Gabriele
D’Annunzio
La Reggenza italiana del Carnaro. Disegno di un
nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiume.
Proclamata da
Gabriele D'Annunzio l'8 settembre 1920.
Edizione “Il
Vittoriale”. Impresa editoriale italiana, Novara [1920].
Biblioteca di
propaganda a cura dell’Unione Spirituale Dannunziana, Serie A, Libro I.
La Reggenza italiana
del Carnaro
STATVTVM ET ORDINATVM EST.
IVRO EGO.
SI SPIRITVS PRO NOBIS QVIS CONTRA
NOS?
DELLA PERPETUA VOLONTÀ POPOLARE.
Fiume, libero comune italico da
secoli, pel vόto unanime dei cittadini e per la voce legittima del Consiglio nazionale,
dichiarò liberamente la sua dedizione piena e intiera alla madre patria, il 30
ottobre 1918.
Il suo diritto è triplice, come
l'armatura impenetrabile del mito romano.
Fiume è l'estrema custode italica delle
Giulie, è l'estrema rocca della cultura latina, è l'ultima portatrice del segno
dantesco. Per lei, di secolo in secolo, di vicenda in vicenda, di lotta in
lotta, di passione in passione, si serbò italiano il Carnaro di Dante. Da lei
s'irraggiarono e s'irraggiano gli spiriti dell'italianità per le coste e per le
isole, da Volosca a Laurana, da Moschiena ad Albona, da Veglia a Lussino, da
Cherso ad Arbe.
E questo è il suo diritto storico.
Fiume, come già l'originaria Tarsàtica
posta contro la testata australe del Vallo liburnico, sorge e si stende di qua
dalle Giulie. E’ pienamente compresa entro quel cerchio che la tradizione la
storia e la scienza confermano confine sacro d'Italia.
E questo è il suo diritto terrestre.
Fiume con tenacissimo volere, eroica
nel superare patimenti insidie violenze d'ogni sorta, rivendica da due anni la
libertà di scegliersi il suo destino e il suo cόmpito, in forza di quel giusto
principio dichiarato ai popoli da taluno dei suoi stessi avversarii ingiusti.
E questo è il suo diritto umano.
Le contrastano il triplice diritto
l'iniquità la cupidigia e la prepotenza straniere; a cui non si oppone la
trista Italia, che lascia disconoscere e annientare la sua propria vittoria.
Per ciò il popolo della libera città
di Fiume, sempre fiso al suo fato latino e sempre inteso al compimento del suo
vόto legittimo, delibera di rinnovellare i suoi ordinamenti, secondo lo spirito
della sua vita nuova, non limitandoli al territorio che sotto il titolo di «Corpus
separatum» era assegnato alla Corona ungarica, ma offrendoli alla fraterna
elezione di quelle comunità adriatiche le quali desiderassero di rompere gli
indugi, di scuotere l'opprimente tristezza e d'insorgere e di risorgere nel
nome della nuova Italia.
Così, nel nome della nuova Italia, il
popolo di Fiume costituito in giustizia e in libertà fa giuramento di combattere
con tutte le sue forze, fino all'estremo, per mantenere contro chiunque la
contiguità della sua terra alla madre patria, assertore e difensore perpetuo
dei termini alpini segnati da Dio e da Roma.
DEI FONDAMENTI.
I.
Il popolo sovrano di Fiume, valendosi
della sua sovranità non oppugnabile né violabile, fa centro del suo libero
stato il suo «Corpus separatum», con tutte le sue strade ferrate e con
l'intiero suo porto.
Ma, come è fermo nel voler mantenere
contigua la sua terra alla madre patria dalla parte di ponente, non rinunzia a
un più giusto e più sicuro confine orientale che sia per essere determinato da
prossime vicende politiche e da concordati conclusi coi comuni rurali e
marittimi attratti dal regime del porto franco e dalla larghezza dei nuovi
statuti.
II.
La Reggenza italiana del Carnaro è
costituita dalla terra di Fiume, dalle isole di antica tradizione veneta che
per voto dichiararono di aderire alle sue fortune; e da tutte quelle comunità
affini che per atto sincero di adesione possano esservi accolte secondo lo
spirito di un'apposita legge prudenziale.
III.
La Reggenza italiana del Carnaro è un
governo schietto di popolo - res populi
- che ha per fondamento la potenza del lavoro produttivo e per ordinamento le
più larghe e le più varie forme dell'autonomia quale fu intesa ed esercitata
nei quattro secoli gloriosi del nostro periodo comunale.
IV.
La Reggenza riconosce e conferma la
sovranità di tutti i cittadini senza divario di sesso, di stirpe, di lingua, di
classe, di religione.
Ma amplia ed inalza e sostiene sopra
ogni altro diritto i diritti dei produttori;
abolisce o riduce la centralità soverchiante
dei poteri costituiti;
scompartisce le forze e gli officii;
cosicché dal gioco armonico delle diversità
sia fatta sempre più vigorosa e più ricca la vita comune.
V.
