezia,
28.     Ungheria,







Euro
Dei 28 Stati membri dell’Unione Europea 18 utilizzano l’euro:
1.        Austria,
2.        Belgio,
3.        Cipro,
4.        Estonia,
5.        Finlandia,
6.        Francia,
7.        Germania,
8.        Grecia,
9.        Irlanda,
10.     Italia,
11.     Lettonia,
12.     Lussemburgo,
13.     Malta,
14.     Paesi Bassi,
15.     Portogallo,
16.     Slovacchia,
17.     Slovenia,
18.     Spagna.


 



Riassumendo
L’euro è utilizzato da 18 dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, da 18 dei 41 Stati europei.
L’euro non è utilizzato da 10 dei 28 Stati membri dell’Unione Europea e da 23 dei 41 Stati europei.
Sono membri dell’Unione Europea 28 dei 41 Stati europei.
Non sono membri dell’Unione europea 13 dei 41 Stati europei.

10 Stati membri dell’Unione Europea non utilizzano l’euro:
1.        Bulgaria,
2.        Croazia,
3.        Danimarca,
4.        Lituania,
5.        Polonia,
6.        Regno Unito,
7.        Repubblica Ceca,
8.        Romania,
9.        Svezia,
10.     Ungheria.

13 Stati europei non sono membri dell’Unione Europea:
1.        Albania,
2.        Bielorussia,
3.        Bosnia Erzegovina,
4.        Islanda,
5.        Macedonia,
6.        Moldavia,
7.        Montenegro,
8.        Norvegia,
9.        Russia,
10.     Serbia,
11.     Svizzera,
12.     Turchia,
13.     Ucraina.


23 Stati europei non utilizzano l’euro:
1.        Albania,
2.        Bielorussia,
3.        Bosnia Erzegovina,
4.        Bulgaria,
5.        Croazia,
6.        Danimarca,
7.        Islanda,
8.        Lituania,
9.        Macedonia,
10.     Moldavia,
11.     Montenegro,
12.     Norvegia,
13.     Polonia,
14.     Regno Unito,
15.     Repubblica Ceca,
16.     Romania,
17.     Russia,
18.     Serbia,
19.     Svezia,
20.     Svizzera,
21.     Turchia,
22.     Ucraina,
23.     Ungheria.


Concludendo
L’euro non è l’Europa.
L’euro non è l’Unione Europea.
L'Unione Europea non è l'Europa.


 
___________



1 Trascurando la Città del Vaticano, San Marino, Andorra e Monaco.
* La carta politica dell’Europa è tratta da qui.
* La carta con l’espansione nel tempo dell’Unione Europea e della zona euro è tratta da qui.


[FINE]