Michael Burda
Redesigning
the ECB with regional rather than national central banks
VoxEU.org,15 July
2013.
Pubblicazione
disponibile qui.
Verso il IV Reich. Riprogettare la BCE con banche centrali regionali
anziché nazionali
[
Traduzione di Giorgio D.M. ]
Le banche centrali nazionali della zona euro che adottano un punto di
vista nazionale rischiano di politicizzare la politica monetaria della Banca
Centrale Europea (BCE). Questo articolo sostiene che questo sia un rischio
significativo che deve essere evitato con una revisione radicale del sistema
delle banche centrali della zona euro. Un elemento centrale di questa revisione
deve essere la soppressione della nazionalità delle banche centrali nazionali
della zona euro. Come negli Stati Uniti le banche regionali del sistema della
Federal Reserve comprendono più di uno stato, così l’area di responsabilità
delle banche centrali “nazionali” della zona euro deve essere ridisegnata lungo
linee geografiche anziché lungo linee nazionali. Si fornisce un esempio di una
proposta di questo tipo.
L’unione monetaria è sempre stata un
grande azzardo.
Essa ha stabilito la Banca Centrale Europea al centro di un
immensa regione che di per sé non era uno Stato - facendone una istituzione
trans-europea con doveri di governo che non rappresenta alcun governo in
particolare.
I padri fondatori dell’euro non
previdero tutte le conseguenze che sarebbero nate da questa peculiarità.
Infatti, ogni espansione della zona
euro ha condotto a un automatico allargamento del consiglio della BCE, senza
considerare l’incremento della complessità del suo governo e della definizione
della politica monetaria, incluse le condizioni alle quali finanziare i governi
o rifinanziare le banche commerciali private.
Per superare questi problemi di
governo radicati è necessaria una profonda revisione del sistema delle banche
centrali della zona euro.
Un elemento centrale di questa
riforma deve essere una ridefinizione dei confini delle banche centrali che
costituiscono la Banca Centrale Europea.
In una unione monetaria, gli
interessi nazionali possono divergere nel tempo come capita agli interessi
regionali.
Gli economisti hanno avvertito sin
dall’inizio del progetto dell’euro che una politica monetaria unica è una fonte
di rischio, specialmente quando l’aggiustamento è necessario e la svalutazione
del tasso di cambio non è più possibile.
L’aggiustamento in una unione
monetaria è doloroso - come gli sviluppi nella periferia europea hanno reso molto
chiaro - così la cosa migliore è innanzitutto prevenire il verificarsi di
questi disallineamenti.
Nonostante questi avvertimenti, i
politici europei hanno insistito per un sistema viziato da difetti
fondamentali.
Una politica monetaria comune deve essere
formulata al di sopra e al di là delle preoccupazioni delle singole nazioni. Tuttavia,
poiché le banche centrali nazionali della zona euro hanno la una grande possibilità
di influire sulla politica monetaria della Banca Centrale Europea - di fatto, esse
possiedono la BCE - esse costituiscono la fonte di un rischio significativo.
Un esempio di questo è la loro ben
nota riluttanza a imporre un “taglio” al valore delle garanzie che le banche
private della nazione che rappresentano utilizzano per finanziare le loro
attività di credito.
Questo è uno dei pochi freni naturali
all’indebitamento dei governi, specialmente quando l’indebitamento è la
conseguenza di una politica fiscale incosciente.
In questo senso, la BCE avrebbe
dovuto applicare questo freno molto prima, non appena divenne chiaro a metà
degli anni duemila che le nazioni del Sud Europa stavano perdendo competitività
e che i governi non stavano agendo per ridurre la spesa nazionale.
Sulla base di un qualsiasi normale
conto, le banche greche, per fare un esempio, avrebbero dovuto subire questo
vincolo nel 2003-2004, dato che il governo e il settore privato greci erano già
sovraesposti.
Una restrizione dei flussi di credito
verso le banche greche e gli altri intermediari finanziari in quel momento
avrebbe ridotto la crescita della domanda aggregata e il deterioramento della
competitività che stava già emergendo.
La politica del tasso di interesse
unico vantata dall’allora presidente della BCE Trichet mandò esattamente il
segnale sbagliato ai mercati.
Quando i mercati si accorsero di cosa
stava succedendo, i governi che erano stati fino ad allora in grado di
indebitarsi alle stesse condizioni della Germania avevano visto un drastico
deterioramento della loro competitività.
Ma allora era troppo tardi.
Dopo l’aggiustamento, la Banca
Centrale Europea era così preoccupata di puntellare la salute finanziaria del
sistema nel suo insieme che non fu capace di applicare seri tagli a nessun
singolo paese, sebbene i rating dei governi, i rendimenti dei titoli di Stato e
la disponibilità di credito a quel punto erano diventati significativamente
divergenti.