La Reggenza protegge difende preserva
tutte le libertà e tutti i diritti popolari;
assicura l'ordine interno con la
disciplina e con la giustizia;
si studia di ricondurre i giorni e le
opere verso quel senso di virtuosa gioia che deve rinnovare dal profondo il
popolo finalmente affrancato da un regime uniforme di soggezioni e di menzogne;
costantemente si sforza di elevare la
dignità e di accrescere la prosperità di tutti i cittadini,
cosicché il ricevere la cittadinanza
possa dal forestiero essere considerato nobile titolo e altissimo onore, come
era un tempo il vivere con legge romana.
VI.
Tutti i cittadini dello Stato,
d'ambedue i sessi, sono e si sentono eguali davanti alla nuova legge.
L'esercizio dei diritti riconosciuti
dalla costituzione non può essere menomato nè soppresso in alcuno se non per conseguenza
di giudizio pubblico e di condanna solenne.
VII.
Le libertà fondamentali di pensiero,
di stampa, di riunione, di associazione sono dagli statuti guarantite a tutti i
cittadini.
Ogni culto religioso è ammesso, è
rispettato e può edificare il suo tempio;
ma nessun cittadino invochi la sua credenza
e i suoi riti per sottrarsi all'adempimento dei doveri prescritti dalla legge
viva.
L'abuso delle libertà statutarie,
quando tenda a un fine illecito e turbi l'equilibrio della convivenza civile,
può essere punito da apposite leggi;
ma queste non devono in alcun modo
ledere il principio perfetto di esse libertà.
VIII.
Gli statuti guarentiscono a tutti i
cittadini d'ambedue i sessi
l'istruzione primaria in scuole
chiare e salubri;
l'educazione corporea in palestre
aperte e fornite;
il lavoro remunerato con un minimo di
salario bastevole a ben vivere;
l'assistenza nelle infermità, nella
invalitudine, nella disoccupazione involontaria;
la pensione di riposo per la
vecchiaia;
l'uso dei beni legittimamente
acquistati;
l'inviolabilità del domicilio;
l'habeas
corpus;
il risarcimento dei danni in caso di
errore giudiziario o di abusato potere.
IX.
Lo Stato non riconosce la proprietà
come il dominio assoluto della persona sopra la cosa, ma la considera come la
più utile delle funzioni sociali.
Nessuna proprietà può essere
riservata alla persona quasi fosse una sua parte; né può esser lecito che tal proprietario
infingardo la lasci inerte o ne disponga malamente, ad esclusione di ogni
altro.
Unico titolo legittimo di dominio su
qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro.
Solo il lavoro è padrone della
sostanza resa massimamente fruttuosa e massimamente profittevole all'economia
generale.
X.
Il porto, la stazione, le strade
ferrate comprese nel territorio fiumano sono proprietà perpetua incontestabile
ed inalienabile dello Stato.
E’ concesso - con un Breve del Porto
franco - ampio e libero esercizio di commercio, di industria, di navigazione a
tutti gli stranieri come agli indigeni, in perfetta parità di buon trattamento
e immunità da gabelle ingorde e incolumità di persone e di cose.
XI.
Una Banca nazionale del Carnaro,
vigilata dalla Reggenza, ha l'incarico di emettere la carta moneta e di eseguire
ogni altra operazione di credito.
Una legge apposita ne determinerà i
modi e le regole, distinguendo nel tempo medesimo i diritti gli obblighi e gli
oneri delle Banche già nel territorio operanti e di quelle che fossero per
esservi fondate.
XII.
Tutti i cittadini d'ambedue i sessi
hanno facoltà piena di scegliere e di esercitare industrie professioni arti e
mestieri.
Le industrie iniziate e alimentate
dal denaro estraneo e ogni esercizio consentito a estranei troveranno le loro norme
in una legge liberale.
XIII.
Tre specie di spiriti e di forze
concorrono all'ordinamento al movimento e all'incremento dell'università:
i Cittadini;
le Corporazioni;
i Comuni.
Tre sono le credenze religiose collocate
sopra tutte le altre nella università dei Comuni giurati:
la vita è bella, e
degna che severamente e magnificamente la viva l'uomo rifatto intiero dalla
libertà;
l'uomo intiero è colui
che sa ogni giorno inventare la sua propria virtù per ogni giorno offrire ai
suoi fratelli un nuovo dono;
il lavoro, anche il più
umile, anche il più oscuro, se sia bene eseguito, tende alla bellezza e orna il
mondo.
DEI CITTADINI.
XV.
Hanno grado e titolo di cittadini
nella Reggenza
tutti i cittadini presentemente
noverati nella libera città di Fiume;
tutti i cittadini appartenenti alle
altre comunità che chiedono di far parte del nuovo Stato e vi sieno accolte;
tutti coloro che per pubblico decreto
del popolo sieno di cittadinanza privilegiati;
tutti coloro che, avendo chiesta la
cittadinanza legale, l'abbiano per decreto ottenuta.
XVI.
I cittadini della Reggenza sono
investiti di tutti i diritti civili e politici nel punto in cui compiono il ventesimo
anno di età.
Senza distinzione di sesso diventano legittimamente
elettori ed eleggibili per tutte le cariche.
XVII.
Saranno privi dei diritti politici,
con regolare sentenza, i cittadini
condannati in pena d'infamia;
ribelli al servizio militare per la
difesa del territorio;
morosi al pagamento delle tasse;
parassiti incorreggibili a carico
della comunità, se non sieno corporalmente incapaci di lavorare per malattia o
per vecchiezza.
DELLE CORPORAZIONI.
XVIII.
Lo Stato è la volontà comune e lo
sforzo comune del popolo verso un sempre più alto grado di materiale e
spirituale vigore.
Soltanto i produttori assidui della
ricchezza comune e i creatori assidui della potenza comune sono nella repubblica
i compiuti cittadini e costituiscono con essa una sola sostanza operante, una
sola pienezza ascendente.
Qualunque sia la specie del lavoro
fornito, di mano o d'ingegno, d'industria o d'arte, di ordinamento o di eseguimento,
tutti sono per obbligo inscritti in una delle dieci Corporazioni costituite che
prendono dal Comune l'imagine della lor figura, ma svolgono liberamente la loro
energia e liberamente determinano gli obblighi mutui e le mutue provvidenze.
XIX.
Alla prima Corporazione sono
inscritti gli operai salariati dell'industria, dell'agricoltura, del commercio,
dei trasporti; e gli artigiani minuti e i piccoli proprietarii di terre che
compiano essi medesimi la fatica rurale o che abbiano aiutatori pochi e
avventizi.
La Corporazione seconda raccoglie
tutti gli addetti ai corpi tecnici e amministrativi di ogni privata azienda industriale
e rurale, esclusi i comproprietarii di essa azienda.
Nella terza si radunano tutti gli
addetti alle aziende commerciali, che non sieno veri operai; e anche da questa sono
esclusi i comproprietarii.
La quarta Corporazione associa i
datori d'opra in imprese d'industria, d'agricoltura, di commercio, di trasporti,
quando essi non siano soltanto proprietarii e comproprietarii ma - secondo lo
spirito dei nuovi statuti - conduttori sagaci e accrescitori assidui
dell'azienda.
Sono compresi nella quinta tutti i
pubblici impiegati comunali e statuali di qualsiasi ordine.
La sesta comprende il fiore
intellettuale del popolo: la gioventù studiosa e i suoi maestri: gli insegnanti
delle scuole pubbliche e gli studenti degli istituti superiori; gli scultori, i
pittori, i decoratori, gli architetti, i musici, tutti quelli che esercitano le
arti belle, le arti sceniche, le arti ornative.
Della settima fanno parte tutti
quelli che esercitano professioni libere non considerate nelle precedenti rassegne.
L'ottava è costituita dalle Società
cooperatrici di produzione, di lavoro e di consumo, industriali e agrarie; e non
può essere rappresentata se non dagli amministratori alle Società stesse
preposti.
La nona assomma tutta la gente di
mare.
La decima non ha arte né novero né
vocabolo. La sua pienezza è attesa come quella della decima Musa. E’ riservata
alle forze misteriose del popolo in travaglio e in ascendimento. E’ quasi una
figura votiva consacrata al genio ignoto, all'apparizione dell'uomo novissimo,
alle trasfigurazioni ideali delle opere e dei giorni, alla compiuta liberazione
dello spirito sopra l'ànsito penoso e il sudore di sangue.
E’ rappresentata, nel santuario
civico, da una lampada ardente che porta inscritta un'antica parola toscana dell'epoca
dei Comuni, stupenda allusione a una forma spiritualizzata del lavoro umano:
FATICA SENZA FATICA.
XX.
Ogni corporazione svolge il diritto
di una compiuta persona giuridica compiutamente riconosciuta dallo Stato.
Sceglie i suoi consoli;
manifesta nelle sue adunanze la sua
volontà;
detta i suoi patti, i suoi capitoli,
le sue convenzioni;
regola secondo la sua saggezza e
secondo le sue esperienze la propria autonomia;
provvede ai suoi bisogni e accresce
il suo patrimonio riscotendo dai consociati una imposta pecuniaria in misura
della mercede, dello stipendio, del profitto d'azienda, del lucro
professionale;
difende in ogni campo la sua propria classe
e si sforza di accrescerne la dignità;
si studia di condurre a perfezione la
tecnica delle arti e dei mestieri;
cerca di disciplinare il lavoro
volgendolo verso modelli di moderna bellezza;
incorpora lavoratori minuti per
animarli e avviarli a miglior prova;
consacra gli obblighi del mutuo
soccorso; determina le provvidenze in favore dei compagni infermi o indeboliti;
inventa le sue insegne, i suoi
emblemi, le sue musiche, i suoi canti, le sue preghiere;
instituisce le sue cerimonie e i suoi
riti;
concorre, quanto più magnificamente
possa, all'apparato delle comuni allegrezze, delle feste anniversarie, dei
giuochi terrestri e marini;
venera i suoi morti, onora i suoi
decani, celebra i suoi eroi.
XXI.
Le attinenze fra la Reggenza e le
Corporazioni, e fra l'una e l'altra Corporazione, sono regolate nei modi
medesimi che gli statuti definiscono nel regolare le dipendenze fra i poteri
centrali della Reggenza e i Comuni giurati, e fra l'uno e l'altro Comune.
I soci di ciascuna Corporazione
costituiscono un libero corpo elettorale per eleggere i rappresentanti al Consiglio
dei Provvisori.