In breve, la ri-politicizzazione
della politica monetaria attraverso le banche centrali nazionali pone un
rischio significativo per una ulteriore integrazione economica oltre che per
una politica monetaria e creditizia neutrale (che non guardi agli effetti sulle
singole nazioni) nella zona euro
Come mettere a punto il sistema
Il rimedio logico è una
riprogettazione della Banca Centrale Europea compiuta adottando un modello
simile a quello del sistema della Federal Reserve degli Stati Uniti (Figura 1).
Le banche regionali della Federal
Reserve rappresentano ampie porzioni di territorio che si estendono al di là
dei confini dei singoli stati e talvolta addirittura li attraversano.
I problemi con la Bilancia dei
pagamenti e i disallineamenti di competitività tra i diversi distretti della Federal
Reserve si verificano, ma essi sono apolitici e immuni dalle pressioni dei
parlamenti degli stati.
Le banche regionali della Federal
Reserve hanno poco o nulla a che fare con le finanze dei singoli stati, e il
salvataggio di uno stato da parte di una banca regionale della FED non è una
opzione.
Figura 1. I dodici distretti del Federal
Reserve System
Che 49 stati degli Stati Uniti
abbiano approvato restrizioni costituzionali sul finanziamento in deficit delle
spese correnti implica che questa politica di non salvataggio è credibile.
La Figura 2 presenta un esempio di
una ripartizione dell’autorità monetaria della zona euro lungo le linee delle
già esistenti regione amministrative dell’Unione Europea (NUTS-2).
Questa riprogettazione della Banca
Centrale Europea, che intenzionalmente attraversa le frontiere nazionali dei
paesi più grandi, aiuterebbe il ristabilimento di una allocazione della moneta
e del credito neutrale e indipendente politicamente.
Il numero dei consiglieri
rappresentanti i distretti potrebbe essere basato sulla popolazione o sul PIL.
Gli organi di governo della nuova
Banca Centrale Europea potrebbero ricevere una legittimazione democratica del
Parlamento Europeo all’atto della loro nomina da parte delle autorità
nazionali.
Figura 2. Una proposta per la
ripartizione della zona euro
Anziché essere penalizzate, le
nazioni più piccole beneficerebbero della riduzione della naturale egemonia
degli Stati membri più grandi.
L’eredità delle carenze dell’attuale
status quo - i saldi Target2 nei bilanci delle banche centrali nazionali -
potrebbero essere suddivisi equamente tra i distretti della nuova BCE pro quota
sulla base della popolazione delle corrispondenti regioni amministrative o del
loro PIL, e perderebbero immediatamente la loro rilevanza politica.
L’eliminazione delle influenze
nazionali sulla politica monetaria incrementerebbe l’efficienza e la
funzionalità dell’unione monetaria.
Una struttura neutrale, basata sul
mercato, per l’allocazione del credito della banca centrale alle singole banche
è essenziale per una unione bancaria funzionante.
Regole rigorose per il taglio del
rifinanziamento delle banche presso la BCE sulla base del merito di credito
costringerebbe i paesi membri a applicare una maggiore disciplina alle finanze
nazionali, rendendo possibile un credibile ritorno al principio di non
salvataggio contenuto nel Trattato Europeo.
L’esplosione degli squilibri dei saldi
Target2 nel corso degli ultimi cinque anni sarebbe stata prevenuta fin
dall’inizio da una applicazione equanime delle restrizioni sulle garanzie e
sulla leva, allineando i tassi di interesse locali con gli squilibri dei
finanziamenti e anche contrastando sin dal loro inizio le bolle in Irlanda e
Spagna.
I salvataggi orientati in senso
nazionale come i programmi Long Term Refinancing Operations e Outright Monetary
Transactions diverrebbero una cosa del passato. Così le palesi pressioni delle
banche centrali nazionali - come abbiamo visto nel caso della Bundesbank -
contro misure di politica monetaria della BCE che si presumono indipendenti.
Osservazioni conclusive
Questo prossimo passo sarà il più
difficile lungo il percorso dell’integrazione europea e comporterà anche un
sempre maggiore impegno nel progetto della moneta unica - un vero e proprio
passaggio del Rubicone.
Tuttavia, per assicurare il futuro
sostenibile di una politica monetaria veramente indipendente e neutrale - e
nell’interesse del mandato di lungo periodo della BCE del mantenimento della
stabilità dei prezzi - esso è indispensabile.
Senza il compimento di passi
credibili verso la de-politicizzazione della politica monetaria, è improbabile
che l’euro nella sua forma attuale possa sopportare gli shock macroeconomici
nei prossimi anni.
[FINE]
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