Ai consoli delle Corporazioni e alle
loro insegne è dovuto nelle cerimonie pubbliche il primo luogo.
DEI COMUNI.
XXII.
Si ristabilisce per tutti i Comuni
l'antico potere normativo, che è il
diritto d'autonomia pieno: il diritto particolare di darsi proprie leggi, entro
il cerchio del diritto universo.
Essi esercitano in sé e per sé tutti
i poteri che la Costituzione non attribuisce agli officii legislativi esecutivi
e giudiziarii della Reggenza.
XXIII.
A ogni Comune è data amplissima
facoltà di formarsi un corpo unitario di leggi municipali, variamente derivate
dalla consuetudine propria, dalla propria indole, dall'energia trasmessa e
dalla nuova coscienza.
Ma deve ogni Comune chiedere per i
suoi statuti la mallevadoria della Reggenza, che la concede
quando essi statuti non contengano
nulla di palesemente o copertamente contrario allo spirito della Costituzione;
quando essi statuti sieno approvati
accettati votati dal popolo e possano essere riformati o emendati dalla volontà
della schietta maggioranza cittadina.
XXIV.
Ai Comuni è riconosciuto il diritto
di condurre accordi, di praticare componimenti, di concludere trattati fra
loro, in materia di legislazione e di amministrazione.
Ma è fatto a essi obbligo di
sottoporli all'esame del Potere esecutivo centrale.
Se il Potere stima che tali accordi
componimenti trattati sieno in contrasto con lo spirito della Costituzione, li raccomanda
per il giudizio inappellabile alla Corte della Ragione.
Se la Corte li dichiara illegittimi e
invalidi, il potere esecutivo della Reggenza provvede a romperli e disfarli.
XXV.
Quando l'ordine interno di un Comune
sia turbato da fazioni, da sopraffazioni, da macchinazioni, o da una qualunque
altra forma di violenza e d'insidia,
quando l'integrità e la dignità di un
Comune sieno minacciate o lese da un altro Comune prevaricante,
il Potere esecutivo della Reggenza
interviene mediatore e pacificatore,
se richiedano l'intervento le
autorità comunali concordi,
se lo richieda il terzo dei cittadini
esercitanti i diritti politici nel luogo stesso.
XXVI.
Ai Comuni segnatamente si appartiene
fondare l'istruzione primaria secondo
le norme stabilite dal Consiglio scolastico dello Stato;
nominare i giudici comunali;
instituire e mantenere la polizia
comunale;
mettere imposte;
contrarre prestiti nel territorio
della Reggenza, o anche fuori del territorio ma con la mallevadoria del Governo
che dimandato non la concede se non nei casi di manifesta necessità.
DEL POTERE LEGISLATIVO.
XXVII.
Esercitano il potere legislativo due
corpi formati per elezione:
il Consiglio degli Ottimi;
il Consiglio dei Provvisori.
XXVIII.
Eleggono il Consiglio degli Ottimi,
nei modi del suffragio universale diretto e segreto, tutti i cittadini della
Reggenza che abbiano compiuto il ventesimo anno di età e che sieno investiti
dei diritti politici.
Ogni cittadino votante della Reggenza
può essere assunto al Consiglio degli Ottimi.
XXIX.
Gli Ottimi durano nell'officio tre
anni.
Sono eletti in ragione di uno per
ogni migliaio di elettori; ma in ogni caso non può il loro numero essere di
sotto al trenta.
Tutti gli elettori formano un corpo
elettorale unico.
L'elezione si compie nei modi del
suffragio universale e della rappresentanza proporzionale.
XXX.
Il Consiglio degli Ottimi ha potestà
ordinatrice e legislatrice nel trattare
del Codice penale e civile,
della Polizia,
della Difesa nazionale,
della Istruzione pubblica secondaria,
delle Arti belle,
dei Rapporti fra lo Stato e i Comuni.
Il Consiglio degli Ottimi per
ordinario non si aduna se non una volta l'anno, nel mese di ottobre, con
brevità spiccatamente concisa.
XXXI.
Il Consiglio dei Provvisori si
compone di sessanta eletti, per elezione compiuta nei modi del suffragio
universale segreto e con la regola della rappresentanza proporzionale.
Dieci Provvisori sono eletti dagli
operai d'industria e dai lavoratori della terra;
dieci dalla gente di mare;
dieci dai datori d'opra;
cinque dai tecnici agrarii e
industriali;
cinque dagli addetti alle
amministrazioni delle aziende private;
cinque dagli insegnanti delle scuole
pubbliche, dagli studenti delle scuole superiori, e dagli altri consociati
della sesta Corporazione;
cinque dalle professioni libere;
cinque dai pubblici impiegati;
cinque dalle Società cooperatrici di
produzione, di lavoro e di consumo.
XXXII.
I Provvisori durano nell'officio due
anni.
Non sono eleggibili se non
appartengono alla Corporazione rappresentata.
XXXIII.
Per ordinario il Consiglio dei
Provvisori si aduna due volte l'anno, nei mesi di maggio e di novembre, usando
nel dibattito il modo laconico.
Ha potestà ordinatrice e legislatrice
nel trattare
del Codice commerciale e marittimo;
delle Discipline che conducono il
lavoro continuato;
dei Trasporti; delle Opere pubbliche;
dei Trattati di commercio, delle dogane,
delle tariffe, e d'altre materie affini;
della Istruzione tecnica e
professionale;
delle Industrie e delle Banche;
delle Arti e dei Mestieri.
XXXIV.
Il Consiglio degli Ottimi e il
Consiglio dei Provvisori si riuniscono una volta l'anno in un sol corpo, sul
principio del mese di dicembre, costituendo un grande Consiglio nazionale sotto
il titolo di Arengo del Carnaro.
L'Arengo tratta e delibera
delle Relazioni con gli altri Stati;
della Finanza e del Tesoro;
degli Alti Studii;
della riformabile Costituzione;
dell'ampliata libertà.
DEL POTERE ESECUTIVO.
XXXV.
Esercitano il potere esecutivo della
Reggenza sette Rettori partitamente eletti dall'Assemblea nazionale, dal
Consiglio degli Ottimi, dal Consiglio dei Provvisori.
Il Rettore degli Affari Esteri, il
Rettore delle Finanze e del Tesoro, il Rettore dell'Istruzione pubblica sono
eletti dall'Assemblea nazionale.
Il Rettore dell'Interno e della
Giustizia, il Rettore della Difesa nazionale sono eletti dal Consiglio degli Ottimi.
Il Consiglio dei Provvisori elegge il
Rettore dell'Economia pubblica e il Rettore del Lavoro.
Il Rettore degli Affari Esteri assume
titolo di Primo Rettore, e rappresenta la Rpubblica al cospetto degli altri Stati
primus inter pares.
XXXVI.
L'officio dei sette Rettori è stabile
e continuo. Delibera di ogni cosa che non competa all'amministrazione corrente.
Il Primo Rettore regola il dibattito,
e ha voto decisivo in caso di parità.
I Rettori sono eletti per un anno, e
non sono rieleggibili se non per una volta sola.
Ma, dopo l'intervallo di un anno,
possono essere novamente nominati.
DEL POTERE GIUDIZIARIO.
XXXVII.
Partecipano del potere giudiziario
i Buoni uomini,
i Giudici del Lavoro,
i Giudici togati,
i Giudici del Maleficio,
la Corte della Ragione.
XXXVIII.
I Buoni uomini, eletti per fiducia
popolare da tutti gli elettori dei varii comuni in misura del numero, giudicano
delle controversie civili e commerciali sino al valore di cinquemila lire e
sentenziano delle colpe che cadano sotto pene di durata non superiore a un
anno.
XXXIX.
I Giudici del Lavoro delle
controversie singolari fra i salariati e i datori d'opra, fra gli stipendiati e
i datori d'opra.
Essi costituiscono collegi di giudici
nominati dalle Corporazioni che eleggono il Consiglio dei Provvisori.
In questa misura:
due dagli operai d'industrie e dai
lavoratori della terra;
due dalla gente di mare;
due dai datori d'opra;
uno dai tecnici industriali ed
agrarii;
uno dalle libere professioni;
uno dagli addetti alle amministrazioni
delle private aziende;
uno dagli impiegati pubblici;
uno dagli Insegnanti, dagli studenti
degli Istituti superiori e dagli altri socii della sesta Corporazione;
uno dalle Società cooperatrici di
produzione, di lavoro e di consumo.
I Giudici del Lavoro hanno facoltà di
dividere in sezioni i loro collegi per sollecitare i giudizii, servitori pronti
d'una giustizia leggera ed espeditissima.
Alle sezioni ricongiunte compete il
giudizio d'appello.
XL.
I Giudici togati giudicano di tutte
quelle questioni civili commerciali e penali in cui i Buoni uomini e i Giudici
del Lavoro non abbiano competenza, eccettuate quelle spettanti ai Giudici del
Maleficio.
Costituiscono il Tribunale d'appello
per le sentenze dei Buoni uomini.
Sono dalla Corte della Ragione scelti
per concorsi fra i cittadini addottorati in legge.
XLI.
Sette cittadini giurati, assistiti da
due supplenti e presieduti da un Giudice togato, compongono il Tribunale del
Maleficio,
che giudica tutti i delitti di colore
politico e tutti quei misfatti che sieno da punire con la privazione della
libertà corporale per un tempo superiore al triennio.
XLII.
Eletta dal Consiglio nazionale, la
Corte della Ragione si compone di cinque membri effettivi e di due supplenti.
Dei membri effettivi almeno tre, dei
supplenti almeno uno, saranno scelti fra i dottori di legge.
La Corte della Ragione giudica
degli atti e decreti emanati dal
Potere legislativo e dal Potere esecutivo, per accettarli conformi alla
costituzione;
di ogni conflitto statutario fra il
Potere legislativo e il Potere esecutivo, fra la Reggenza e i Comuni, fra
Comune e Comune, fra la Reggenza e le Corporazioni, fra la Reggenza e i privati,
fra i Comuni e le Corporazioni, fra i Comuni e i privati;
dei casi di alto tradimento contro la
Reggenza per opera di cittadini partecipi del Potere legislativo e
dell'esecutivo;
degli attentati al diritto delle genti;
delle contestazioni civili fra la
Reggenza e i Comuni, fra Comune e Comune;
delle trasgressioni commesse da
partecipi dei poteri;
delle questioni riguardanti i diritti
di cittadinanza e i privi di patria;
delle questioni di competenza fra i
vani magistrati giudiciali.
La Corte della Ragione rivede in
ultima istanza le sentenze e nomina per concorso i Giudici togati.
Ai cittadini costituiti in Corte
della Ragione è fatto divieto di tenere alcun altro officio, sia nella sede sia
in altro Comune.
Né possono essi esercitare
professione o industria o mestiere per tutta la durata della carica.
DEL COMANDANTE.
XLIII.
Quando la Reggenza venga in pericolo
estremo e veda la sua salute nella devota volontà d'un solo, che sappia raccogliere
eccitare e condurre tutte le forze del popolo alla lotta e alla vittoria, il
Consiglio nazionale solennemente adunato nell'Arengo può nominare a viva voce
per voto il Comandante e a lui rimetterà la potestà suprema senza appellazione.
Il Consiglio determina il più o men
breve tempo dall'imperio, non dimenticando che nella Repubblica romana la
dittatura durava sei mesi.
XLIV.
Il Comandante, per la durata
dell'imperio, assomma tutti i poteri politici e militari, legislativi ed esecutivi.
I partecipi del Potere esecutivo
assumono presso di lui officio di segretarii e commissarii.
XLV.
Spirato il termine dell'imperio, il
Consiglio nazionale si raduna e delibera di riconfermare il Comandante nella
carica, oppure di sostituire in suo luogo un altro cittadino, oppure di
deporlo, o anche di bandirlo.
XLVI.
Ogni cittadino investito dei diritti
politici, sia o non sia partecipe dei poteri della Reggenza, può essere eletto
al supremo officio.
DELLA DIFESA NAZIONALE.
XLVII.
Nella Reggenza italiana del Carnaro
tutti i cittadini, d'ambedue i sessi, dall'età di diciassette anni all'età di
cinquantacinque, sono obbligati al servizio militare per la difesa della terra.
Fatta la cerna, gli uomini validi
servono nelle forze di terra e di mare, gli uomini meno atti e le donne salde servono
nelle ambulanze, negli ospedali, nelle amministrazioni, nelle fabbriche d'armi,
e in ogni altra opera ausiliaria, secondo l'attitudine e secondo la perizia di
ognuno.
XLVIII.
A tutti i cittadini che durante il
servizio militare abbiano contratto una infermità insanabile, e alle loro
famiglie in bisogno, è dovuto il largo soccorso dello Stato.
Lo Stato adotta i figli dei cittadini
gloriosamente caduti in difesa della terra, soccorre i consanguinei se sieno in
distretta, raccomanda i nomi dei morti alla memoria della generazioni.
XLIX.
In tempo di pace e di sicurezza, la
Reggenza non mantiene l'esercito armato; ma tutta la nazione resta armata, nei
modi prescritti dall'apposita legge, e allena con sagace sobrietà le sue forze
di terra e di mare.
Lo stretto servizio è limitato ai
periodi d'istruzione e ai casi di guerra guerreggiata o di pericolo prossimo.
In periodo d'istruzione e in caso di
guerra, il cittadino non perde alcuno dei suoi diritti civili e politici; e può
esercitarli quando sieno conciliabili con la necessità della disciplina attiva.
DELL'ISTRUZIONE PUBBLICA.
L.
Per ogni gente di nobile origine la
coltura è la più luminosa delle armi lunghe.
Per la gente adriatica, di secolo in
secolo costretta a una lotta senza tregua contro l'usurpatore incolto, essa è più
che un'arme: è una potenza indomabile come il diritto e come la fede.
Per il popolo di Fiume, nell'atto
medesimo della sua rinascita a libertà, diviene il più efficace strumento di salute
e di fortuna sopra l'insidia estranea che da secoli la stringe.
La coltura è l'aroma contro le
corruzioni. La coltura è la saldezza contro le deformazioni.
Sul Carnaro di Dante il culto dalla
lingua di Dante è appunto il rispetto e la custodia di ciò che in tutti i tempi
fu considerato come il più prezioso tesoro dei popoli, come la più alta
testimonianza dalla loro nobiltà originaria, come l'indice supremo del loro
sentimento di dominazione morale.
La dominazione morale è la necessità
guerriera del nuovo Stato. L'esaltazione delle belle idee umane sorge dalla sua
volontà di vittoria.
Mentre compisce la sua unità, mentre
conquista la sua libertà, mentre instaura la sua giustizia, il nuovo Stato deve
sopra tutti i suoi propositi proporsi di difendere conservare propugnare la sua
unità la sua libertà la sua giustizia nella regione dello spirito.
Roma deve qui essere presente nella
sua coltura. L'Italia deve qui essere presente nella sua coltura.
Il ritmo romano, il ritmo fatale del
compimento, deve ricondurre su le vie consolari l'altra stirpe inquieta che s'illude
di poter cancellare le grandi vestigia e di poter falsare la grande storia.
Nella terra di specie latina, nella
terra smossa dal vomere latino, l'altra stirpe sarà foggiata o prima o poi dallo
spirito creatore della latinità: il quale non è se non una disciplinata armonia
di tutte quelle forze che concorrono alla formazione dell'uomo libero.
Qui si forma l'uomo libero.
E qui si prepara il regno dello
spirito, pur nello sforzo del lavoro a nell'acredine del traffico.
Per ciò la Reggenza italiana del
Carnaro pone alla sommità delle sue leggi la coltura del popolo; fonda sul patrimonio
della grande coltura latina il suo patrimonio.
LI.
E’ instituita nella città di Fiume
una Università libera, collocata in un vasto edificio capace di contenere ogni
maggiore aumento di studii e di studiosi, retta dai suoi proprii statuti come
la Corporazione.
Sono nella città di Fiume instituite
una Scuola di Arti belle, una Scuola di Arti decorative, una Scuola di Musica,
poste sopra l'abolizione di ogni vizio e pregiudizio magistrali, condotte dal
più sincero e ardito spirito di ricerca della novità, rette da un acume atto a
purificarle dall'ingombro dei mal dotati e a scevarare i buoni dai migliori e a
secondare i migliori nella scoperta di sè e dei nuovi rapporti fra la materia
difficile e il sentimento umano.
LII.
Provvede a ordinare le Scuole medie
il Consiglio degli Ottimi; provvede a ordinare le Scuole tecniche e professionali
il Consiglio dei Provvisori; provvede a ordinare gli Alti Studii il Consiglio
Nazionale.
In tutte le scuole di tutti i Comuni
l'insegnamento della lingua italiana ha privilegio insigne.
Nelle Scuole medie è obbligatorio
l'insegnamento dei diversi idiomi parlati in tutta la Reggenza italiana del Carnaro.
L'insegnamento primario è dato nella
lingua parlata dalla maggioranza degli abitanti di ciascun Comune e nella
lingua parlata dalla minoranza, in corsi paralleli.
Se alcun Comune tenti di sottrarsi
all'obbligo d'istituire tali corsi, la Reggenza esercita il suo diritto di provvedervi,
aggravando della spesa il Comune.
LIII.
Un Consiglio scolastico determina
l'ordine e il modo dell'insegnamento primario, che è d'obbligo nelle scuole di
tutti i Comuni.
L'insegnamento del canto corale
fondato su i motivi della più ingenua poesia paesana e l'insegnamento dell'ornato
su gli esempii della più fresca arte rustica hanno il primo luogo.
Compongono il Consiglio
un rappresentante di ciascun Comune
due rappresentanti delle Scuole medie
due delle Scuole tecniche e
professionali
due degli Istituti superiori, eletti
dagli insegnanti e dagli studenti
due della Scuola di Musica
due della Scuola di Arti decorative.
LIV.
Alle chiare pareti delle scuole
aerate non convengono emblemi di religione nè figure di parte politica.
Le scuole pubbliche accolgono i
seguaci di tutte le confessioni religiose, i credenti di tutte le fedi, e
quelli che possono vivere senza altare e senza Dio.
Perfettamente rispettata è la libertà
di coscienza. E ciascuno può fare la sua preghiera tacita.
Ma ricorrono su le pareti quelle
iscrizioni sobrie che eccitano l'anima e, come i temi d'una sinfonia eroica, ripetute
non perdono mai il loro potere di rapimento.
Ma ricorrono sulle pareti le imagini
grandiose di quei capolavori che con la massima potenza lirica interpretano la
perpetua aspirazione e la perpetua implorazione degli uomini.
DELLA RIFORMA STATUTARIA.
LV.
Ogni sette anni il grande Consiglio
nazionale si aduna in assemblea straordinaria per la riforma della Costituzione.
Ma la Costituzione può essere riformata
in ogni tempo
quando sia chiesto dal terzo dei
cittadini in diritto di vόto.
Hanno facoltà di proporre emendamenti
al testo della Costituzione
i membri del Consiglio nazionale
le rappresentanze dei Comuni
la Corte della Ragione
le Corporazioni.
DEL DIRITTO D'INIZIATIVA.
LVI.
Tutti i cittadini appartenenti ai
corpi elettorali hanno il diritto d'iniziare proposte di leggi che riguardino le
materie riservate all'opera dell'uno o dell'altro Consiglio, rispettivamente.
Ma l'iniziativa non è valida se
almeno il quarto degli elettori, per l'uno o per l'altro Consiglio, non la promuova
e non la sostenga.
DELLA RIPROVA POPOLARE.
LVII.
Tutte le leggi sancite dai due corpi
del Potere legislativo possono essere sottoposte alla riprova del consenso o
del dissenso pubblico quando la riprova sia domandata da un numero di elettori
eguale per lo meno al quarto dei cittadini in diritto di voto.
DEL DIRITTO DI PETIZIONE.
LVIII.
Tutti i cittadini hanno diritto di
petizione verso i corpi legislativi che da essi furono per buon diritto eletti.
DELLA INCOMPATIBILITÀ.
LIX.
Nessun cittadino può esercitare più
di un potere né partecipare di due corpi legislativi nel tempo medesimo.
DELLA RIVOCAZIONE.
LX.
Ogni cittadino può essere rivocato
dall'officio che occupa
quando egli perda i diritti politici per sentenza
confermata dalla Corte della Ragione,
quando la rivocazione sia imposta per
vόto schietto dalla metà più uno degli inscritti al corpo elettorale.
DELLA RESPONSABILITÀ.
LXI.
Tutti i partecipi dei poteri e tutti
i pubblici ufficiali della Reggenza sono penalmente e civilmente responsabili
del danno che allo Stato al Comune alla Corporazione al semplice cittadino
rechino le loro trasgressioni, per abuso, per incuria, per codardia, per
inettezza.
DELLA RETRIBUZIONE.
LXII.
A tutti gli ufficiali pubblici,
nominati negli statuti e collocati nel nuovo ordinamento, è fatta una retribuzione
giusta, che una legge votata dal Consiglio nazionale determina di anno in anno.
DELLA EDILITÀ.
LXIII.
E’ instituito nella Reggenza un
collegio di Edili, eletto con discernimento fra gli uomini di gusto puro, di
squisita perizia, di educazione novissima.
Più che l'edilità romana il collegio
rinnovella quegli «ufficiali dell'ornato della città» che nel nostro Quattrocento
componevano una via o una piazza con quel medesimo senso musicale che li
guidava nell'apparato di una pompa repubblicana o in una rappresentazione
carnascialesca.
Esso presiede al decoro dal vivere
cittadino;
cura la sicurezza la decenza la
sanità degli edifizii pubblici e della case particolari;
impedisce il deturpamento delle vie con
fabbriche sconce o mal collocate;
allestisce la feste civiche di terra
e di mare con sobria eleganza, ricordandosi di quei padri nostri a cui per fare
miracoli di gioia bastava la dolce luce, qualche leggera ghirlanda, l'arte del
movimento e dell'aggruppamento umano;
persuade ai lavoratori che l'ornare
con qualche segno di arte popolesca la più umile abitazione è un atto pio, e che
v'è un sentimento religioso del mistero umano e della natura profonda nel più
semplice segno che di generazione in generazione si trasmette inciso o dipinto
nella madia, nella culla, nel telaio, nella conocchia, nel forziere, nel giogo;
si studia di ridare al popolo l'amore
della linea bella e del bel colore nelle cose che servono alla vita d'ogni
giorno, mostrandogli quel che la nostra gente vecchia sapesse fare con un
leggero motivo geometrico con una stella con un fiore con un cuore con un serpe
con una colomba un boccale, sopra un orcio, sopra una mezzina, sopra una panca,
sopra un cofano, sopra un vassoio;
si studia di dimostrare al popolo
perché e come lo spirito delle antiche libertà comunali si manifestasse non
soltanto nelle linee nei rilievi nelle commettiture delle pietre ma perfino nell'impronta
dell'uomo posta su l'utensile fatto vivente e potente;
infine, convinto che un popolo non
può avere se non l'architettura che meritano la robustezza delle sue ossa e la
nobiltà della sua fronte, si studia di incitare e di avviare intraprenditori e
costruttori a comprendere come le nuove materie - il ferro il vetro i cementi -
non domandino se non di essere inalzate alla vita armoniosa nelle invenzioni
della nuova architettura.
DELLA MUSICA.
LXIV.
Nella Reggenza italiana dal Carnaro
la Musica è una istituzione religiosa e sociale.
Ogni mille anni, ogni duemila anni
sorge dalla profondità del popolo un inno e si perpetua.
Un grande popolo non è soltanto
quello che crea il suo dio a sua simiglianza ma quello che anche crea il suo inno
per il suo dio.
Se ogni rinascita d'una gente nobile
è uno sforzo lirico, se ogni sentimento unanime e creatore è una potenza lirica,
se ogni ordine nuovo è un ordine lirico nel senso vigoroso e impetuoso della
parola, la Musica considerata come linguaggio rituale è l'esaltatrice dell'atto
di vita, dell'opera di vita.
Non sembra che la grande Musica
annunzi ogni volta alla moltitudine intenta e ansiosa il regno dello spirito?
Il regno dello spirito umano non è
cominciato ancora.
«Quando la materia operante su la
materia potrà tener vece delle braccia dell'uomo, allora lo spirito comincerà a
intravedere l'aurora della sua libertà» disse un uomo adriatico, un uomo
dalmatico: il cieco veggente di Sebenico.
Come il grido del gallo eccita
l'alba, la musica eccita l'aurora, quell’aurora: excitat auroram.
Intanto negli strumenti del lavoro e
del lucro e del gioco, nelle macchine fragorose che anch'esse obbediscono al
ritmo esatto come la poesia, la Musica trova i suoi movimenti e le sue
pienezze.
Delle sue pause è formato il silenzio
della decima Corporazione.
LXV.
Sono istituti in tutti i Comuni della
Reggenza corpi corali e corpi istrumentali con sovvenzione dello Stato.
Nella città di Fiume al collegio
degli Edili è commessa l'edificazione di una Rotonda capace di almeno diecimila
uditori, fornita di gradinate comode per il popolo e d'una vasta fossa per
l'orchestra e per il coro.
Le grandi celebrazioni corali e
orchestrali sono «totalmente gratuite» come dai padri della Chiesa è detto delle
grazie di Dio.
STATVTVM
ET ORDINATVM EST.
IVRO
EGO.
[FINE]